L’agenzia nazionale per i Beni sequestrati e confiscati alle mafie agonizza e lo Stato ci mette del suo per allungarle le sofferenze. Il 6 dicembre il ministero dell’Economia e delle finanze, con una nota spedita al Governo, al ministero dell’Interno e alla Ragioneria generale dello Stato, ha detto due volte no alla proroga per la permanenza del personale “prestato” all’agenzia. Senza addetti, va da se, le cinque sedi dell’Agenzia saranno costrette alla chiusura.
Due no legittimi e normativamente fondati ai quali la stessa agenzia oltre che il Viminale stanno opponendosi in ogni modo ed infatti nei prossimi giorni ci saranno nuovi incontri nel tentativo di trovare una soluzione, anche se ancora una volta “tampone”.
L’agenzia aveva chiesto la proroga che le consentirebbe di utilizzare personale in posizione di comando, distacco e fuori ruolo fino alla fine del 2013 (attualmente è prevista fino alla fine dell’anno in corso). Il ministero dell’Economia, chiamato a esprimersi, ha detto no e dunque le circa 60 unità che sono state “prestate” da altre amministrazioni pubbliche, se non si troverà una soluzione in extremis, torneranno da dove sono venute sancendo di fatto la morte apparente dell’agenzia, che per il resto può contare su meno di 10 contratti a consulenza.
Il no del ministero dell’Economia è dettato da due motivi. Innanzitutto la mancanza di copertura economica. Nel 2011, scrive l’ufficio legislativo, come risulta dal rendiconto generale dello Stato, non risultano economie di bilancio e allo stato non è possibile quantificare le economie di bilancio derivanti dall’esercizio finanziario ancora in corso. In secondo luogo c’è la violazione delle disposizioni del Testo unico sul pubblico impiego, che impongono un limite massimo di tre anni a comandi, distacchi e fuori ruolo.
Le reazioni
Donato Pezzuto membro del direttivo dell’Inag (l’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari) è durissimo. “L’agenzia verrebbe di fatto azzerata – sostiene – e inoltre il parere del’ufficio legislativo del ministero solleva perplessità in quanto l’Agenzia ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile. Dispone dunque di fondi propri con cui provvedere, senza oneri per lo Stato. Inoltre sono allo studio modifiche legislative che consentano di superare i vincoli posti dalle leggi attuali sui periodi massimi di distacco del personale per consentire proprio una proroga fino al dicembre 2013. Ovviamente questa modifica potrebbe non venire in conseguenza della prossima crisi di governo. Insomma siamo alla vera e propria emergenza”.
Il 18 gennaio Giuseppe Caruso, ex prefetto di Palermo, dal 16 giugno 2011 direttore dell’agenzia nazionale, si era già presentato in Commissione parlamentare antimafia per dire che dall’agenzia – senza soldi e con compiti quintuplicati negli ultimi tempi da provvedimenti legislativi di cui sono ancora in itinere alcuni regolamenti attuativi – le persone scappano. Ci sono appena 60 addetti in distacco sui 100 previsti. “Il personale dell’agenzia non solo non ha incentivi economici e di carriera ma addirittura, alcuni di essi, ci perdono”, disse in quell’occasione. Ad avere gli uomini migliori, poi, nemmeno se ne parla. “Sono riuscito a convincere due cancellieri, forse ne arriverà un terzo”, quasi si scusò Caruso di fronte a commissari sbigottiti. Ora questa nuova tegola che rischia di bruciare la gestione, già oberata di enormi problemi, dei circa 12 mila beni che valgono miliardi.
Le proposte
Lo stesso Caruso il 24 luglio, per uscire dal pantano, aveva suggerito al legislatore la trasformazione dell’agenzia in ente pubblico economico, alla pari dell’agenzia del Demanio. In questo modo l’Agenzia potrebbe operare con strumenti privatistici e procedere ad assunzioni dirette per quei profili necessari (avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, agronomi) e potrebbe dotarsi di una propria contrattazione collettiva all’interno della quale prevedere inventivi per il personale. Il budget annuale, per la parte eccedente i 4,2 milioni stanziati dallo Stato, dovrebbe essere stabilito sulla base di un contratto di servizi con il Viminale per sei milioni, senza farlo così dipendere dalla destinazione dei beni per l’autofinanziamento.
Non resta che attendere gli esiti dei nuovi incontri: il tempo stringe e le mafie avranno un motivo in più per brindare se a fine anno il personale tornerà negli uffici pubblici che avevano lasciato per approdare nell’agenzia.
robertogalullo.blog.ilsole24ore.com – 13 dicembre 2012