Attilio Barbieri. In Francia la protesta degli allevatori contro la grande distribuzione, accusata di pagare meno dei costi sostenuti nella stalla per ogni bovino, ha convinto a scendere in campo perfino il presidente Francois Hollande, notoriamente poco vicino ai problemi e alle aspettative del popolo dei campi. Difficile dire quale possa essere l’effetto dell’appello lanciato dall’inquilino dell’Eliseo: «Mangiate francese».
Più facile che la domanda verso le produzioni nazionali dei cugini d’Oltralpe, si rafforzi con il pacchetto di iniziative che Parigi sta mettendo in campo per sostenere il marchio «viande de France», carne di Francia.
Ma se gli allevatori francesi piangono i nostri non stanno certo meglio. Secondo le ultime rilevazioni dell’Osservatorio Ismea sui prezzi delle materie prime alimentari, le quotazioni alla stalla dei bovini da carne continuano a calare. Per ogni capo venduto gli allevatori rischiano di perdere da 20 a 30 centesimi al chilo. Che per vitelloni da 700 chilogrammi l’uno fa una perdita di almeno 200 euro a capo.
In Italia è tutto pronto per far partire un piano di rilancio per il settore zootecnico simile a quello che i francesi stanno predisponendo in fretta e furia. Il pacchetto di misure anti crisi è in rampa di lancio dalla fine dello scorso anno quando la Commissione europea ha dato il via libera al disciplinare del «vitellone ai cereali» che permetterebbe agli allevatori di apporre un sigillo di qualità alla carne italiana. Il piano giace al Ministero delle Politiche Agricole in attesa del relativo decreto, senza il quale non può decollare neppure il Sistema qualità nazionale.
A lanciare l’allarme è Fabiano Barbisan, presidente del consorzio L’Italia Zootecnica e Unicarve: «Sapere che sui tavoli del Ministero giacciono da anni nostre proposte concrete per aiutare la zootecnia bovina da carne prodotta in Italia, e che non vengono prese in considerazione fa arrabbiare. Ci voglio spingere a manifestare», si chiede Barbisan, «come stanno facendo in questi giorni i francesi?».
Gli allevatori mettono sotto accusa il governo e in particolar modo il titolare dell’Agricoltura. «Al ministro Martina», racconta Barbisan, «abbiamo consegnato lo scorso anno anche il Manifesto degli allevatori, ma non si è mai degnato di darci un segnale, convocare ad esempio un incontro per discuterlo, come ha fatto con molti altri settori» in difficoltà.
Nel piano carni c’è pure il progetto di un «Sigillo italiano» per valorizzare le produzioni nazionali e consentire ai consumatori di distinguerle facilmente, sui banconi del supermercato, dalla carne d’importazione. Ma anche questo è fermo in qualche cassetto ministeriale.
Libero – 25 luglio 2015