Ci sono Usl, come quella dell’Alto Vicentino o di Pieve di Soligo, che quasi non fanno più notizia: anche nel 2012, come nei 7 anni precedenti, hanno infatti chiuso il bilancio in attivo, confermando che se anche i manager cambiano, il meccanismo è ben oliato e la gestione virtuosa resta. Viceversa, si confermano in rosso, e non di poco, le due aziende ospedaliere di Padova e Verona, l’Usl di Venezia (ormai un caso di scuola, maglia nera con un meno 55 milioni), quella di Rovigo e quella di Verona. Certo dietro i freddi numeri ci sono ragioni complesse che andrebbero approfondite, per quanto note. La «classifica» sullo stato di salute dei conti delle nostre Usl è stata presentata ieri in giunta dal segretario generale della Sanità Domenico Mantoan.
Come la specificità delle isole veneziane, alla dispersione abitativa del Polesine, l’operazione di fusione tra l’azienda ospedaliera e l’università avvenuta all’ombra dell’Arena (la vecchia azienda è in liquidazione e le sue perdite dal 2010 non vengono più conteggiate nel bilancio consolidato della sanità veneta) ma comunque la «classifica» presentata ieri in giunta dal segretario generale della Sanità Domenico Mantoan rimane una bussola imprescindibile per orientarsi sullo stato di salute dei conti delle nostre Usl.
A conti fatti, ricordando che la sanità non deve fare utili ma mirare al pareggio con i servizi migliori, le Usl che nel 2012 hanno registrato un risultato positivo sono 12 su 24, la metà esatta. Il problema è che per queste l’avanzo veleggia da un minimo di 32 mila euro ad un massimo di 8 milioni mentre per quelle in rosso i disavanzi arrivano a cifre multimilionarie, così che, tirata una riga, il totale finale recita meno 210 milioni. Niente drammi però. Grazie al budget «accentrato», quello cioè che la Regione aveva stornato dal trasferimento di 8,5 miliardi arrivato da Roma e trattenuto a Palazzo Balbi, non solo il buco è stato ripianato ma è stato possibile segnare perfino un attivo di 42,9 milioni. Insomma, se i singoli bilanci mostrano qualche crepa, il consolidato di sistema regge l’urto dei tagli, grazie alla severa applicazione dei costi standard (basti pensare che nel 2005 il disavanzo raggiungeva la cifra monstre di 704 milioni).
Qualche altro numero aiuta a capire la complessa macchina del nostro sistema sanitario. Alla voce «entrate» si segnalano i 493 milioni garantiti dalle prestazioni sanitarie a pagamento e i 195 milioni dell’incasso da ticket (tenendo conto che in Veneto il 50% circa dei cittadini è esente, vuoi per reddito, vuoi per età, vuoi per patologie). Alla voce «uscite», invece, si sottolineano il costo del personale (2,7 miliardi), quello dei medici di base (549 milioni), quello dei farmaci (640 milioni) e quello dei privati (397 milioni per la specialistica ambulatoriale e 657 milioni per l’assistenza ospedaliera).
Per la prima volta, in virtù del decreto 118 del 2011, la Regione ha poi dovuto «prendere atto» dei bilanci previsionali 2013, licenziati dai direttori generali a gennaio. In questo caso il disavanzo complessivo (pre-ripiano) raddoppia da 210 a 420 milioni ma anche qui c’è una spiegazione contabile che rende il quadro meno preoccupante di quel che sembra. Nell’attribuzione dei budget annuali alle Usl, infatti, è stato stimato in via prudenziale un taglio di 180 milioni del trasferimento dello Stato, sforbiciata minacciata da Monti ma poi ritrattata da Letta. Se il nuovo governo terrà fede alle promesse, quest’anno dovrebbe confermarsi lo scenario del 2012 (rosso di circa 200 milioni e successivo attivo). Viceversa, per far tornare i conti la Regione sarebbe costretta a fare leva sui ticket. Il verdetto si conoscerà a settembre, quando la legge di Stabilità chiarirà il riparto del fondo sanitario tra le Regioni. Intanto domani il governatore Luca Zaia sarà a Roma per l’ultima, decisiva firma in calce all’accordo con lo Stato per il maxi prestito alle Usl da 1,4 miliardi.
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 7 agosto 2013