È sempre incandescente il confronto sugli Ogm. Dopo un lungo braccio di ferro, il Corpo forestale ha distrutto in Friuli Venezia Giulia i due campi seminati con il mais geneticamente modificato Mon 810, l’unico autorizzato per la coltivazione da Bruxelles. Un disco verde concesso negli anni Novanta quando il business sembrava promettente anche in Europa.
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti insieme a polemiche, divieti, ricorsi e controricorsi. Il business non è esploso mentre è cresciuto un clima ostile alle biotecnologie che ha spinto Monsanto, titolare del brevetto, ad abbandonare le coltivazioni Ogm nel Vecchio Continente . Una scelta ribadita da Federico Bertoli, commercial lead per l’Italia e la Grecia, che spiega la metamorfosi della multinazionale statunitense.
«Crediamo che le biotecnologie siano un importante strumento di sviluppo sostenibile in agricoltura – sottolinea – tuttavia Monsanto commercializzerà sementi geneticamente modificate unicamente laddove sussisteranno un ampio supporto politico, una rilevante domanda degli agricoltori e ci si trovi in presenza di un sistema regolatorio chiaro e applicabile». Condizioni che in Europa non si realizzano. «Per questo – aggiunge Bertoli – abbiamo deciso di concentrare il nostro business europeo esclusivamente sull’agricoltura convenzionale». E neanche le modifiche che la Ue si appresta ad introdurre sulle autorizzazioni alle coltivazioni Ogm, lasciando libertà di scelta ai singoli stati, potrà cambiare la situazione. Monsanto resterà in Europa e, dunque, in Italia, solo con le varietà tradizionali che ancora rappresentano il 98% delle vendite (mais, colza, orticole). « Continuiamo a espandere le nostre operazioni di mercato e di ricerca esclusivamente in questo comparto – assicura Bertoli –. Nei prossimi 10 anni investiremo 500 milioni per rafforzare la capacità produttiva di sementi convenzionali in Europa».
La nuova scommessa, dunque, è rivolta a sostituire il mais Ogm con il mais convenzionale irrigato a goccia. Anche sul risparmio idrico, infatti, si misurerà l’efficienza delle nuove produzioni. «Aquateck – spiega Bertoli – è un progetto nato da un partenariato pubblico-privato per promuovere un utilizzo efficiente e sostenibile della risorsa acqua in maiscoltura. «Agli agricoltori vengono fornite informazioni dettagliate – conclude Bertoli – e aggiornate che consentono di valutare e modificare il modello irriguo impiegato, identificando l’ibrido più rispondente alle caratteristiche agronomiche del terreno». I primi test sono positivi: in una anno i ricercatori hanno calcolato risparmi idrici del 30%, miglioramento produttivo della granella del 20% e un taglio del 20% del gasolio.
Il sole 24 ore – 9 agosto 2014