La speranza di vita a 65 anni, cioè il tempo che in media resta da vivere una volta superata quella soglia, è stata nel 2016 di 20,7 anni. Rispetto al 2013 l’aumento è di cinque mesi. Lo rileva l’Istat nella pubblicazione sulla mortalità della popolazione residente in Italia. Nel 2016 sono stati registrati oltre 615 mila decessi tra i cittadini residenti, 32 mila in meno del 2015 (-5%). In rapporto al numero di residenti, nel 2016 sono deceduti 10,1 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2015. Il dato è importante perché proprio alla speranza di vita a 65 anni è legata, per legge, l’età in cui diventa possibile andare in pensione. Su questa base il ministro Poletti deve emanare il decreto sull’adeguamento automatico dell’età pensionabile, destinata a salire dagli 66,7 anni a 67 anni nel 2019. La decisione finale del governo attesa entro la fine dell’anno
A 65 anni l’aspettativa di vita arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti in Italia, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013. Lo ha rilevato l’Istat confermando le stime. Quindi sulla base delle regole attuali l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe arrivare a 67 anni nel 2019. Un decreto Lavoro-Economia «certificherà» l’aumento. Per andare in pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (l’ex pensione di anzianità contributiva), invece, dal 2019 saranno necessari 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Al momento per l’uscita anticipata verso la pensione ci vogliono 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
Rispetto al 2015 recuperato circa mezzo anno di vita in più alla nascita
Grazie alle migliorate condizioni di sopravvivenza del 2016 – spiega l’Istat nel report sugli Indicatori di mortalità della popolazione residente (anno 2016) – la speranza di vita alla nascita ha completamente recuperato terreno dai livelli del 2015, marcando persino la distanza da quelli registrati nel 2014, ossia nell’anno precedente l’eccesso di mortalità. Nel 2016 sono stati registrati oltre 615mila decessi tra i cittadini residenti, 32mila in meno rispetto al 2015 (-5%). In rapporto al numero di residenti, nel 2016 sono deceduti 10,1 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2015.
Speranza di vita alla nascita si attesta a 82,8 anni
Per il totale dei residenti in Italia la speranza di vita alla nascita si attesta a 82,8 anni (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e nei confronti del 2013 risulta essersi allungata di oltre sette mesi. Più nel dettaglio, la speranza di vita alla nascita risulta come di consueto più elevata per le donne – 85 anni – ma il vantaggio nei confronti degli uomini – 80,6 anni – si limita a 4,5 anni di vita in più.
Abbattuta di 7 volte la possibilità di morte dei neonati
Rispetto a 40 anni fa la probabilità di morire nel primo anno di vita si è abbattuta di oltre sette volte, mentre quella di morire a 65 anni di età si è più che dimezzata. Un neonato del 1976 aveva una probabilità del 90% di essere ancora in vita all’età di 50 anni, se maschio, e a quella di 59 anni, se femmina. Quaranta anni più tardi, un neonato del 2016 può confidare di sopravvivere con un 90% di possibilità fino all’età di 64 anni, se maschio, e fino a quella di 70, se femmina.
Perché aumenta il tasso di mortalità
Un primo segnale dell’aumento degli indici di mortalità si è avuto agli inizi degli anni ’90 ma negli ultimi dieci anni l’evoluzione della curva dei decessi va assumendo una crescita accelerata. «Il fenomeno – assicura l’Istat – è del tutto atteso in un contesto come quello italiano, analogamente a quanto accade in altri Paesi avanzati, e non deve destare allarme. Le persone tendono a vivere più a lungo, ingrossando nel tempo le fila della popolazione in età anziana, la più esposta ai rischi di morte». Fattori di natura congiunturale, come quelli collegati al contesto ambientale o climatico, oppure variazioni del livello di esercizio della prevenzione, possono far deviare, da un anno all’altro, l’andamento della mortalità dalla sua tendenza di fondo. Nel 2013 e nel 2014, ad esempio, furono riscontrate importanti riduzioni di mortalità sul rispettivo anno precedente (precisamente, -2% sul 2012 e -0,4% sul 2013). Al punto che il forte aumento di mortalità che si registrò nel 2015 (+8,2%) è parzialmente giustificato dal recupero delle diminuzioni registrate nel biennio 2013-2014. La nuova contrazione di mortalità del 2016 è a sua volta, almeno in parte, la risposta proporzionata all’aumento avuto nel 2015.
Il meccanismo di calcolo
Per adeguare l’età della pensione all’andamento demografico una legge del 2011 stabilisce che vanno usate come riferimento le variazioni della speranza di vita nell’ultimo triennio. Nel 2015 la speranza di vita a 65 anni aveva fatto registrare una flessione. Ma, sempre secondo la legge, il confronto va fatto tra l’inizio e la fine del periodo analizzato. Ed è proprio questo il lavoro che ha fatto l’Istat, confermando le stime già presentate in passato. Rispetto alla fine del 2013 la speranza di vita a 65 anni è cresciuta di cinque mesi. E quindi dovrebbe salire di cinque mesi anche l’età della pensione, arrivando a 67 anni nel 2019 sia per gli uomini sia per le donne. Salvo sorprese, che con le elezioni in arrivo sono sempre possibili.
Più anni di contributi per la pensione anticipata
Per andare in pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia dal 2019 saranno necessari 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. È un altro effetto dei nuovi dati sulla speranza di vita pubblicati dall’Istat. Anche in questo caso l’aumento sarebbe di cinque mesi: al momento per l’uscita anticipata ci vogliono 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
IL REPORT INPS – INDICATORI DI MORTALITA’ DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE – Anno 2016
«Rinviare la decisione» Ma il Mef va avanti
Un atto amministrativo espressamente previsto dal meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, introdotto nel 2009 dall’allora Governo di Centro-destra e poi rivisto nel corso degli anni anche attraverso il decreto “Salva Italia” varato dal Governo Monti sulla base delle indicazioni del ministro Elsa Fornero. L’aggiornamento scatta ogni tre anni (ogni 2 dal 2019) e può essere effettuato solo al rialzo sulla base dei dati forniti dall’Istat. Il necessario decreto direttoriale deve vedere la luce al più tardi 12 mesi prima del momento in cui deve scattare l’adeguamento dell’età pensionabile. Un passaggio tutt’altro che trascurabile, perché se i direttori generali del Mef (Rgs compresa) e del Lavoro non firmassero il provvedimento in tempo utile rischierebbero di finire sotto la lente eventualmente anche con l’accusa di danno erariale. E proprio questo è uno dei motivi per cui nei due dicasteri un rinvio della decisione amministrativa viene considerato improbabile. Del resto lo stesso premier Paolo Gentiloni, dopo il ministro Padoan, ha detto che la legge va applicata.
Ma con tutta probabilità il decreto ministeriale non sarà varato con troppa fretta e quasi sicuramente non nei prossimi giorni. D’altra parte i due ministeri hanno a disposizione ancora più di due mesi: il provvedimento dovrà essere messo nero su bianco entro la fine dell’anno visto che lo scatto a 67 anni dell’età diventerà operativo dal 2019. E proprio questo arco di tempo che è destinato ad essere utilizzato per trovare in Parlamento una possibile soluzione per il rinvio della decisione. Non a caso il ministro Giuliano Poletti continua a non chiudere la porta affermando che «i tempi per il Parlamento o per le forze politiche che vogliono intervenire su questo versante ci sono».
La via d’uscita però difficilmente potrà essere rappresentata da una norma di legge perché in questo caso ci sarebbe una ricaduta sull’impianto contabile della manovra che sul versante previdenziale (come evidenziato recentemente dalla Nota di aggiornamento del Def) tiene conto del meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile. Servirebbe un escamotage di tipo amministrativo magari associabile a una misura. Ma il percorso in questo caso appare impervio, ancor più se da tracciare giocando di sponda con il Ddl di bilancio. Già dopo il passaggio della manovra al Senato il quadro sarà più chiaro sull’opzione “rinvio” della decisione amministrativa. (Marco Rogari)
Il Sole 24 Ore – 24-25 ottobre 2017