Si chiama whistleblowing , sembra uno scioglilingua ma è invece il nome di un nuovo strumento per combattere la corruzione e gli illeciti negli enti pubblici italiani. I whistleblower nascono nei Paesi anglosassoni e sono dipendenti che scelgono di rompere il muro di omertà sulle illegalità a cui assistono e denunciano i colleghi al superiore.
In Italia, il whistleblowing è stato regolato solo per gli enti pubblici dalla legge Severino, in vigore dal 2013, che ha previsto come la «vedetta civica» non possa essere sanzionata, sottoposta a misure discriminatorie o licenziata. La segnalazione avviene in via informatica anonima e le amministrazioni sono libere di utilizzare i sistemi che ritengono migliori.
Non c’è una lista degli enti che l’hanno adottato ma l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sta svolgendo un censimento a campione su 1.900 soggetti pubblici. La stessa Anac, l’Agenzia delle entrate, il consiglio regionale delle Marche, l’Azienda sanitaria provinciale di Palermo e alcune Asl (Roma B, Cuneo 1) hanno istituito un’email dedicata. Altri enti, come la Presidenza del consiglio dei ministri o il Consiglio regionale dell’Abruzzo hanno creato una piattaforma informatica, all’interno della rete intranet, dove il nome del segnalante è criptato.
L’Agenzia spaziale italiana (Asi) utilizza entrambi i metodi. «Su 5 segnalazioni un caso si è concluso con un provvedimento disciplinare di censura», spiega il responsabile prevenzione della corruzione, Darko Grasso.
La Provincia di Ferrara è un’antesignana: «Non abbiamo ricevuto comunicazioni — dice Alessio Primavera, segretario generale — ma, entro il 2015, estenderemo il servizio anche ai cittadini». Al Comune di Parma c’è già un’apposita email per i cittadini e sta per partire la sezione intranet per i dipendenti. Una piattaforma c’è da tre settimane al Comune di Milano dove a giorni si riunirà l’organismo giudicante.
Al Comune di Palermo, dal 16 gennaio, c’è una sezione intranet all’avanguardia ma anche qui ancora non ci sono stati «fischi». «O siamo un Comune virtuoso — afferma Fabrizio Dall’Acqua, segretario generale — o c’è diffidenza». Per Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, il problema è «culturale». «Bisogna creare un clima di legalità — sostiene Orlando — perché da solo anche il miglior provvedimento non basta. Abbiamo un piano per tutta la macchina comunale». La legge Severino non indica una lista di reati o irregolarità da denunciare. «Potrebbero nascere sovrapposizioni con i pm ma per me le segnalazioni penali — conclude — poi vanno inviate in Procura».
Idea condivisa dagli esperti. «Il codice penale obbliga il pubblico dipendente a denunciare agli inquirenti la conoscenza di fatti illeciti — spiega Francesco Centonze, docente di diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore — e una volta ricevuta una segnalazione circostanziata penalmente rilevante l’ente pubblico deve trasmetterla alla Procura. Il problema rimane per le possibili resistenze culturali alle segnalazioni non penali».
Ad esempio, la paura dei dipendenti potrebbe essere quella di essere etichettati in ufficio. «Per evitarlo, il whistleblowing va regolamentato con estrema precisione e “maneggiato” con cura — conclude Centonze — tutelando sia il segnalante dal rischio di ritorsioni sia i segnalati che potrebbero essere innocenti. Così non si crea una dannosa cultura del sospetto che mina la fiducia e il rispetto tra colleghi».
Alessio Ribaudo – Corriere della Sera – 9 febbraio 2015