Prima colpite dall’inquinamento e ora da ritardi e burocrazia. Le cozze di Taranto, una denominazione molto nota nel settore, vivono una terza estate difficile.
Probabilmente una parte della produzione anche quest’anno andrà distrutta e non potrà essere venduta. Un danno significativo per un’attività di rilievo nell’economia marittima, una produzione totale compresa fra le 40-50 mila tonnellate annue, tre specchi di mare dedicati – primo e secondo seno di Mar Piccolo e Mar Grande – e un centinaio di società cooperative. Quasi tutte a conduzione familiare e con una media di 5 occupati a testa. A rischio macero sono di nuovo (e soltanto) le cozze del primo seno di Mar Piccolo. Che nel 2011 e nel 2012 furono distrutte perché presentavano valori elevati di pcb e diossina, conseguenza di quanto negli anni hanno riversato Ilva, Cantieri navali e Arsenale della Marina in quello che é un vero e proprio mare interno di Taranto.
Adesso che la produzione del primo seno è stata trasferita in un’area di Mar Grande, non può essere ugualmente commercializzata perché non è stata ancora completata la caratterizzazione delle acque. Sei mesi continuati di analisi da parte dell’autorità sanitaria per certificare che il nuovo specchio di mare sia idoneo all’allevamento dei mitili. A Taranto la stagione produttiva delle cozze va da maggio a ottobre ma la caratterizzazione è ancora a metà percorso, per cui è fondato il rischio che quando le analisi saranno concluse, si sia fuori tempo massimo per portare il prodotto alla vendita, così dovrà essere distrutto. L’anno scorso i mitilicoltori subirono un danno di circa 4 milioni di euro, solo in parte indennizzato.
Ma non è solo questione di mancata caratterizzazione. A monte, infatti, vi sono i ritardi e le complicazioni burocratiche che hanno segnato l’intera vicenda. Sebbene fosse chiaro già nell’estate 2011 che il primo seno di Mar Piccolo non potesse più essere usato per la mitilicoltura in quanto inquinato, solo un anno dopo, a fronte di un’ulteriore distruzione di prodotto, si è pensato alla delocalizzazione. In sostanza, le cozze sarebbero state tenute nel primo seno sino ad un certo stadio di crescita – 1-1,5 centimetri –, quindi trasferite in Mar Grande per il completamento. Questo per evitare che il prodotto in fase di maturazione potesse assorbire gli inquinanti presenti nelle acque del primo seno. Ma individuare le nuove aree in Mar Grande non è stato semplice poiché si sono dovuti superare una serie di passaggi tra Marina Militare, Capitaneria di porto, Autorità portuale e Acquedotto pugliese. A ciò si aggiunga l’iter per il rilascio delle nuove concessioni e la regolarizzazione dei mitilicoltori abusivi. E così i trasferimenti in Mar Grande sono avvenuti solo da alcuni mesi ed è saltato l’allineamento tra maturazione e caratterizzazione.
Ora, per evitare un terzo anno di mitili distrutti – anche perché, secondo gli operatori, la stagione 2013 ha dato un prodotto come non lo si vedeva dal 2005 –, la Regione Puglia ha convocato un tavolo tecnico per il 3 settembre. I mitilicoltori chiedono che si considerino le analisi effettuate sinora, tutte negative, e si dia il via libera alla vendita anche se la caratterizzazione non è stata completata. Su questo, però, la Regione è contraria. Probabilmente la mitilicoltura potrà tornare liberamente nel primo seno di Mar Piccolo solo a disinquinamento compiuto. Progetto, questo, previsto dalle priorità della legge 171 del 2012 – bonifica dell’area di Taranto – ma ancora lontano dalla cantierizzazione. L’Arpa Puglia, infatti, deve ultimare lo studio sulle dinamiche delle correnti, utile a capire se la modalità di intervento più idonea sia il dragaggio o la copertura degli inquinanti che sono depositati sui fondali.
Il Sole 24 Ore – 22 agosto 2013