Battaglia fino a notte ieri in commissione Bilancio sull’emendamento sblocca-assunzioni nella sanità. Quando ormai pareva vicino all’approvazione l’emendamento messo a punto faticosamente dal Governo per tamponare l’emergenza orari di lavoro e turni di riposo di medici e infermieri su modello Ue, è arrivata la battuta d’arresto per una richiesta di ordine procedurale del Movimento 5 Stelle. Salvo poi arrivare all’affondo finale e incassare l’ok della maggioranza.
Ma anche con il via libera alla nuova norma in tasca, i mal di pancia dei camici bianchi, ma anche delle regioni non si quietano. I primi hanno confermato infatti lo sciopero di 24 ore programmato proprio per oggi, quando in 250mila tra ospedalieri e convenzionati incroceranno le braccia – si parla di due milioni di visite e di 40mila interventi chirurgici in stand-by, garantendo le prestazioni urgenti – in difesa di un servizio sanitario pubblico sempre più in difficoltà per i tagli degli ultimi anni che hanno fatto lievitare tra l’altro anche il fenomeno del precariato.
«Confermiamo lo sciopero – ha detto Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao, il principale sindacato degli ospedalieri – anche perché con questo emendamento, che non risolve l’emergenza, il Governo tenta l’ennesimo gioco di prestigio».
Mentre le regioni, dal canto loro, tengono il fiato sospeso rispetto alle coperture sulle nuove assunzioni: accantonata l’ipotesi di attingere ai possibili ma non quantificabili risparmi attesi dalle nuove norme sul rischio clinico – in parte stralciate dal testo che rivede la responsabilità professionale degli operatori sanitari – ora è chiaro che le risorse i governatori dovranno trovarle da sé. Che arriverebbero, come ha tenuto a precisare la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, tra le pieghe «di altri provvedimenti già inseriti nella legge di Stabilità: tra centralizzazione degli acquisti, appropriatezza e piani di rientro degli ospedali in deficit». L’emendamento incamera dunque, del testo sulla responsabilità professionale licenziato dalla commissione Affari sociali, soltanto la parte che istituisce la funzione di risk management in tutte le strutture pubbliche e private e prevede percorsi di audit e formazione dei medici in tema di rischio clinico. Obiettivo: provare a ridurre il contenzioso che sarebbe alla base della cosiddetta medicina difensiva, che si stima costi fino a 13 miliardi.
Ma la vera polpa dell’emendamento, e anche la più controversa, attiene proprio allo sblocco delle assunzioni di personale. Che in ogni caso restano un punto d’arrivo, ma solo al termine di una vera e propria corsa a ostacoli da parte delle regioni, che dovranno rispettare una tempistica piuttosto rigida. Le strutture, dopo aver applicato il provvedimento sugli standard ospedalieri con la riduzione di posti letto che esso comporta – e una volta messi a punto piani precisi sul fabbisogno del personale in linea con la direttiva comunitaria sul rispetto degli orari di lavoro (un tetto massimo di 48 ore di lavoro settimanale con 11 ore di riposo ogni 24 ore) – potranno incassare entro il 31 marzo 2016 il nulla osta a nuove assunzioni dal tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza.
Il visto darà il via libera a nuovi concorsi straordinari, da indire nel periodo 2016-2017, per l’assunzione di medici e infermieri. Nessuna certezza sui numeri, quindi. E soprattutto nessuna dotazione finanziaria aggiuntiva.
Nel frattempo le regioni tra il 1° gennaio e il 31 luglio 2016, e con possibilità di proroga fino al 31 ottobre dello stesso anno, potranno ricorrere a forme di lavoro flessibile «nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia sanitaria, comprese quelle relative al contenimento del costo del personale e in materia di piani di rientro».
Quindi, senza costi aggiuntivi ma ricorrendo ai risparmi ottenuti attingendo, per l’ennesima volta e come prescritto anche da questa legge di Stabilità, ai risparmi che – ha precisato ancora la ministra Lorenzin – «sapranno generare. L’importante – ha avvertito – è che inizino a fare le riforme».
Barbara Gobbi – Il Sole 24 Ore – 16 dicembre 2015