La Magistratura contabile mette sotto accusa l’inerzia delle amministrazioni. La fiscalità generale rischia di pagare tutti i debiti. Sulla trentennale e intricata vicenda delle multe latte ancora non pagate dagli allevatori spunta anche il rischio di «imputabilità del danno erariale nei confronti degli amministratori pubblici inerti».
La Relazione sulle «Valutazioni finali sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte» della Corte dei Conti, pubblicata ieri, alza ulteriormente il tiro sulla questione.
Intanto i numeri: esborso complessivo alla Ue pari a 4,4 miliardi con l’onere per il periodo precedente la campagna 1995/96 scaricato interamente sull’erario e possibilità di recupero per poco più di 2 miliardi dagli allevatori. Una quota è stata restituita a Bruxelles con anticipazioni della Tesoreria statale per un importo di 1,7 miliardi. La Corte dei Conti sentenzia dunque che «questo modo di procedere consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio dello Stato». E ricorda che in sede di assestamento per il 2014 sono state previste delle somme per ripianare le anticipazioni. Ma si tratta di «spiccioli». E l’accollo dell’onere da parte dello Stato del prelievo viola non solo la regolamentazione europea, ma contrasta anche con i principi della libera concorrenza tra i produttori del settore.
Tra le cause della «malagestione» la Corte indica la confusione della normativa, delle procedure, delle competenze e delle responsabilità dei soggetti investiti e non ultima l’incertezza dei dati produttivi. Nel documento, senza mezzi termini, si parla di «inerzia e prassi amministrativa non conformi alla necessità di una decisa attività di recupero». Un’inerzia che «fornisce linfa alle aspettative dei produttori inadempienti». In questo modo inoltre si altera il mercato a causa dello sleale confronto tra le aziende che hanno rispettato le regole e chi, invece, le ha violate. E secondo la denuncia a sbloccare la vicenda non hanno aiutato nè le norme, nè lo spostamento dell’onere della riscossione coattiva da Equitalia ad Agea che «versa in uno stato di crisi anche per carenze finanziarie e di organico». Sono così caduti nel vuoto tutti i richiami lanciati in questi ultimi due anni dalla Magistratura contabile. E non c’è stata una svolta (reale) neppure dopo l’apertura della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia da parte di Bruxelles. Dopo circa un trentennio e alla vigilia della fine delle quote il nostro Paese non riesce ancora a far pagare i debiti agli allevatori «splafonatori». E a questo punto il rischio, come evidenzia la relazione, è che le procedure esecutive con il passare del tempo diventino impossibili. Con l’unico risultato di scaricare sulla fiscalità generale le multe latte. Da qui la decisione di inviare la relazione alla Procura generale della Corte.
Il Sole 24 Ore – 1 novembre 2014