Stop ai badge, per i dipendenti comunali comincia l’era delle impronte digitali. Boscoreale, ok dei sindacati:
Quando furono portati in caserma non si sapeva neanche dove metterli. Erano 41, tutti dipendenti comunali intercettati dai carabinieri in tutt’altro posto invece che a lavoro. Era l’aprile di un anno fa. Alla fine degli accertamenti dell’operazione soprannominata «Caos», il numero degli indagati salì a 123. Su 140 che ne conta il Comune di Boscoreale, nell’entroterra napoletano. Ieri mattina la svolta. I sindacati, a conclusione di una trattativalampo con il commissario prefettizio Michele Capomacchia, hanno dato il loro assenso all’utilizzo di un sistema biometrico per il rilevamento delle presenze in ufficio.
Addio badge quindi, e impronte digitali che per ora saranno utilizzate in via sperimentale solo da otto dirigenti e quindici impiegati (tutti volontari). Gli impianti per il riconoscimento ottico delle impronte digitali ci sono già. Furono installati subito dopo il blitz dei carabinieri, dall’ex sindaco Gennaro Langella, in carica fino ad una ventina di giorni fa e poi costretto a fare le valigie dopo le dimissioni di undici consiglieri comunali. Ma non furono mai utilizzati per il netto rifiuto dei sindacati. «Ringrazio i componenti della rappresentanza sindacale unitaria per la disponibilità, professionalità e alto senso di responsabilità mostrato», ha detto il commissario prefettizio. «Questa iniziativa serve a qualificare positivamente la struttura amministrato-burocratica dell’Ente – ha fatto notare – e consente di ipotizzare l’avvio di un percorso di “certificazione della qualità”». Sembrano così lontani i tempi in cui un dipendente, immortalato nei filmati dei carabinieri, «strisciava» nove badge differenti per colleghi assenti o in ritardo. O la coppia di coniugi, entrambi impiegati al Comune di Boscoreale, lontani dal posto di lavoro e per di più a bordo di una macchina municipale.
Ma non basta solo il sì dei sindacati per partire. Il progetto, infatti, dovrà essere sottoposto al vaglio del Garante della privacy che, già in passato, si è dimostrato spesso restio a concedere autorizzazioni di questo genere. L’uso delle impronte digitali dei dipendenti per controllare le presenze sul luogo di lavoro, viene considerato dal Garante «troppo invasivo della sfera personale e della libertà individuale» e, in molti casi, ha suggerito «per raggiungere lo stesso scopo, altre tecniche più proporzionate ed ugualmente efficaci». O, quando ne ha autorizzato l’utilizzo, lo ha fatto prescrivendo una lunga e rigida serie di obblighi.
Come nel caso del «Tarì», la cittadella per il commercio e il trattamento di oggetti preziosi sorta in provincia di Caserta. Allora, era il 2010, il Garante autorizzò il rilevamento delle impronte digitali per i dipendenti della società a patto che il sistema «non verrà utilizzato per finalità diverse quale, ad esempio, la verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro».
Il Comune di Boscoreale non è poi l’unico ad aver pensato, nel Napoletano, alle impronte digitali come ultima forma di controllo dell’assenteismo. Nel 2007 al Comune di Giugliano, oltre 120 mila abitanti che ne fanno il centro non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia, l’idea di installare undici rilevatori biometrici fece insorgere i dipendenti. Un braccio di ferro che consigliò al sindaco di allora di bloccare la procedura, già avviata, per l’acquisto degli impianti.
La Stampa – 3 agosto 2012