Semaforo rosso sulle etichette, la protesta dei produttori: ci danneggiano Il latte no. La Diet Coke sì. Semaforo rosso per olio, burro e parmigiano. Verde per i pop-corn. Il governo britannico si siede a capotavola, rinuncia al liberismo integrale predicato dal premier David Cameron e suggerisce che cosa sia meglio mangiare e cosa no.
Da qualche anno gli esperti della sanità inglese elaborano statistiche preoccupanti. La Gran Bretagna sta diventando un Paese di obesi: un cittadino su quattro è sovrappeso. Un fenomeno sociale allarmante e costoso per le casse dello Stato: cinque miliardi di sterline all’anno per curare le malattie legate a disturbi alimentari.
Ecco allora la contromossa del governo: un semaforo da applicare sulle etichette per orientare i consumatori. Tre parametri fissati sulla base del contenuto di grassi per ogni 100 grammi di prodotto. Rosso, quindi da evitare, se la materia grassa è superiore a 17,5 grammi; giallo, cioè moderato, da 3 a 17,5 grammi; verde, via libera, fino a 3 grammi. La direttiva non costituisce obbligo di legge, ma è già stata adottata dalla maggior parte dei supermercati di Londra e delle altre città del Regno Unito.
Non si conoscono ancora i risultati sulla salute dei cittadini. Secondo i sondaggi le indicazioni del semaforo sarebbero seguite dal 41% delle donne e dal 30% degli uomini. La luce rossa blocca l’eccellenza della produzione mediterranea, in particolare italiana, francese, spagnola e portoghese. I consumatori britannici, secondo i criteri di Cameron, dovrebbero rinunciare all’olio di oliva in tutte le sue varianti, compresi gli extravergine dop. Oppure al Parmigiano reggiano, alla mozzarella, al prosciutto cotto o crudo, ai tortellini, ai sughi pronti. Per non parlare di panettone, pandoro, torroni e via dicendo. Stop anche ai formaggi francesi, al Roquefort, o al prosciutto spagnolo, jamon iberico «pata negra» o jamon serrano.
La Federalimentari, l’associazione di settore affiliata a Confindustria, ha stilato la lista dei danni a cui è esposto il «made in Italy». Nel complesso il mercato inglese è il quarto sbocco per importanza delle esportazioni alimentari italiane. Nel 2012 ha sommato ricavi per due miliardi e 250 milioni di euro. Ebbene il semaforo inglese, stimano gli industriali, può costare una perdita di 632,4 milioni, cioè quasi il 30 per cento del totale.
Alcune voci nel dettaglio delle perdite potenziali: 204 milioni per la mancata vendita di dolci; 127 milioni per le carni confezionate; 187 milioni per i formaggi e altri derivati dal latte; 68 milioni per l’olio di oliva.
Stime realistiche? Per ora manca la verifica dei fatti. Ma, inevitabilmente, con queste cifre sul tavolo, quella che poteva restare una disputa tra dietologi si è subito trasformata in nuovo scontro sull’agroalimentare all’interno dell’Unione europea. Il ministro italiano per le politiche agricole, Nunzia De Girolamo, prepara l’offensiva politica contro il governo britannico: «Porterò questo tema nel Consiglio dei ministri dell’Agricoltura in programma lunedì 16 dicembre a Bruxelles. Io sono favorevole alla trasparenza delle etichette, ma le indicazioni di questo sistema con il semaforo sono chiaramente fuorvianti per i consumatori e compromettono il lavoro di qualità delle nostre e di altre filiere agroalimentari. C’è già un largo schieramento di Paesi su questa posizione e mi auguro che l’Unione riconosca la necessità di difendere le produzioni di qualità».
Sarebbe, però, un errore mettere sul conto di Cameron l’accusa di protezionismo. Per un motivo molto semplice: lo stop ai cibi grassi colpisce in prima battuta proprio gli allevatori britannici. Il bollino rosso sconfessa secoli di breakfast all’inglese: latte, uova, bacon. Tutto da cancellare? Sulla stampa e sui siti di informazione britannici i sentimenti di protesta si mescolano con le analisi scientifiche. A nessun britannico può piacere un meccanismo che boccia il tè al latte, ma promuove la Coca-Cola senza zucchero.
Le scelte alimentari dovrebbero essere una questione di misura, di bilanciamento. E, in ogni caso, appare davvero acrobatico negare le proprietà nutrizionali di una scaglia di parmigiano o di un filo d’olio d’oliva. L’interventismo del governo britannico, invece, spazza via ogni distinzione e per una volta, mette d’accordo le industrie e i più severi salutisti: tutti contro il semaforo.
Giuseppe Sarcina – Corriere della Sera – 12 dicembre 2013