Medici senza confini Ue. E avvocati, invece, confinati nelle corti d’appello nazionali. I primi si muovono in lungo e in largo per l’Europa, i secondi preferiscono restare nel paese dove hanno acquisito il titolo professionale. È lo specchio di un’Europa che si muove, ma lo fa lentamente. Perché, nonostante le direttive comunitarie offrano la possibilità di esercitare la professione in uno stato membro diverso da quello origine, a usufruire di questo diritto sono ancora in pochi. Specie gli italiani.
Basti pensare che secondo i dati disponibili sul sito della Commissione europea tra il 1997 e il 2013, le autorità nazionali degli stati membri hanno preso oltre 380 mila decisioni su richieste di riconoscimento di qualifiche presentate dai professionisti europei e che solo poco più di 16 mila hanno riguardato professionisti italiani. Numeri, comunque, bassi a fronte, dice l’Unione europea, di una domanda di personale altamente qualificato che entro il 2020 dovrebbe tradursi in almeno 16 milioni di nuovi posti di lavoro. Certo, dice sempre la Commissione, se l’Europa vuole rispondere a questa esigenza, deve affrontare le attuali carenze di personale, avvalendosi appunto di professionisti qualificati e disposti a trasferirsi in altri stati membri dell’Ue. In questo senso l’introduzione della tessera professionale europea (si veda l’approfondimento nella pagina accanto) dovrebbe dare ai professionisti interessati la possibilità ottenere un riconoscimento più rapido e semplice delle loro qualifiche e favorire quindi la mobilità. Quali professionisti italiani si muovono. Dove vanno i professionisti in fuga europei e italiani? La meta tradizionale è il Regno Unito (33%) e osservando nel dettaglio le qualifiche dei professionisti, si scopre che sono proprio i dottori in medicina che detengono da anni il primato di coloro che ottenuta la qualifica in Italia, la esercitano in via permanente o temporanea all’estero, privilegiando come destinazione la Gran Bretagna (37%) e poi la Svizzera (26%). Dopo i camici bianchi sono gli insegnanti della scuola secondaria a lasciare l’Italia per approdare all’estero, soprattutto in Germania e poi ancora nel Regno Unito. Seguono diverse professioni dell’area sanitaria, con gli infermieri al terzo posto (1.506), gli ottici (1.028) e poi i fisioterapisti e gli ostetrici entro le prime dodici posizioni. Più stanziali, invece, gli avvocati non solo in Italia ma anche nel complesso dei paesi Ue, visto che rispetto alle 66 mila richieste di mobilità fatte dai medici, i legali si sono fermati a poco più di 7 mila nei 15 anni presi a campione. Questo perché come è stato specificato nella tappa italiana del Single market forum, organizzata lo scorso 1° dicembre dalla Commissione europea e dal Dipartimento politiche europee, è forte la domanda di figure professionali ad alta specializzazione tecnologica, meno quella dove i saperi sono strettamente legati alle norme interne, come il diritto. I riconoscimenti in Italia. All’interno di una peculiare graduatoria di capacità attrattiva dei professionisti, l’Italia resta fanalino di coda. La congiuntura economica negativa, infatti, la rende sempre meno attraente. I dati raccolti dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri sui riconoscimenti dei titoli professionali conseguiti all’estero (anno 2013) lo testimoniano: negli ultimi due anni il numero di riconoscimenti è passato dai 3.355 del 2011 ai 2.933 del 2013, con una contrazione di oltre il 39%. L’Italia è anche la meta tradizionale in cui approdano sempre più professionisti, con una qualche qualifica, dalla Romania (39%). La maggioranza di questi sono infermieri, ma sta aumentando anche l’ingresso di professionisti rumeni con un diploma del settore benessere ed estetico. Tra i circa 2 mila professionisti riconosciuti, 792 sono infermieri, 226 odontotecnici e 370 sono laureati italiani in giurisprudenza che, per aggirare l’ostacolo dell’ esame di stato per l’accesso alla professione di avvocato, vanno ad acquisire il titolo professionale all’estero (la stragrande maggioranza in Spagna, ma anche Albania e Stati Uniti) e una volta conseguito il titolo ne chiedono il riconoscimento anche in Italia.
ItaliaOggi – 9 dicembre 2014