Luigi Grassia. C’è una rivoluzione appena partita in America e destinata (come tutte le mode) ad arrivare presto anche da noi: è in corso la rivolta contro le bibite dietetiche, si torna allo zucchero. La parola d’ordine è abbasso i dolcificanti artificiali, mentre lo zucchero, quello vero, viene sempre più spesso proposto in etichetta come «naturale» (la parola magica) o meglio ancora «biologico» (parola ancora più magica).
Le motivazioni di questa rivincita dello zucchero sono molteplici, e anche contraddittorie. Un po’ c’è il desiderio di spostare più avanti le frontiere della salute, rifiutando i dolcificanti artificiali (magari cancerogeni o persino Ogm) per sostituirli con qualcosa di più vicino alla natura. Ma da parte di altri americani c’è la motivazione opposta: hanno deciso di smettere di passare la vita a preoccuparsi di troppi rischio per la salute e di godersi finalmente i sapori come sono; perché il vero zucchero, dicono sempre più spesso le etichette e gli spot pubblicitari in America, ha un gusto più completo e più ricco dei suoi poveri succedanei.
L’Italia? Non pervenuta
Udite udite, pare che la stessa reazione del pubblico stia cominciando a riguardare anche il sale, e persino i grassi, e altri alimenti finora demonizzati. E da noi che cosa succede? C’è qualche avvisaglia di questa rivoluzione? Da un giro di telefonate risulta di no, non ancora per lo meno. Sia la Federalimentare (che associa le industrie del cibo e delle bevande) sia alcuni dei più grandi studi pubblicitari cascano dalle nuvole: in Italia non c’è ancora il minimo sentore di questa tendenza americana. La domanda di vero zucchero (o di più sale o di più grassi) non si è ancora manifestata né da parte dei consumatori italiani, che scelgono i prodotti sui banconi, né da parte delle aziende, che commissionano le campagne pubblicitarie. Ma c’è da scommettere che è solo questione di tempo.
La svolta nel mercato
In America il fenomeno ha attirato l’attenzione del «Wall Street Journal» in prima pagina. C’è la Pepsi-Cola che nell’ultimo anno ha lanciato tre bibite con scritto grande, sull’etichetta, che contengono zucchero, compresa la spudorata «Pepsi Real Sugar», e adesso la Pepsi ripropone pure una bottiglietta con la formula originale del 1893, ancora più zuccherata. Altri marchi, meno noti da noi ma diffusissimi negli Stati Uniti, mettono sul mercato bibite che seguono questa moda. E c’è anche un’azienda produttrice di tè che lancia una linea di infusi provenienti da ogni parte del mondo e spiega nella pubblicità che «bisogna gustarli con vero zucchero, perché è l’unica maniera di apprezzare la complessità dei loro aromi». Poi ci sono le caramelle TruSweets che vantano di non contenere dolcificanti artificiali ma solo zucchero vero. E sui banconi delle drogherie americane si propongono sempre più spesso dolcificanti naturali ad alto contenuto di zucchero ricavato dalla canna, dai datteri, dalle noci di cocco o dal «monk fruit», un frutto di origine cinese che in Oriente è noto come «frutto della longevità». Anatema sui dolcificanti artificiali. È probabile che in Italia sia solo questione di tempo prima che la rivincita dello zucchero ci raggiunga. Del resto i contagi alimentari fra Usa e Italia avvengono a doppio senso di circolazione, gli americani hanno imparato da noi la dieta mediterranea.
La Stampa -6 aprile 2016