L’evoluzione. Per gli altri immobili il prelievo potrà arrivare all’11,6 per mille, un punto in più rispetto al tetto dell’Imu attuale. E se alla fine qualcuno rimpiangesse la vecchia Imu?
Se le regole Tasi resteranno quelle delineate nelle ultime versioni delle bozze di legge di stabilità, la prospettiva sembra questa per molti contribuenti. A partire da quelli che posseggono le abitazioni di valore più basso.
Il rischio è assai diffuso, perché incrociando i dati del dipartimento Finanze con quelli dell’agenzia del Territorio si scopre che già nel 2012 più di 4,9 milioni di abitazioni principali, cioè un quarto del totale, non hanno pagato l’Imu. Merito delle detrazioni, 200 euro di base e 50 euro per ogni figlio convivente fino a 26 anni, che accompagnavano l’applicazione dell’imposta sull’abitazione principale, e quindi azzeravano la richiesta per i proprietari di case che per il Fisco valgono poco. La Tasi si applica alla stessa base imponibile dell’Imu, ma non prevede (almeno per ora) detrazioni: con parecchie sorprese, negative.
La prima riguarda appunto i quasi cinque milioni di case esenti dall’Imu fin dalla sua nascita, nel 2012, perché le detrazioni cancellavano l’imposta lorda. La parte alta del grafico qui a fianco mostra, per diversi tipi di contribuenti, la soglia del valore catastale che permetteva di non pagare l’Imu anche prima della sua cancellazione, e gli effetti che sullo stesso immobile avrebbe l’applicazione della Tasi ad aliquota standard (1 per mille) e con la nuova aliquota massima del 2,5 per mille (l’ultima bozza circolata ieri indicava addirittura il 25 per mille, ma si tratta evidentemente di un errore). Una famiglia con due figli, per esempio, in un immobile che secondo il Catasto vale 75mila euro pagava zero di Imu, e pagherebbe 75 euro di Tasi ad aliquota standard e 187,5 euro nel caso di aliquota massima: ad aumentare il rischio, poi, c’è il fatto che il tetto del 2,5 per mille sull’abitazione principale varrebbe solo per il 2014.
I proprietari di questi cinque milioni di immobili, comunque, non sono gli unici a rischio rimpianti con il passaggio dall’Imu alla Tasi. Sempre secondo il dipartimento Finanze, nel 2012 il 36% dei contribuenti ha pagato meno di 100 euro di Imu. Una fetta importante di queste cifre si spiega naturalmente con le case cointestate, in cui per esempio marito e moglie pagano ciascuno il 50% dell’Imu sull’abitazione della famiglia, ma si può stimare che almeno altri 2-3 milioni di case si siano trovate in questa fascia d’imposta in virtù del loro valore catastale. La parte bassa del grafico a destra mostra che anche a loro la Tasi può riservare un trattamento peggiore della vecchia Imu, sempre a causa dell’addio alle detrazioni che, nel 2012, non arrivavano ad azzerare l’imposta ma la tenevano comunque molto bassa. Un’altra tabella del dipartimento Finanze conferma che, com’è abbastanza ovvio nonostante le tante assurdità dei valori catastali, in genere nelle case che il Fisco considera più modeste abitano i contribuenti a reddito più basso: i rischi di aumento rispetto al vecchio regime, quindi, si concentrano proprio su di loro. Anche per le altre abitazioni, comunque, sono in programma rincari, perché secondo l’ultima bozza della legge il tetto massimo posto alla somma fra Imu e Tasi non deve superare l’aliquota massima Imu, ma senza considerare l’1% di base del nuovo tributo: nei tanti Comuni dove l’Imu è ai massimi, quindi, l’applicazione della Tasi può quindi comportare un aumento automatico.
Naturalmente la leva fiscale è in mano ai Comuni, che potranno alzare o abbassare l’aliquota Tasi fino ad azzerarla, graduando comunque le scelte in base a molte variabili (per esempio l’Isee, come suggerito dalle ultime bozze). Per compiere le loro scelte senza essere costretti a disordinati aumenti fiscali, però, avrebbero bisogno di una robusta dose di chiarezza sulle regole di finanza locale, che per ora vede invece aumentare la propria confusione.
L’ultima novità in questo senso è arrivata con la conversione in legge del decreto «Imu-2» (Dl 102/2013), ora all’esame del Senato, che ha cambiato per l’ennesima volta le regole Tares. Secondo l’ultima versione, i Comuni nel 2013 potranno sia continuare ad applicare la Tarsu (si veda Il Sole 24 Ore dell’11 ottobre) sia aumentare le vecchie tariffe in modo lineare per finanziare gli oneri del servizio, riesumando anche la vecchia addizionale ex Eca del 10% che va considerata nel calcolo dei costi.
Il Sole 24 Ore – 18 ottobre 2013