Il paziente zero sarebbe un 60enne, frequentatore di mercati di pollame: avrebbe contagiato la figlia che lo assisteva. C’è il primo possibile caso di trasmissione da uomo a uomo del virus dell’influenza aviaria H7N9 nella Cina orientale. Il paziente zero sarebbe un uomo sessantenne, assiduo frequentatore di mercati di pollame: avrebbe contagiato la figlia 32enne che lo assisteva in ospedale, mai entrata in contatto con animali vivi prima di ammalarsi. Entrambi sono deceduti la scorsa primavera dopo essere stati ricoverati in terapia intensiva: il loro caso, ritenuto isolato, è descritto in uno studio sul British Medical Journal.
CEPPI QUASI UGUALI – Secondo la ricostruzione dei ricercatori, l’uomo sarebbe venuto a contatto con il virus della nuova aviaria in un mercato di pollame: i test condotti sulle gabbie dei polli, sull’acqua usata nel mercato e sui cigni che vivono nella zona hanno però segnalato la presenza di un ceppo virale diverso da quello trovato nei due pazienti deceduti. Il contagio da padre a figlia potrebbe essere avvenuto durante i primi giorni di ricovero dell’uomo: la figlia lo avrebbe assistito senza adottare le necessarie precauzioni. I test genetici hanno dimostrato che padre e figlia sono stati infettati da ceppi virali geneticamente quasi identici.
MINACCIA – L’episodio è descritto sul British Medical Journal da Chang-jun Bao e colleghi del Centre for Disease Control and Prevention della provincia cinese dello Jiangsu, che tengono tuttavia a sottolineare come la capacità di trasmissione interumana del virus H7N9 sia «limitata e non sostenibile». In un editoriale di commento all’articolo, James Rudge e Richard Coker della London School of Hygiene and Tropical Medicine, con sede a Bangkok, osservano che una limitata trasmissione uomo-uomo «non sorprende, e non indica necessariamente che il virus sta per sviluppare una capacità di trasmissione interumana sostenuta», ossia potenzialmente in grado di scatenare una nuova pandemia. È però necessario non abbassare la guardia, aggiungono, e «vigilare con estrema attenzione: la minaccia rappresentata dal virus H7N9 non è assolutamente finita».
DOPPIO CONTAGIO – L’uomo sessantenne si è ammalato 6 giorni dopo l’ultimo contatto con il pollame di un mercato che frequentava regolarmente. L’11 marzo è stato ricoverato in ospedale, ma poi è peggiorato fino a morire di insufficienza multi-organo il 4 maggio, dopo essere stato assistito in due diversi reparti di terapia intensiva. La figlia, pur non avendo avuto contatti con animali vivi, ha assistito il padre senza alcuna protezione prima che l’uomo fosse trasferito in terapia intensiva. Sei giorni dopo l’ultima visita al genitore la donna ha manifestato i primi sintomi; il 24 marzo è stata ricoverata in ospedale e quindi trasferita in terapia intensiva, ma il 24 aprile è morta (dunque prima del padre) per insufficienza multi-organo. Gli ufficiali sanitari hanno monitorato e analizzato 43 persone entrate in stretto contatto con padre e figlia: tutti sono risultati negativi al virus tranne il genero dell’uomo, che aveva aiutato ad assisterlo in ospedale e che ha sviluppato un’infezione di media intensità. Da giugno, il virus H7N9 ha contagiato 133 persone nella Cina orientale, uccidendone 43.
NESSUN ALLARME – Il primo caso di contagio uomo-uomo è «un dato da non sottovalutare, ma che comunque non determina una situazione di allarme». Così Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, commenta lo studio pubblicato sul British Medical Journal. «Un primo caso di trasmissione interumana – rassicura – non indica l’inizio di una potenziale epidemia». Secondo Rezza, l’episodio non desta sorpresa: «C’erano già stati in Cina – spiega – indizi su un paio di casi di trasmissione intra-familiare, ma in quell’occasione non si è potuta scartare l’ipotesi di una fonte di contagio comune sempre di tipo aviario, ovvero da uccelli. Anche con l’altro e più noto virus dell’influenza aviaria, l’H5N9, casi di contagio intra-familiare si sono verificati, eppure tale virus è rimasto poco contagioso quanto a trasmissione interumana». È cioè «difficile – sottolinea Rezza – che tali virus aviari passino da uomo a uomo, tuttavia non è detto che non siano in grado di farlo se il contatto tra la persona infetta e altri soggetti è molto forte». «Un solo evento, sia pure non atteso, non significa che ci sia un campanello d’allarme per una possibile epidemia – continua Rezza -. Un vero allarme si viene a creare solo nel momento in cui si verifica una catena di trasmissione interumana dell’infezione, condizione nella quale ci sono maggiori possibilità che il virus si adatti all’uomo».
POSSIBILI RISCHI – Per Ilaria Capua, virologa dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, quanto accaduto «non è ancora un segnale di allarme, ma è certamente un segnale di allerta. La dimostrazione che non si può e non si deve abbassare la guardia». «Quello riportato è un caso sporadico di trasmissione interumana – spiega la scienziata, che per prima isolò nel 2006 il virus aviario H5N1, pretendendo la pubblicazione della sequenza genetica perché fosse identificabile da tutti i laboratori del mondo -. Ma se da un lato la cosa ci rassicura perché significa che non c’è stato un cluster, cioè la trasmissione diretta del virus a più persone, dall’altra ci dice che è necessario tenere alta la guardia. Per ora il virus H7N9 non ha un potenziale pandemico e resta confinato in Cina, ma se dovesse acquisire determinate caratteristiche ci metterebbe un attimo a diffondersi». Un altro dato che tranquillizza è che, almeno per adesso, «questo virus si è dimostrato in grado di replicare molto più efficacemente nelle basse vie respiratorie, piuttosto che nelle alte». Ciò significa che, rispetto all’influenza stagionale, il contagio attraverso starnuti e goccioline di saliva è più difficile. Ma nel caso descritto sul British Medical Journal è avvenuto, confermando che la minaccia esiste e che l’H7N9 resta un “osservato speciale”.
Corriere della Sera – 7 agosto 2013