Non è servita la lettera con cui i direttori generali delle Usl minacciano possibili deferimenti al collegio arbitrale, richieste di risarcimento o addirittura la risoluzione della convenzione per inadempienza contrattuale. Nulla hanno potuto neppure le preoccupazioni del Tribunale del Malato («ci rimettono i pazienti, l’anello più debole della catena») nè la parola dell’assessore alla Sanità, Luca Coletto, pronto a garantire che «sulle strategie di potenziamento del territorio parliamo la stessa lingua e continueremo a investire il possibile sulle Medicine di gruppo (gli ambulatori h24, ndr ) e sugli ospedali di comunità, nonostante i 160 milioni di euro tagliati al Veneto dal governo». I medici di famiglia vanno dritti per la loro strada, che da oggi al 18 maggio 2018 è costellata da 29 giorni di sciopero. I primi sette — 19, 20, 26 e 27 settembre e 10, 11 e 12 ottobre — prevedono la cessazione dell’invio delle ricette telematiche. Negli altri 22 giorni — 8 e 9 novembre; 13 e 14 dicembre; 16, 17 e 18 gennaio 2018; 13, 14 e 15 febbraio; 13, 14, 15 e 16 marzo; 10, 11, 12 e 13 aprile; 15, 16, 17 e 18 maggio — scatterà la chiusura degli ambulatori.
E’ la mobilitazione più lunga della storia per la categoria e la seconda nel giro di tre anni per i 3161 dottori di base del Veneto. Per serrare le fila, dopo la maxi assemblea nazionale di sabato a Padova, ieri il segretario regionale della Fimmg, Domenico Crisarà, ha mandato una lettera a tutti i colleghi. «La risposta della politica è stata confusa e tutt’altro che chiara — scrive —. Coletto invoca tagli romani. Ma hanno deciso a Roma di subordinare la guardia medica alle Centrali operative territoriali, di trasformare gli ospedali di comunità in strutture sanitarie affidate a privati, di concedere ai direttori delle case di riposo di prendersi il medico dipendente interno e buttare fuori noi?. Hanno deciso a Roma di bloccare il fascicolo sanitario elettronico e l’attivazione delle Medicine di gruppo integrate (sono operative 55 sulle 86 previste, ndr )?». Sono i motivi della protesta. «Assessore non parliamo la stessa lingua — l’appello di Crisarà — noi siamo per il dialogo e l’interesse della popolazione, voi per i conti. Ma restiamo comunque pronti al confronto».
L’origine del malcontento parte da lontano. «Il grande problema che la nostra Sanità deve affrontare è la cronicità — spiega Roberto Mora, presidente regionale dell’Ordine dei Medici e dottore di famiglia —. Dal 1990 il numero degli over 65 supera quello dei giovani e noi oggi curiamo a domicilio 40mila malati cronici. Un aiuto sarebbe dovuto arrivare dalla conversione di 1219 posti letto ospedalieri in nuovi letti negli ospedali di comunità e nelle Residenze sanitarie assistite, prevista dal Piano sociosanitario ma mai attuata. Aggiungici la carenza di personale e di strutture a nostra disposizione ed ecco spiegato un malessere figlio dell’aumento senza rete del carico di lavoro, per noi e per le famiglie. Eppure — chiude Mora — ciò che preoccupa la Regione non è l’interruzione dell’assistenza ma lo stop dell’invio della ricetta telematica. Siamo basiti». Il Pd ha chiesto la convocazione urgente di un consiglio regionale a tema, appoggiato dal M5S, mentre Giuseppe Cicciù, presidente del Tribunale del Malato, avverte: «I cittadini non possono essere la vittima sacrificale di un conflitto tra le parti, per quanto legittimo. Non ci stiamo, denunceremo le eventuali difficoltà e carenze riscontrate».
Replica Crisarà: «Abbiamo voluto iniziare lo sciopero con un’azione che danneggia i conti delle Usl, non i malati. I pazienti continueranno a ricevere le loro prescrizioni ma sulle ricette rosse. Prima di arrivare alla chiusura degli ambulatori mancano quasi due mesi e noi, ripeto, siamo aperti al dialogo con la Regione».
Michela Nicolussi Moro Il Corriere del Veneto – 19 settembre 2017