Piano sanità: pronti soccorsi ed emergenze ovunque, eccellenze solo in alcuni centri. «Nessun allarmismo: l’ospedale di Montebelluna non chiuderà mai», promessa di Luca Zaia.
Al massimo, sarà eliminato qualche “doppione”, qualche reparto che c’è anche a Castelfranco, per permettere a ogni centro di specializzarsi in determinati settori di eccellenza. «Non posso anticipare nulla: le schede ospedaliere saranno presentate nei primi giorni di giugno», e lì sapremo se a Montebelluna la Regione avrà deciso di salvare Chirurgia, Radiologia e Ostetricia. E anche l’assessore alla Sanità, Remo Sernagiotto, per il futuro ipotizza tanti ospedali di territorio accanto a pochi centri di eccellenza: «Questi non si chiamano tagli. Chi vince deve fare De Gasperi, non Andreotti», intendendo scelte impopolari per il bene del Paese. Ma avere centri specializzati, anziché ospedali che fanno di tutto un po’, secondo Zaia è un vantaggio soprattutto per il paziente: «Se continuiamo con il modello di fare di tutto un po’, finisce che curiamo male i cittadini». Un esempio? «Se si pretende di avere il trapianto di cuore vicino a casa, si sbaglia: dobbiamo puntare ai centri di eccellenza, ma questo non vuol dire depotenziare i nostri ospedali, anzi. Di base dobbiamo garantire l’accesso generalista, poi investiremo sulle specificità di ognuno». Zaia cita ad esempio Vittorio Veneto, centro di eccellenza per l’otorinolaringoiatria: «Deve diventare un faro nazionale nel settore. Facendo economie di scala tra i centri, cerchiamo di specializzarli tutti». La filosofia del nuovo piano sanitario si fonderà su una certezza: «Garantire a tutti il servizio di emergenza-urgenza». Il governatore ricorda che nella Marca, al contrario di quanto avviene in altre realtà del Veneto, tutti i cittadini sono vicini al pronto soccorso e ai presidi d’emergenza. E sogna per il futuro «ospedali senza letti», con servizi all’avanguardia di day-hospital e day-surgery: «In Veneto l’ospedalizzazione media è di sette giorni, al Sud di trenta». Zaia guarda anche al 2016, quando il progetto di mobilità europea permetterà ai pazienti veneti di curarsi nei centri d’eccellenza di tutta Europa a spese della loro Usl. «Noi abbiamo una grande sanità» spiega l’assessore Sernagiotto «ma deve adeguarsi a queste nuove norme europee. Per questo servono centri d’eccellenza». Anziché tante realtà sparse sul territorio, magari mediocri, meglio pochi centri forti in grado di attrarre anche pazienti dall’estero. Sernagiotto cita il reparto del dottor Claudio Zorzi dell’ospedale di Verona, dove accorrono da tutta la Regione per farsi operare al ginocchio. Ma non sarà complicato, per un anziano di Montebelluna, andare a curarsi lontano da casa, per quanto spesato dalla sua Usl? «Il futuro degli anziani sono le case di riposo, che diventeranno delle grandi geriatrie e saranno diffuse ovunque, così come i pronto soccorsi. Montebelluna non chiuderà mai, e in ogni caso con il nostro piano dobbiamo rispondere alla comunità, non solo all’anziano». Nessun rischio che si ripeta quanto accaduto con Pieve di Soligo, Valdobbiadene e Asolo, dove l’ospedale è stato chiuso e oggi restano solo alcuni ambulatori. Secondo Sernagiotto, una razionalizzazione dovuta: «Per fortuna questi ospedali li abbiamo chiusi trent’anni fa. Sarebbero strutture pericolose, oggi: uno starebbe meglio fuori che dentro, erano un costo che non dava risposte sanitarie. E le comunità sono tutte felici». Con buona pace dei 42 mila cittadini e otto sindaci del Quartier del Piave, che a suon di firme hanno dichiarato che l’ospedale se lo riprenderebbero volentieri.
La Tribuna di Treviso – 9 maggio 2013