Repubblica. Nel novembre 2019 tre ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan si ammalarono e finirono in ospedale con sintomi “compatibili col Covid-19 ma anche con l’influenza stagionale”. Lo dice un rapporto dell’intelligence americana a lungo “top secret” (salvo alcune anticipazioni fatte dall’amministrazione Trump), i cui particolari sono stati svelati ieri dal Wall Street Journal. Meno di un mese dopo, l’8 dicembre, Pechino confermò il primo caso di Covid, indicando come paziente zero un anziano malato di Alzheimer.
E pazienza se il report degli 007 non rivela se fra i due eventi c’è un nesso: conferma la malattia dei tre studiosi, sì, ma non ne chiarisce le origini. Tanto basta però a rispolverare la vecchia ipotesi — accantonata come teoria del complotto — che a scatenare la pandemia capace di contagiare 168 milioni di persone nel mondo, uccidendone tre milioni e mezzo, sia stato un virus scappato dal laboratorio di Wuhan, come a lungo sostenuto da Trump. Anche per questo, 18 eminenti studiosi hanno firmato una lettera pubblicata sulla rivista Science dove chiedono all’Organizzazione Mondiale della Sanità, la cui 74esima assemblea ha inaugurato i lavori ieri, di far luce: «Indagare meglio e approfonditamente le origini del Covid». Scoprirne le origini, scrivono «è essenziale ». Non tanto per motivi politici, ma per stabilire «prevenzione e protocolli futuri». Il virus potrebbe essere uscito dal laboratorio «in maniera involontaria» magari attraverso la malattia dei ricercatori, dice al sito d’informazione Politico il microbiologo di Stanford David Relman, fra i firmatari: «Maneggiare maldestramente un virus capita più spesso di quanto immaginate». Pure il noto immunologo Anthony Fauci, capo dell’Istituto per la prevenzione delle malattie infettive, sostiene la necessità di un’indagine approfondita: «Dobbiamo sapere cosa è successo in Cina». Pressioni che arrivano in coincidenza con l’assemblea dell’Oms, dove in agenda c’è l’eventualità di aprire una nuova inchiesta sul virus (cui quasi certamente la Cina opporrà il veto). Insieme all’ipotesi di un trattato atto a garantire più trasparenza a livello internazionale in vista di nuove pandemie.
In realtà l’Organizzazione già un anno fa aveva avviato un’inchiesta in tal senso. Un lavoro svolto in 4 settimane in collaborazione con gli scienziati cinesi, approdato a conclusioni vaghe, pur se contenute in un rapporto lungo 313 pagine, pubblicato nel marzo 2021. «È probabile che il virus sia stato trasmesso da animale a uomo», scrivevano gli esperti. Ripromettendosi di indagare sul se e come «possa essere stato contenuto in alimenti congelati». Bollando come «estremamente improbabile » la possibilità del virus nato in laboratorio «e scappato da lì». Un’inchiesta del Wsj ha però svelato i tanti limiti imposti dalle autorità cinesi allo studio, notando come ai ricercatori non siano stati forniti dati grezzi, registri di sicurezza, accesso alla banca del sangue e altri documenti sulle ricerche dei coronavirus nei pipistrelli. E tanto meno informazioni sui coronavirus identificati addirittura nel 2012 dagli scienziati di Wuhan, dopo che nell’aprile di quell’anno un misterioso morbo aveva contagiato sei minatori cinesi entrati in contatto con guano di pipistrello uccidendone tre. Diversi campioni vennero prelevati in quel luogo, oggi piantonato dalle autorità.
Pechino nega. «Gli americani vogliono scoprire l’origine del virus o distogliere l’attenzione?», accusa Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri, rilanciando la teoria di un virus nato in laboratorio, sì, ma a Fort Detrick in Maryland (e portato in Cina durante i giochi olimpici militari secondo una teoria ampiamente confutata). L a possibilità di scoprire le origini del Covid sembra ancora lontana.