È un pensiero insopportabile: mentre quasi 900 milioni di persone soffrono o muoiono letteralmente di fame, ogni anno sul pianeta si spreca cibo per mille miliardi di dollari. Una cifra vertiginosa, che sale a 2.600 miliardi se si considerano i costi “nascosti” legati all’acqua e all’impatto ambientale. Solo in Italia lo spreco di cibo domestico, dalla dispensa di casa al frigorifero, dai fornelli al bidone della spazzatura, vale complessivamente 8,4 miliardi di euro all’anno, ovvero 6,7 euro settimanali a famiglia per 650 grammi circa di cibo sprecato, come illustra il Rapporto Waste Watcher.
Una montagna di ottimo cibo e di risorse naturali sprecate, montagne e montagne di rifiuti da dover lavorare: sempre per l’Italia lo spreco genera 30 milioni di tonnellate di immondizia. Oggi 5 febbraio si celebra la terza Giornata nazionale di prevenzione dello spreco; ieri a Roma l’associazione Last Minute Market ha presentato una nuova campagna europea: «Spreco zero. Un anno contro lo spreco». Obiettivo: sensibilizzare e modificare la cultura dei consumatori, e far cambiare i comportamenti delle imprese che producono e distribuiscono. Portando gli imballaggi in prima linea nella lotta alla dispersione degli alimenti.
UN PROBLEMA “FIGLIO” DELLA GLOBALIZZAZIONE
Chiaramente è un problema sia culturale che “industriale”. Se fino a quarant’anni fa in buona parte del Paese l’obiettivo era mettere un piatto a tavola ogni giorno, la globalizzazione ha portato a un aumento generale dei livelli di benessere e l’offerta – anche di alimenti – è aumentata: in numero e varietà. Così sempre più spesso ci si ritrova ad accumulare scorte che non sono eterne e che diventa difficile smaltire, per chi consuma almeno un pasto al giorno fuori casa. Da qui l’esigenza di potenziare il settore del packaging, ancora in fase di sviluppo con un duplice intento: favorire la conservazione degli alimenti e ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente. Presentata a Roma in occasione della manifestazione «Alimentare la salute» promossa dalla Fondazione Enpam, la campagna Spreco zero 2016 si focalizza sulla conservazione del cibo come misura essenziale di prevenzione, tema dell’ultima indagine dell’Osservatorio nazionale Waste Watcher (Last Minute Market/Swg), promossa con l’Istituto Italiano Imballaggio.
LO SPRECO DOMESTICO REALE SUPERA DEL 50% QUELLO DICHIARATO
«Studiare meglio le cause e i comportamenti dei consumatori è il primo passo per garantire policies adeguate di prevenzione dello spreco – spiega il fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè, che è anche direttore del dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell’università di Bologna – Per questo la campagna Spreco Zero andrà quest’anno alla radice dello spreco domestico, che incide in misura rilevante sul fenomeno fino allo 0,5% del Pil italiano». Il 2016, incrociato al nuovo progetto Reduce, sarà l’anno del monitoraggio dei “Diari di famiglia”: rilevazioni scrupolosamente annotate da famiglie campione, che indicheranno con precisione la misura quali-quantitativa dello spreco a ogni pasto e spiegheranno come il cibo gettato viene di volta in volta smaltito. Un’indagine che avrà la validazione scientifica dell’Università di Bologna – Distal e che, sulla base dei primi pilote test avviati nel 2015, permette già di affermare che lo spreco di cibo domestico reale è circa il 50% superiore a quello percepito e dichiarato nei sondaggi. Ne deriva che gli italiani, a livello domestico, sprecano effettivamente circa 13 miliardi di euro ogni anno.
GLI ITALIANI? FANNO LA SPESA ALL’IPER E COMPRANO POCHI CIBI FRESCHI
Oggi quasi nove consumatori italiani su dieci predilige fare la spesa nei grandi ipermercati, a scapito delle piccole botteghe, dei mercati rionali e delle salumerie (solo il 9%). Si comprano soprattutto alimenti a lunga conservazione, sebbene una piccola correzione della rotta emerga dall’ultima indagine condotta dall’osservatorio guidato da Andrea Segrè, convinto sostenitore della tesi per cui «per garantire scelte adeguate di prevenzione dello spreco, occorre conoscere a fondo i comportamenti, e le relative cause, dei consumatori». Meno di un italiano su tre, infatti, fa la spesa una volta a settimana (27%). Cresce invece la quota di chi si reca al supermercato con maggiore frequenza per comprare quantità ridotte di cibo e garantirsi la freschezza degli stessi e ridurre gli sprechi.
Secondo l’inchiesta Waste Watcher 2016, l’85% dei consumatori è consapevole dell’importanza dell’imballaggio rispetto alla conservazione o deperibilità del prodotto, per il 64% il packaging è addirittura “indispensabile” e il 93% dichiara di scegliere il pack sulla base della sua funzionalità, oppure della possibilità di riutilizzo (90%). Ma c’è di più: il 56% dei consumatori (più di un italiano su 2) ha dichiarato di essere disposto a «pagare qualcosa di più per avere imballaggi che aumentino la probabilità di utilizzo del prodotto, riducendone di conseguenza lo spreco. Le confezioni si preferiscono piccole (64%) per prevenire lo spreco che infatti colpisce in prevalenza le confezioni grandi aperte da tempo (62%). È plebiscitaria l’attenzione alla data di scadenza nelle etichette (91%), per le quali si richiedono informazioni chiare e dettagliate (ingredienti, provenienza, tracciabilità).
Repubblica – Roberto Giovannini – 5 febbraio 2016