Continua a diminuire la produzione di latte in Italia e rispetto a 12 mesi fa ci siamo persi per strada più di 114mila tonnellate di latte. A settembre la produzione si è fermata a 5,29 milioni di tonnellate contro i 5,41 milioni di un anno fa.
I dati sono quelli del Sian, il sistema informativo agricolo nazionale che fa capo ad Agea e che in questi giorni ha reso noti i dati produttivi della campagna lattiera in corso, quella che va da aprile 2013 a marzo 2014. I numeri si riferiscono alle produzioni “rettificate”, tenendo cioè conto delle quantità di grasso, come vogliono alcuni complicati algoritmi decisi da Bruxelles per la gestione delle quote latte. Già, le quote latte. Salvo un imprevedibile e improbabile esplosione produttiva da qui al marzo del prossimo anno, ancora una volta la produzione italiana dovrebbe rimanere al di sotto degli 11,28 milioni di tonnellate, limite oltre il quale scatterebbero nuove multe.
Poi con l’aprile del 2015 non ci dovremo più preoccupare di limiti produttivi, visto che il regime delle quote latte cesserà di esistere. Era nato trenta anni fa per contingentare la produzione di latte, ma ora non serve più. Ci pensa il mercato e il prezzo degli accordi siglati in Lombardia fra industrie e allevatori, appena 43 centesimi al litro, a spegnere ogni velleità di spingere le vacche a fare più latte. Perché per ogni litro che esce dalla stalla se ne vanno in fumo circa dieci centesimi dalle tasche degli allevatori. Tanta è la differenza fra costi di produzione e prezzo di vendita. A nulla, evidentemente, sono serviti gli appelli dei mesi scorsi per una riapertura del tavolo delle trattative per ricontrattare il prezzo. Che è rimasto fermo. Non si è arresta così l’emorragia di aziende da latte che sotto il peso delle difficoltà ha preferito chiudere la stalla. Questa la lettura che può spiegare il calo della produzione di latte. Che colpisce di più le regioni del Centro Sud, meno strutturate e meno “attrezzate” ad affrontare un mercato avaro, mentre nell’area della pianura Padana, cuore della zootecnia da latte, il leggero aumento della produzione ha il sapore della sfida, una “resistenza” a oltranza, nella speranza che prima o poi il vento cambi direzione.
Cambierà?
Che possa esserci una svolta nel mercato del latte lo dicono molti indicatori. Il continuo aumento del prezzo del latte spot (quello commercializzato fuori dai contratti), che ha superato in questi giorni la soglia dei 54 centesimi al litro sulla piazza di Lodi, trova spiegazione nelletensioni che agitano il mercato del latte a livello mondiale. A muovere verso l’alto il mercato sono le importazioni cinesi di latte in polvere, in continuo aumento. Per contro la produzione statunitense segna il passo, e poco conta che le previsioni per il 2014 siano improntate ad un aumento significativo, anche del 3%. Anche per la Ue gli indicatori dicono che la produzione rimarrà stabile o semmai in leggera diminuzione. Una flessione significativa, come evidenziano i dati riportati da Clal, si registra per la produzione australiana. Dunque aumento della domanda e offerta in flessione o semmai stabile. Gli ingredienti per spingere in alto i prezzi ci sono. Ma a quanto pare non sono sufficienti per mettere in discussione gli accordi sul prezzo del latte in Italia. E non basta consolarsi con la prospettiva che non ci saranno da pagare nuove multe
Agronotizie – 4 dicembre 2013