di Donata Marrazzo. Politici e istituzioni veggie friendly, dal Pd a Forza Italia, passando per i 5Stelle. La neosindaca di Torino Chiara Appendino, la senatrice Monica Cirinnà e l’ex ministra Michela Vittoria Brambilla, si allineano alle scelte etiche e salutiste di milioni di italiani.
E’ veg l’8% degli italiani
Anche se non siamo i più green d’Europa come la Gran Bretagna o la Germania, che detiene il primato di vegani (l’8,6% della popolazione) e quello del maggior numero di locali ad hoc del Vecchio Continente, secondo l’Eurispes l’8% degli italiani, in maggioranza donne (sotto i 24 anni e sopra i 65), nel 2016 ha cambiato regime alimentare: il 7,1% ha eliminato dalla dieta la carne e il pesce, lo 0,9% ha fatto una scelta più radicale, totalmente vegetale.
Torino: Appendino, spero giovani non lascino più la città
Così Chiara Appendino, in terra di Fassona piemontese, di bollito misto e brasato al Barolo, ma anche di Veg Festival (dal 2001), fra i punti del suo programma di governo, approvato nella prima seduta del consiglio comunale, elenca la promozione della dieta vegetariana e vegana come “atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali”. E frena sugli ipermercati per incentivare il km0. Anche questo un passo per trasformare Torino in una Vegan City con orti urbani e giardini edibili.
Cirinnà, menù vegetariani per scuole, ospedali, aziende, carceri
Monica Cirinnà, appassionata sostenitrici delle unioni civili, nella sua ultima proposta di legge sostiene l’alimentazione vegetariana e vegana: “Rappresenta un importante passo per bandire dalla nostra vita la violenza verso miliardi di animali e verso l’ecosistema”. Per questo, garantire alternative alimentari e consentire a chi le sceglie di non avere difficoltà nelle mense aziendali e militari, nei ristoranti, nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali è un atto di civiltà. Il disegno Cirinnà prevede anche di inserire l’educazione alimentare nei programmi scolastici e, negli istituti alberghieri, l’insegnamento di elementi di nutrizione, gastronomia e ristorazione veg. Inoltre, una quota, non inferiore al 10% dei fondi dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti, dovrà essere destinata a progetti nell’ambito della nutrizione vegetariana e vegana”. In caso di violazione delle disposizioni contenute nella legge, previste sanzioni amministrative da 3.000 a 18.000 euro, compreso il provvedimento di sospensione della licenza di esercizio per trenta giorni lavorativi.
Brambilla: lo Stato a tutela di scelte alimentari alternative
La proposta di legge della Senatrice Pd rinnova i contenuti del disegno di legge presentato alla Camera il 16 marzo 2013 (assegnato alla XII commissione Affari sociali) da Michela Vittoria Brambilla e si allinea dunque alle “Norme per garantire l’opzione per la dieta vegetariana e la dieta vegana nelle mense e nei luoghi di ristoro pubblici e privati” presentate dall’ex ministra. Quattro gli articoli a tutela di quell’esercito di persone “che porta avanti una manifesta esigenza di cambiamento culturale che, tra gli altri aspetti, si riflette sull’alimentazione” con motivazioni di ordine etico, salutiste e ragioni socio-ambientali. Il primo articolo della proposta di legge recita: “Lo Stato garantisce e promuove la differenziazione delle diete alimentari in rapporto alla scelta etica e scientifica della alimentazione vegetariana e di quella vegana”. Obbligatori menù vegani e vegetariani con caratteristiche nutrizionali complete in tutte le mense pubbliche, private e convenzionate, e pure nei ristoranti.
Parigi inaugura Veggietown
Tra le ragioni del sì e quelle del no, tra i pro e i contro e qualche carnivoro di ritorno, il dibattito è senza fine. Si spazia dalla fame nel mondo (“Le terre coltivabili e le foreste basterebbero a fornire cibo e vegetali a 25 miliardi di persone”, sostiene la Brambilla) alle questioni ambientali e salutiste: le diete vegane e vegetariane prevengono il cancro e le malattie cardiovascolari. Lo smog provocato dagli allevamenti contribuisce all’inquinamento atmosferico e delle falde acquifere. Intanto a Parigi, patria della Nouvelle Cuisine, tra il IX e il X arrondissement apre il Veggietown: bar, bistrot e fast food cruelty-free. (Il Sole 24 Ore)
Torino. “E ora il Comune istituisca il sabato della carne”. Le proteste dei macellai
Cristina Insalaco. La promozione della dieta vegana e vegetariana nel programma di governo della sindaca Appendino ha fatto infuriare i macellai. «La notizia è stata uno choc – dice Lorenzo Lavarino, presidente dell’associazione macellai di Torino -: mi auguro che il Comune faccia un passo indietro, perché questa linea di pensiero potrebbe causare effetti collaterali negativi non solo all’intera categoria, ma anche agli allevatori e ai ristoratori, a tutti quelli che vendono carne o latticini. Grande distribuzione compresa». Aggiunge: «Ci sentiamo discriminati. Non vogliamo alzare le barricate contro i vegetariani, ma è un argomento così complesso e articolato che va lasciato nelle mani dei nutrizionisti».
Promozione non significa imposizione. La paura dei macellai è che il programma di sensibilizzazione possa causare un calo delle vendite. Per questo ieri mattina Lorenzo Lavarino ha chiamato l’assessore al commercio Alberto Sacco, che sul tema mette le mani avanti: «Non vogliamo penalizzare nessuno – dice Sacco -. Anzi: vogliamo rassicurare tutte le categorie che non ci saranno conseguenze per nessuno. Siamo dalla parte delle soluzioni».
Utilizzo consapevole
L’idea del Comune di studiare una «domenica veg» ha fatto scattare la provocazione dell’Associazione macellai e Assomacellai di Confesercenti: «Chiediamo all’amministrazione di istituire un “sabato della carne” – dice Luigi Frasca, presidente di assomacellai – per promuovere un utilizzo consapevole. Una giornata dedicata al pollo e cotolette prima della “purificazione veg” della domenica». Secondo lui il rischio è che le linee guida del programma si trasformino in uno schiaffo al settore, già in difficoltà non solo per la crisi economica e i cambiamenti nelle abitudini (si vendono sempre più cibi già pronti), ma anche per gli allarmismi dell’Oms. Oggi le macellerie a Torino sono 455, e nei primi due mesi del 2016 ci sono state 4 chiusure e nessuna apertura. Nel 2014 erano 13 in più: 468.
Il turismo gastronomico
La protesta verso la «Torino vegana», comunque, riguarda pure i ristoratori. «Non va dimenticata l’importanza del nostro turismo enogastronomico – dice Fulvio Griffa, titolare del ristorante “Sibiriaki” e presidente dell’associazione pubblici esercizi -: basti pensare ai bolliti e al fritto misto piemontese. Quello che più mi inquieta è vedere come un argomento di nicchia come questo sia entrato nel programma di governo. Le priorità sono altre, le nostre scelte alimentari non riguardano la politica».
L’ultimo tema di protesta è l’informazione: «Chiediamo un’informazione equa – aggiunge Frasca – se ci saranno delle campagne di sensibilizzazione sulla dieta a base di frutta e verdura, allora parliamo anche dell’alimentazione vegana che per un bambino può essere dannosa». Il dibattito continua, e a breve l’associazione macellai incontrerà l’assessore Sacco, che smorza gli animi: «Quanto prima andrò da loro a mangiare un sushi di carne». (La Stampa)
21 luglio 2016