«Impossibile chiudere i negoziati con gli Usa entro il 2016», dice la Francia. Margini di manovra «vicini allo zero», commenta il governo italiano. I modi per dirlo sono diversi e anche le sfumature di delusione, ma il messaggio è chiaro: il Ttip, l’accordo di libero scambio Ue-Usa, è vicino al naufragio. Anche Ceta, l’accordo con il Canada, il “fratellino minore” del Ttip, non naviga in acque calme.
A cinque giorni dal 14esimo round negoziale sul Ttip, la Casa Bianca vorrebbe stringere in fretta il patto: se salta la “finestra di opportunità” del 2016 e ci si prolunga oltre il mandato Obama, il panorama politico sarà incerto.
Ma ora i freni al Ttip sono troppi: alle contrarietà della società civile si aggiungono le fibrillazioni post-Brexit e l’opposizione francese. Andare avanti con il libero scambio significa «alimentare i populismi», ha commentato dopo Brexit il premier francese Manuel Valls. Ieri è tornato alla carica anche il segretario al Commercio francese Matthias Fekl: «Impossibile un accordo entro l’anno». Le ragioni, ha spiegato a Repubblica, sono almeno tre: gli Usa non aprono il mercato degli appalti pubblici, non cedono sulle denominazioni d’origine e non dialogano sui tribunali privati. Anche un entusiasta come il ministro per lo Sviluppo economico italiano Carlo Calenda è costretto a prendere atto della debolezza delle trattative: «Se Ttip salta, sarà perché l’avremo tirata troppo per le lunghe. Dispiacciono anche le notizie che arrivano da Bruxelles sul trattato di libero scambio con il Canada che aspetta solo l’approvazione».
La Commissione Ue ha deciso ieri di procedere con un iter di approvazione che coinvolge anche i Parlamenti nazionali. «Un solo Parlamento potrà bloccare tutto. Così la politica commerciale europea è destinata a morire», dice Calenda, che era favorevole all’approvazione “Eu-only”: un iter rapido che non coinvolge i Parlamenti se un accordo riguarda aree di competenza esclusiva dell’Ue. Soluzione caldeggiata da Juncker, ma che ha suscitato l’opposizione di Parigi e Berlino. Perciò l’eurocommissaria per il Commercio Cecilia Malmström ha proposto ieri la “procedura mista”: una parte dell’accordo potrà diventare effettiva entro fine anno, il resto può essere “frenato” dalle assemblee nazionali. Un sistema che piace agli oppositori di Ttip e Ceta. Ma è possibile frenare il libero scambio? Un precedente è Acta, accordo commerciale con gli Usa anti-contraffazione, bersagliato dalle associazioni. Nel 2012 Strasburgo si sfilò.
Repubblica – 6 luglio 2016