Si dovranno indicare le spese veterinarie sostenute e il possesso di animali ma scoppia la polemica «C´è chi evita il microchip per paura di controlli»
Le spese per le prestazioni veterinarie finiscono sul redditometro e possono diventare indice di … Un cane o un gatto in famiglia e le relative cure veterinarie finiscono nel redditometro. E monta la protesta. In poche settimane l´Associazione nazionale medici veterinari italiani, Anmvi, ha raccolto oltre 50 mila firme contro la novità fiscale che penalizza troppo – a detta dell´ente – perché paragona chi ha un animale domestico ad un lusso.
Rincara la Federazione nazionale ordine veterinari italiani, Fnovi: «Un uomo, in provincia di Cremona, si è rifiutato di far applicare il microchip al cucciolo per paura di finire nel vortice dei controlli del redditometro. Un caso limite che costituisce una evidente distorsione del rapporto tra sanità veterinaria e fisco. L´identificazione del cane con microchip è obbligatoria, ma l´Agenzia delle entrate vanifica gli sforzi di osservanza delle leggi di sanità animale. Uno strabismo istituzionale assurdo».
LA DENUNCIA. Un caso che sta facendo discutere e che mette in evidenza la grande confusione e il malumore crescente. Lo conferma anche Nicola Gasparinetti, presidente dell´Ordine vicentino dei medici veterinari: «Nel redditometro, che sarà operativo da marzo, si inseriscono, tra le varie voci e criteri per la valutazione del presunto reddito, anche il possesso di animali domestici come il cane e il gatto e le relative spese veterinarie. Condivido la posizione del presidente Fnovi, Gaetano Penocchi, quando sottolinea come inserire le spese veterinarie nel redditometro produca gravi danni agli animali domestici perché rischiano di non aver più garantito un diritto acquisito: la salute». Quali prospettive per il Vicentino? Sarà boom di abbandoni per paura del Fisco?
IVA SALATA. Risponde ancora Gasparinetti: «Sono perplesso, ma non prevedo catastrofi. Anche perché chi è in regola non ha nulla da temere nel mettere il microchip al cane e a vaccinarlo. È pur vero, però, che c´è una contraddizione: tutte le campagne per cercare di sensibilizzare i proprietari a mantenere una prassi di prevenzione a livelli europei per garantire sicurezza per gli animali e l´uomo, sembrano non concordare con questi ultimi provvedimenti dello Stato. Sembra, insomma, passare l´idea che tenere un animale da compagnia sia lusso. Ma questo non è vero. Peggio. Questa demonizzazione spingerà i nostri clienti a farci pressione per non fatturare perché le prestazioni prevedono un´Iva al 21 per cento. Da luglio poi è previsto pure l´aumento di un punto percentuale: un´assurdità». Le spese veterinarie, si sa, si affrontano per prevenire le malattie degli animali e anche quelle potenzialmente trasmissibili all´uomo, curare malattie, tumori compresi, garantendo il miglior benessere possibile. «Per queste prestazioni – dice Gasparinetti – è ingiusto sostenere l´Iva più alta in Italia, quella appunto per i beni di lusso, potendo detrarre, al massimo, 50 euro all´anno. Ecco perché ormai possedere un animale diventa un lusso. Ecco perché non deve passare questa idea. Ormai una famiglia su due possiede un cane o un gatto: ne fanno parte integrante e diventano essenziali per gli anziani. Tutto questo non ha prezzo, non può finire nel redditometro».
LA PETIZIONE. Proprio su questi punti la petizione dell´Amvi che si è chiusa in questi giorni. Nel documento si chiedeva la riduzione dell´Iva sulle prestazioni veterinarie e sui mangimi al 10% e l´azzeramento di quella relativa alle prestazioni di tutela della sanità pubblica. E ancora. Che vengano tolti dal redditometro le spese veterinarie per gli animali da compagnia e il cavallo “d´affezione o da passeggiata”.
REDDITEST. Il Sivelp, sindacato italiano veterinari, tranquillizza, come spiega il segretario Angelo Troi: «Non demonizziamo. C´è da distinguere: il calcolo delle prestazioni sanitarie veterinarie e la voce sulla proprietà di un animale da affezione è inserita nel nuovo redditest (cioè il software lanciato dall´Agenzia delle Entrate per misurare la fedeltà fiscal) e non nel redditometro. Il redditest prende in esame tantissime altre voci come figli e vacanze. È un meccanismo di cui non si deve aver paura. Il vero nodo è l´Iva al 21 per cento: quella è un lusso. Una aliquota meno aggressiva aiuterebbe in questo periodo di crisi a non abbandonare o a curare meglio».
Il Giornale di Vicenza – 4 febbraio 2013