Ritardi record nelle partecipate pubbliche soprattutto se controllate dagli enti locali e nel Sud. Fatture liquidate con il contagocce e dilazionate a tempo indeterminato. Gli enti pubblici – Regioni, Province, Comuni, enti sanitari o nel campo delle utility – si confermano pessimi pagatori, nel 2013.
Ma le partecipate pubbliche non sono da meno. Soprattutto se si tratta di quelle controllate dagli enti locali e se si trovano nel mezzogiorno.
Dopo quasi 1 anno dal recepimento in Italia della direttiva europea 2011/7 che fissa in 30 giorni (in casi particolari 60) il termine entro cui la Pa ha l’obbligo di pagare i suoi fornitori, il ritardo resta una piaga del sistema economico pubblico. E nonostante (dati del ministero dell’Economia aggiornati al 29 novembre) su 24,4 miliardi stanziati dallo Stato per pagare i debiti della Pa, ai creditori ne siano effettivamente giunti 16,9 miliardi.
A “mappare” il quadro della situazione è Cerved Group, attraverso il proprio database (Payline) sulla base di 482mila fatture scadute a giugno, 125mila emesse verso Pa, partecipate pubbliche, relativi fornitori e pluri-aggiudicatari di gare.
A giugno 2013 non sono state saldate il 57% delle fatture scadute ed emesse verso gli enti della Pa, con punte che superano l’80% tra gli enti del sistema sanitario nazionale. La percentuale si attesta al 37% tra le partecipate pubbliche e risulta molto elevata anche tra gli aggiudicatari di gare della PA, pari al 36 per cento. Se poi si prende in considerazione il valore, gli enti della Pa non hanno ancora saldato il 61% del valore delle fatture scadute a giugno 2013. Mentre tra le partecipate pubbliche, le situazioni più critiche nei mancati pagamenti si osservano tra quelle controllate dalle regioni o da altri enti locali (82% di fatture non pagate e 71% di scaduto) e tra quelle che operano nel Mezzogiorno (rispettivamente 80% e 73 per cento). Qui le differenze geografiche contano perchè nel Nordovest la percentuale di fatture non pagare scende al 28,9% e nel Nordest al 22,9.
Se poi si valuta con la lente dei tempi di liquidazione, in media, gli enti pubblici hanno saldato le loro partite con 51 giorni di ritardo (108 giorni compresi i termini pattuiti), mentre le partecipate pubbliche addirittura con ritardi di 62 (131 giorni oltre la scadenza, ovvero 24 giorni in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). I tempi più lunghi si sono riflessi sui fornitori, che in media liquidano le loro fatture in 101 giorni, con ritardi di 36 e si tratta di un gap negativo di 24 giorni rispettoa quanto fanno le aziende italiane private. Un record, negativo, riguarda, infine, gli enti che operano nell’alveo sanitario. I tempi medi per pagare le fatture passano da 125,5 a 137,7 giorni. Solo il 5,3% riesce a saldare le fatture nei termini (rispetto al 26,6% dei Comuni).
«I dati – ha spiegato l’amministratore delegato di Cerved Group, Gianandrea De Bernardis – evidenziano un peggioramento nell’anno. In effetti fino a giugno 2013 gli stanziamenti previsti dal Governo non sono stati liquidati ma emerge anche una forte eterogeneità tra gli enti pubblici e qualche dato confortante: il 25% degli enti mappati è infatti puntuale nei pagamenti. Mentre la percentuale dei mancati pagamenti tra i fornitori della Pa è significativamente più elevata rispetto a quella osservata sul resto delle imprese: 36% contro 21. È l’effetto negativo dei ritardi nei pagamenti da parte del Pubblico, che poi si riflette sul resto dell’economia e fa boccheggiare le imprese verso le quali quest’anno il credito bancario si è ulteriormente contratto di 50 miliardi di euro».
Nessuna Asl salda con puntualità
I TERRITORI Secondo Cribis D&B che ha condotto lo studio i giorni medi si sono ridotti a Nordest e a Nordovest ma non nel Meridione
La buona notizia è che i pagamenti ai fornitori con ritardi superiori ai 30 giorni rispetto alla scadenza si sono praticamente dimezzati negli ultimi 4 anni. Ma questa suona come una magra consolazione, perché, in realtà, in Italia non risulta esserci nessuna Asl in grado di rispettare i tempi di pagamento.
A fornire questo spaccato in chiaro-scuro – ma più scuro che chiaro – è l’ultimo studio realizzato da Cribis D&B (società del gruppo Crif) che ha analizzato i comportamenti di pagamento delle Aziende sanitarie locali italiane nel terzo trimestre 2013. La stessa analisi mette anche in evidenza, come detto, che rispetto al 2009 i pagamenti oltre i 30 giorni dalla scadenza sono passati da un clamoroso 87% al 47% attuale. Un bel salto. Che già prendeva corpo nel 2012, quando la percentuale si era ridotta sensibilmente scendendo al 64 per cento. In compenso, i pagamenti delle fatture entro i trenta giorni sono progressivamente aumentati, passando dal 13% del 2009 al 35% del 2012 e toccando il 53% nel terzo trimestre di quest’anno.
Lo studio di Cribis D&B conferma una situazione tutt’altro che rosea per un comparto produttivo d’eccellenza come quello delle imprese farmaceutiche o del biomedicale che si ritrovano ad essere fornitrici del sistema sanitario nazionale, fatto di Asl e ospedali. La direttiva europea che impone di rispettare i 60 giorni per i pagamenti delle fatture si scontra con una realtà – si veda il Sole 24 Ore del 23 ottobre – ancora ben diversa. Le sole industrie farmaceutiche vantano crediti per circa 4 miliardi e scontano ritardi che raggiungono anche i 300 giorni di attesa. Ma del gruppo di creditori fanno parte anche le imprese biomedicali, la maggior parte delle quali già pesantemente colpite dal terremoto dell’Emilia Romagna di un anno e mezzo fa. Rispetto al passato qualcosa sta accadendo, ma la strada da fare è ancora molta e le risorse racimolate a fatica dal Tesoro per saldare i debiti della Pa sembrano non bastare mai: l’obiettivo di di smaltire 27,2 miliardi nel corso del 2013 (su un tutale accumulato di una novantina). L’ultimo monitoraggio effettuatato dava i pagamenti complessivi intorno alla ventina di miliardi.
«Nei pagamenti delle Asl si notano i primi segnali di miglioramento – spiegano gli analisti di Cribis D&B – il che è una buona notizia per tutta la filiera della sanità. Ma le Asl sono comunque ancora lontane dalla media italiana, a sua volta distante dai best performer europei. A ciò si aggiunge una forte eterogeneità dei comportamenti con un Nord che sta migliorando significativamente e un Sud che invece continua a mostrare segni di difficoltà». Secondo lo studio, le Asl del Nordest hanno ridotto i giorni medi di ritardo da 75 a 25 tra il 2012 e il terzo trimestre 2013. Quelle del Nordovest sono scese da 77 giorni a 33. Ma al Centro si è saliti da 45 a 48 e al Sud, pur migliorando la situazione, i giorni medi di ritardo sono passati da 120 a 97; mentre nelle isole sono saliti da 46 a 56.
Il Sole 24 Ore – 10 dicembre 2013