Il Veneto ha diminuito ancora i ricoveri, arrivando a 684.136 e raggiungendo uno dei tassi di ospedalizzazione più bassi d’Italia: 100 per mille abitanti, contro i 149 di media nazionale. È il risultato della riduzione dei letti ospedalieri (ora sono circa 17mila) e del trasferimento in regime ambulatoriale, in Day-Hospital e Week-Surgery di molti interventi minori. Emerge dal Rapporto annuale sull’attività 2014 reso pubblico ieri dal ministero della Salute, che però smentisce l’altro vanto del nostro territorio: la durata delle degenze.
Dal report risulta che negli ospedali pubblici della regione la degenza media dei pazienti acuti è la più alta del Paese: 8,3 giorni contro i 7,2 di indice italiano. La Calabria è a 6,9, come la Puglia e la Sardegna, mentre la Campania è a 6,8. Nelle strutture private venete scende a 7,5 giorni, contro un parametro nazionale di 5,4: peggio fa solo la Liguria, con 8, mentre la Calabria è a 5,3.
«Il dato è legato alla numerosa presenza di anziani colpiti da più patologie — spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — affollano i nostri ospedali soprattutto nel periodo tipico dell’influenza e nei giorni più caldi dell’anno, quando si disidratano. E’ fisiologico e testimonia la nostra grande attenzione per la terza età». C’è poi da considerare la mobilità attiva, cioè la capacità di attrazione dei malati dal resto d’Italia, superiore a quella passiva, relativa ai veneti che scelgono di curarsi altrove. «Esiste però una terza causa — osserva Claudio Sinigaglia, consigliere regionale del Pd — io so di pazienti rimasti 7-8 giorni in ospedale in attesa di un esame complesso, per esempio alle coronarie. Sono tempi da rivedere, è uno degli obiettivi dei direttori generali».
Il dossier evidenzia un altro indicatore, strettamente correlato: nella nostra regione i ricoveri di un giorno sono solo il 9,5% a fronte del 14% di indice nazionale, e le degenze dai 2 giorni in poi risultano l’85,5%, sopra la media italiana dell’82%. Quelle oltre il valore soglia — varia a seconda delle varie specialità — toccano il 5,2% , quando il valore di riferimento è 3,9%. «Da noi non ci sono ricoveri di 24/48 ore perché li abbiamo sostituiti con l’Osservazione breve intensiva attivata nei Pronto soccorso, che ha la stessa durata però non è rilevata nei report — chiarisce Coletto —. Eppure è un sistema vincente e più economico delle degenze inappropriate di uno o due giorni».
Secondo il ministero è però un altro il punto di forza del Veneto, ovvero una delle più basse percentuali di parti cesarei: il 25,22%, oltre dieci punti sotto la media nazionale di 35,92%. Le dolenti note tornano in materia di infezioni dovute a cure mediche: 12 casi ogni 100mila dimissioni, nettamente sotto i 31 del Piemonte e i 28 della Valle d’Aosta ma sopra gli indici del centro-Sud, compresi tra 2 e 8.
Più alto il numero delle embolie polmonari post chirurgiche (208 casi ogni 100mila dimissioni con una media nazionale di 152), delle infezione post-operatorie (271 a fronte di 224) e dei traumi ostetrici in parto naturale: 3994, sui 2751 di parametro generale. «E’ una realtà che deve far scattare l’allerta, perché può costare molte vite — avverte Sinigaglia — bisogna approfondire e intervenire subito». «E’ vero, è una voce perfettibile — conviene l’assessore alla Sanità — però nel complesso sono soddisfatto del sistema veneto, che resta uno dei migliori d’Italia. Certo, si può sempre fare meglio, ma finora di strada ne abbiamo percorsa molta».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 2 settembre 2015