Italiani sicuri nel consumo di pasta. Il nivalenolo non è genotossico. Alzata dose giornaliera tollerabile da 0,7 a 1,2 microgrammi (µg), senza rischi apprezzabili per i consumatori.
Il nivalenolo è una micotossina prodotta da funghi della famiglia Fusarium, e incluso nei tricoteceni (tra i quali rientrano anche il deossinivalenolo – DON- ) prodotta in condizioni favorevoli di alta umidità e basse temperature. Nel 2000l’organismo scientifico precedente a EFSA, il Comitato Scientifico per l’Alimentazione (SCF) aveva fissato una dose giornaliera tollerabile temporanea (t-TDI, temporary Tolerable Daily Intake) di 0-0,7 µg/kg di peso corporeo al giorno. Questo in ragione della tossicità generale e di altri aspetti specifici (tossicità ematica ed immunotossicità). In Giappone, la valutazione della micotossina da parte della Food Safety Commission aveva portato ad un valore più cautelativo e pari a 0,4 µg/kg di peso corporeo al giorno.
Dopo una richiesta della Commissione Europea circa il rischio costituito dal Nivalenolo per alimenti e mangimi, EFSA ha valutato la presenza in un campione di 13.164 matrici. Il periodo coperto (2001-2011) e i paesi (18) garantiscono una valutazione completa. EFSA ha dovuto rivalutare il parere del 2000 valido in Europa, e che stabiliva un valore massimo di esposizione alimentare pari a 0,7 µg/kg di peso corporeo su base giornaliera- per verificare le garanzie offerte da tale valore, rispetto alla salute umana.
Richieste della Commissione Europea
La Commissione Europea, oltre alla adeguatezza del valore soglia di 0,7 microgrammi, ha chiesto anche ad EFSA:
– Se vi sono gruppi della popolazione europea particolarmente esposti
– Se vi sono animali particolarmente esposti
– Se sia possibile una valutazione congiunta dell’effetto tossico di nivalenolo e deossinivalenolo negli alimenti e nei mangimi, o se invece sia più adeguata una valutazione separata.
Risultati
La maggiore concentrazione della micotossina è stata trovata in avena, mais, orzo e grano (e derivati). L’esposizione alimentare deriva in via principale da pane, prodotti di semola, pasta e panificati, oltre a cereali per la colazione. Per i mangimi, le fonti principali rimangono le granaglie e derivati.
In base alle evidenze disponibili, EFSA conclude che è improbabile che il Nivalenolo sia genotossico. Tuttavia effetti tossici presenti sono la immunotossiticà ed ematossicità (riduzione di globuli bianchi nel sangue a 90 giorni, in uno studio di alimentazione sui ratti). Al momento attuale ed in ragione degli studi su animali presenti, non è possibile sapere se la sostanza sia cancerogena. In ogni caso, la assenza di un segnale di genotossicità fa propendere EFSA per fissare una TDI e non un valore ALARA –utilizzato invece in caso di sostanze genotossiche che non possono concettualmente essere nemmeno “tollerate”.
Lavorazione, pulitura, trasformazione
Le operazioni lungo la filiera alimentare che possono determinare un abbassamento della micotossina sono in particolare la pulitura e selezione. La cottura non impatta in modo significativo invece sulla diminuzione dei livelli di nivalenolo, che è stabile anche a temperature relativamente alte (oltre i 150 °C).
Sulla base dei dati disponibili e sulle stime di esposizione della popolazione europea e anche di sottogruppi nazionali molto esposti alle matrici alimentari a maggiore rischio di contaminazione, EFSA conclude che:
– La Dose Giornaliera Tollerabile (TDI) può essere alzata a 1,2 µg/kg di peso corporeo, senza preoccupazioni per la salute umana. In tutta una serie di animali non sono state identificate segnalazioni di tossicità (ruminanti, conigli, pesci e animali da compagnia), presenti invece in suini e pollame a determinate dosi di rinvenimento.
– Non vi sono preoccupazioni particolari per gruppi della popolazione europea che possono essere esposti anche ad alte concentrazioni di nivalenolo come stimate nelle matrici alimentari. L’esposizione cronica di tutti i consumatori, anche di quelli più esposti, è sotto il valore di 1,2 microgrammi suggerito da EFSA. Consumi occasionali estremi possono arrivare però a dosi di 224 nanogrammi per kg al giorno (nel 5% dei consumatori più esposti alle matrici alimentari critiche).
– Il gruppo più esposto della popolazione sono i bambini tra i 12 ed i 36 mesi, con valori medi da 4,3 a 202 nanogrammi per kg di peso corporeo.
– Non vi sono dati sufficienti per considerare che i vegetariani possano avere un introiti maggiore di nivalenolo rispetto alla popolazione generale.
– Il consumo di prodotti animali (carne, latte) è considerato dal Panel di EFSA non preoccupante circa l’apporto aggiuntivo di micotossina nella dieta.
Gli italiani e la pasta
Nel documento di EFSA, si osserva come la pasta- consumata in abbondanza dagli italiani, come specificità nazionale- non arriva però a costituire un rischio, nemmeno per i soggetti con un consumo più elevato e frequente. Precisa il drCarlo Brera, dell’Istituto Superiore di Sanità ed esperto di micotossine: ” Su questa matrice (pasta) ho effettuato uno studio determinando solo il profilo del deossinivalenolo (normato) che però si è attestato a livelli rassicuranti per il consumatore adulto. Di conseguenza poiché il NIV è di solito percentualmente meno presente del DON, posso ritenere che anche il profilo di nivalenolo sia da considerare rassicurante”
Prossimi passi
EFSA ha richiesto inoltre ulteriori informazioni circa
– Possibili effetti combinati dell’esposizione sia a nivalenolo che ad altre micotossine, effetti ad oggi non noti; in particolare su DON e altri tricoteceni, o la co-presenza di forme “mascherate” di nivalenolo
– La genotossicità e la tossicità in fase di sviluppo, al fine di diminuire l’incertezza presente.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 24 luglio 2013