Tutto da rifare per il nuovo ospedale della città del Santo, ma l’Università non ci sta: «A questo punto decida la Regione da sola, ha tutti i poteri per farlo, anche quello di agire senza il benestare del Comune. Non possiamo più perdere tempo». Svanita l’ipotesi di Padova ovest, per «l’indisponibilità del Comune a concedere l’area», decadono infatti sia il relativo project financing da 650 milioni per un polo da mille letti sottoscritto con «Finanza e Progetti spa» (che ha presentato ricorso al Tar, quantificando fino a 22.394.254 euro i danni da chiedere a Regione, Comune, Università e Azienda ospedaliera), sia la possibilità di mantenere in piedi l’intera procedura.
E quindi, per rivedere l’operazione, «si dovrà necessariamente avviare un nuovo processo, che dovrebbe ripartire da zero, con uno studio di fattibilità». Non è possibile nessuna negoziazione: tre anni di lavoro e l’Accordo di programma firmato il 2 luglio 2013 dagli enti coinvolti vanno a farsi benedire.
L’hanno ribadito il governatore Luca Zaia e l’avvocato della Regione Federico Sutti ieri a Venezia, al Comitato di coordinamento riunito per valutare la seconda proposta avanzata dal sindaco Massimo Bitonci (che ha appunto rifiutato Padova ovest), dopo quella di rifare l’ospedale nell’attuale sede di via Giustiniani. Già bocciata in passato dai tecnici di Palazzo Balbi. Ora alle prese con l’ipotesi via Corrado, indicata dal sindaco come zona più grande (175 mila metri quadri invece di 97 mila) ma, come ricordato dal presidente della Provincia di Padova Enoch Soranzo, segnalata nel Pat come area rossa. «La realizzazione di un ospedale in un’area rossa non può passare senza i dovuti approfondimenti — ha detto Soranzo, che ha rilanciato l’opzione di costruire il polo in Comuni limitrofi —. Lo dico da sindaco alluvionato (di Selvazzano, ndr), noi portiamo ancora le cicatrici. Però il tema principale è che si debba riniziare daccapo il percorso: credo che il padovano ne esca sconfitto, si aspettava una risposta su ciò che presto si farà e non su quello che si deve ricominciare». «Per noi la partita di Padova ovest è chiusa con la dichiarazione di non pubblico interesse», ha ribadito Zaia. E agli altri enti (Istituto oncologico veneto, Comune, Provincia, Azienda ospedaliera e Università di Padova) ha chiesto di nominare oggi ciascuno un proprio tecnico, da inserire in un’ennesima commissione che avrà 15 giorni di tempo per pronunciarsi sul «piano via Corrado».
L’ipotesi verrà comparata ai progetti già scartati, ovvero Padova ovest, il «nuovo su vecchio» in via Giustiniani, l’area areoporto, la zona Brusegana e il quartiere Guizza. Se si arriverà all’unanimità bene, sennò verrà lanciato un bando per trovare altre zone ancora. «E’ la tela di Penelope — sospira il rettore Giuseppe Zaccaria —. Ora basta, da giurista dico: primo la Regione ha i poteri giuridici per costruire un ospedale come e dove vuole, passando anche sopra il Comune; secondo, l’Ateneo continua a considerarsi vincolato dall’accordo di programma del 2 luglio 2013, che implica per i sottoscrittori diritti e doveri. A tutt’oggi non è intervenuta alcuna delibera formale di revoca da parte del Comune di Padova, che non ha prodotto tale documento nemmeno per ufficializzare la proposta di via Corrado. Resta dunque un’idea del sindaco che noi, dopo approfondita analisi, non possiamo approvare perchè: ha una superficie del tutto insufficiente ad ospitare un plesso da 200 metri quadri a letto, è attraversata da acquedotto e metanodotto, è zona di interesse archeologico e sottoposta a vincoli paesaggistici e forestali. E poi mancano spazi per la didattica e la ricerca, oltre alla piastra per l’elisoccorso, indispensabili a un hub di vocazione nazionale. Insomma, la strada migliore — chiude Zaccaria — anche per i tempi di realizzazione, resta l’applicazione dell’Accordo di programma per Padova ovest. Siamo però disposti a vagliare altre idee».
«Via Corrado resta la soluzione migliore per tenere uniti policlinico, Sant’Antonio, Iov e laboratori universitari — insiste Bitonci —. E’ di proprietà di Comune e Ateneo, quindi il costo degli espropri sarà minimo, e a nord e a sud ci sono sistemi che rendono sicura l’area, edificabile ed espandibile fino a 250 mila metri quadri».
L’ira dei medici: «Manfrina che indigna» Ferrara: «Ora il governatore dimostri che non è d’accordo col sindaco»
PADOVA Su due concetti l’Università è irremovibile: malati, personale sanitario e studenti hanno bisogno di un «policlinico completamente nuovo, dal punto di vista edilizio e in termini di dotazione tecnologica», e ne hanno bisogno in fretta. «La situazione attuale non è più sostenibile — sostiene il professor Santo Davide Ferrara, direttore della Scuola di Medicina — l’auspicio è che il presidente Luca Zaia prenda una decisione che spazzi via il sospetto dei suoi detrattori in merito a un possibile accordo tra lui e il sindaco Bitonci finalizzato a prendere tempo fino alle elezioni regionali della prossima primavera. Il governatore dimostri di voler davvero proseguire nel progetto di dare a Padova l’ospedale che merita. In queste condizioni non siamo più in grado di garantire l’assistenza, temiamo il moltiplicarsi di casi di malasanità».
Sbotta il professor Angelo Gatta, direttore del Dipartimento di Medicina: «Ma ditelo alla gente come siamo messi, ditelo che se un paziente viene ricoverato al Pronto soccorso, per poter ottenere una consulenza in altri reparti deve aspettare di esserci portato con l’ambulanza. Dite ai cittadini, e sicuramente non lo sanno, che in certi padiglioni non è possibile fare una radiografia al letto del malato. E’ giusto continuare all’infinito questa manfrina di un passo avanti e tre indietro con la gente che sta male?».
Una posizione forte, abbracciata anche dal professor Donato Nitti, primario della Clinica Chirurgica II: «Siamo di fronte a problemi politici, che si possono risolvere solo dentro la Lega. Si è data una risposta agli ospedali di tutto il Veneto tranne, guarda caso, a quello di Padova: si vuole forse che la nostra città perda la leadership in sanità? Ma allora significa azzerare 700 anni di storia e un’eccellenza internazionale: all’estero siamo conosciuti per l’ospedale di Padova, non per quello di Castelfranco». «E infatti la sanità è una delle più grandi industrie da sfruttare — gli fa eco il professor Giorgio Perilongo, primario della Clinica Pediatrica, una delle più in sofferenza in tema di spazi — ritardare ancora la realizzazione della cittadella della salute del futuro significa ritardare lo sviluppo anche economico. E non solo della città. Siamo in grave disagio tutti: malati, medici, personale, parenti e studenti». Il rettore Giuseppe Zaccaria sottolinea infatti che in nessuna delle versioni del nuovo ospedale finora esaminate dalla Regione(Padova ovest, nuovo su vecchio e ora via Corrado), compare il campus universitario. «Ma non puoi concepire una struttura di ultima generazione senza poter applicare i successi della ricerca direttamente al letto del malato», chiude Ferrara.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 4 novembre 2014