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Multe per epiteti volgari ufficio, anche se detti per scherzo

Multe per gli epiteti volgari affibbiati sul posto di lavoro. Le promette la Cassazione nel ricordare che gli appellativi maschilisti con i quali non raramente ci si rivolge alle colleghe in ufficio devono essere censurati anche se nel contesto lavorativo prevale l’«esuberanza» e la goliardia.

In questo modo, la Quinta sezione penale ha annullato l’assoluzione ,«perché il fatto non costituisce reato», accordata ad un dipendente delle Poste di Massa, Roberto T., che si era rivolto alla collega Stefania M. dandole della “pornodiva”. Un appellativo per il quale l’impiegato era stato multato dal giudice di pace, nel 2000, con una sanzione di 400 euro per ingiuria oltre al risarcimento danni, poi annullata dal Tribunale di Massa.

Secondo il giudice di merito, l’epiteto, ancorché «sconcio», non andava condannato in quanto l’impiegato aveva agito «per esuberanza e per familiarità con un certo tipo di scherzo nell’ambiente di lavoro». Come riporta la sentenza, l’uomo, arrivando da un altro reparto, indicando la collega, aveva detto: “Ah, c’è anche la pornodiva sulla piazza”. La tesi di merito non è stata condivisa dalla Cassazione che, accogliendo il ricorso dell’impiegata, ha disposto un nuovo esame della vicenda sulla base del fatto che Roberto T. «in piena coscienza aveva rivolto alla collega un epiteto sicuramente denigratorio, valido a descriverla come una donna dai costumi sessuali disinvolti, e adusa a fare ostentazione di comprtamenti normalmente da riservare a una sfera di intimità».

Più in generale, la Suprema Corte tiene a precisare che il “clima” goliardico che ci può essere su un posto di lavoro non è motivo di giustificazione per epiteti volgari. «Che una donna possa tollerare delle avances più o meno tra il serio e il faceto non comporta affatto che ella si debba considerare disposta a farsi prendere a male parole, così come l’avere» magari «risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega (come era accaduto anche in questo contesto, ndr) non autorizza affatto un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate o addirittura gradite». Il Tribunale di Massa ora provvederà a multare l’impiegato. La pubblica accusa di piazza Cavour aveva chioesto invece di convalidare l’assoluzione per l’impiegato delle Poste.

(Fonte: Adnkronos) – 25 febbraio 2013

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