Il Trentino ritiene di ospitare troppi orsi e il presidente della Provincia autonoma, Ugo Rossi, è deciso a ridurne il numero di un terzo. Come? Escluso il brutale ricorso all’abbattimento, invocato da alcuni ma scongiurato dalla sollevazione generale degli amici dei plantigradi, la strada indicata dall’amministratore è quella del trasferimento di una quota di ursidi in Veneto e più precisamente nelle limitrofe montagne bellunesi.
Rossi ne parlerà con il ministro dell’Ambiente, Galletti, ma dalla Regione Veneto si profila già una sostanziale bocciatura dell’ipotesi. «Come hanno osservato giustamente gli amicii bellunesi, la natura deve fare il suo corso, non è possibile sradicare l’orso, oppure il lupo, dall’habitat preferito e trasferirlo altrove come fosse un soprammobile, perché è probabile che in breve tempo tornerebbe al luogo di provenienza», commenta Daniele Stival, l’assessore alla caccia del Veneto «l’orso non è un animale stanziale, è intelligente, reattivo, si muove continuamente, basti pensare che da un mese stiamo cercando di catturare i nostri per munirli di radiocollare eppure continuano a sfuggirci. Inoltre, il nostro territorio è fortemente antropizzato e soggetto a intensi flussi turistici, circostanze che sconsigliano un incremento pilotato di animali selvatici potenzialmente, e a volte effettivamente, aggressivi». Il Trentino, paradossalmente, sconta il pieno successo dell’operazione di ripopolamento «Ursus Life» che ha avviato nove anni fa: dai 9 orsi liberati sono nati complessivamente 77 orsacchiotti, non tutti arrivati all’età adulta, che hanno elevato ad una cinquantina di capi la popolazione attuale; a complicare la situazione – spiegano gli esperti – è lo scarso spazio disponibile che provoca la sovrapposizione di maschi in età matura; secondo il censimento 2013 a contendersi le 13 femmine (quattro delle quali con cucciolate di un anno e quindi non fertili) sono stati 10 maschi sopra i cinque anni. Tant’è che è stato osservato un numero di piccoli dell’anno minore rispetto a quelli registrati in primavera; una mortalità infantile riconducibile ad uccisioni degli orsetti da parte di maschi adulti nell’intento di far ritornare in calore le femmine. Morale della favola: occorre allargare l’area stanziale degli orsi. E il Veneto? «Qui non ci sono ragioni d’allarme», fa sapere Stival, abbiamo 5-6 esemplari in tutto, e contiamo di monitorarli in modo costante. Qualche problema nasce dalle razzie che compiono per nutrirsi, gli allevatori protestano e noi siamo loro vicini, risarcendoli per intero e aggiungendo un 10% di risorse per i danni collaterali provocati da stress e paura di bovini e ovocaprini. Abbiamo già stanziato 25 mila euro per coprire i danni causati dagli orsi e altrettanto per quelli dei lupi, peraltro molto modesti». Orsi e lupi suscitano grande simpatia: «È vero, però io inviterei chi bandisce le crociate in loro difesa ad apprezzare ogni aspetto della montagna, a cominciare da quanti ci faticano tutti i giorni e contribuiscono a mantenerla viva. Viceversa, siamo all’ecologismo da salotto». Certo non frequentano i salotti gli animalisti «irriducibili» che ieri a Trento hanno fatto irruzione nell’ufficio dell’assessore provinciale all’Ambiente e vi hanno appeso uno striscione con la scritta «Daniza libera»; l’allusione è all’ordinanza di cattura emessa nei confronti dell’orsa responsabile dell’aggressione di un cercatore di funghi. In serata la polizia li ha fatti sgombrare e otto di loro saranno denunciati, tuttavia, secondo un sondaggio del sito di lingua tedesca stol.it, il 70% di trentini e altoatesini condivide la petizione pro-Daniza.
Zaia: “Ricorrere alla violenza è impensabile. Gli allevatori hanno ragione, ma va favorita la convivenza”
Un animale evocativo, capace di risvegliare memorie, suggestioni e paure ancestrali: l’orso che ricompare appassiona, divide, fa discutere. E accanto all’ondata prevalente di simpatia, suscita la reazione ostile di cacciatori e allevatori, autori di lettere di insulti e mail minacciose al governatore Luca Zaia, reo di opporsi all’abbattimento degli esemplari che si aggirano sulle montagne venete. Perché difende gli orsi? «La questione non va banalizzata né piegata a sensibilità personali. Io non vado a caccia per scelta, ma cacciare è consentito dalla legge ed io rispetto questo diritto. Non sventolo la bandiera animalista alla ricerca di facili consensi, mantengo la linea che ho adottato tre anni fa, quando sembrava che i cervi nella foresta del Cansiglio costituissero una calamità e da più parti volevano sterminarli. Io dissi no». Di quei cervi non parla più nessuno… «Appunto. E allora, tornando agli orsi, io faccio un discorso pragmatico. La nostra regione è la prima in Italia per presenze e fatturato turistico, ha bellezze naturali uniche e un ventaglio di produzioni doc invidiabile, a cominciare da Asiago e dalla Lessinia, i luoghi dell’orso appunto. Allora mi chiedo: se il Veneto, che ha il suo tesoro nel binomio ambiente-accoglienza, scegliesse di uccidere un gruppetto di orsi sparso su due catene montuose, quale messaggio invierebbe all’opinione pubblica? Quale immagine di sè? Non stiamo parlando di un’invasione di animali feroci ma di cinque, sei esemplari in tutto compresi i cuccioli. Ricorrere alla violenza è impensabile». Gli allevatori danneggiati, però, chiedono tutela. «E hanno perfettamente ragione, perché chi lavora in montagna la mantiene viva ed ha tutto il diritto di lavorare in sicurezza. Non abbiamo ignorato il problema: garantiamo il risarcimento completo dei danni subìti e offriamo anche gli strumenti di protezione. Ciò va nella stessa logica del rifiuto all’abbattimento: tutelare l’ecosistema, favorire la convivenza di uomo e natura». Tempo fa, l’orso Franz aveva trovato rifugio in Veneto, poi, varcato il confine austriaco, l’hanno impallinato. «Già, e non vorrei che accadesse di nuovo». Si aspettava insulti e intimidazioni da chi dissente? «Francamente no, ma ciò significa che stiamo procedendo sulla strada giusta»
Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 23 agosto 2014