Cambiano le regole per utilizzare quelle che vengono chiamare le “prerogative” sindacali (ossia le assenze che un dipendente può fare per svolgere l’attività sindacale mantenendo lo stipendio), attraverso meccanismi che ne aumentano la flessibilità rispetto agli anni scorsi. I distacchi potranno essere spacchettati a seconda delle esigenze, mentre i permessi a ore potranno essere cumulati tanto da essere trasformati in vere e proprie assenze giornaliere. A fine luglio è stato firmato all’Aran, l’agenzia del governo che si occupa dei negoziati sul lavoro statale, il contratto quadro che riscrive le norme e da ordine alla materia. Ci sono voluti quasi vent’anni per rivedere le regole, l’ultimo testo normativo è del 1998.
Il nuovo contratto collettivo, prima di diventare operativo, sarà esaminato dal governo e dalla Corte dei conti. Un provvedimento che si inserisce in quella parte della riforma della Pubblica amministrazione iniziata nel 2014, con uno dei primi decreti del Governo Renzi e firmato in estate dalla ministra Madia, che a partire dal 1″ settembre di quell’anno ha fatto scattare la riduzione del 50% delle prerogative sindacali negli uffici dello Stato e degli enti territoriali, fra cui permessi e distacchi. Dopo la prima fase della riforma, dunque, metà dei sindacalisti della Pubblica amministrazione sono tornati al lavoro.
LE REGOLE La misura ha riguardato più di mille persone con un risparmio, secondo le stime della Ragioneria dello Stato e confermati al termine dei tagli, di oltre 12 milioni di euro all’anno. Non certo una cifra clamorosa, ma comunque un segno in tempo di spending review imperante. Con la nuova ripartizione saranno 1137 i sindacalisti che potranno stare fuori dall’ufficio, così suddivisi: 290 nella Pubblica amministrazione centrale, 271 negli enti territoriali, 194 nel settore sanitario e 381 nella scuola e università. Dopo una serie di confronti con le stesse rappresentanze, durate più di sette mesi, a fine luglio si è raggiungo un accordo per riscrivere la mappatura delle assenze sindacali sulla base dei nuovi comparti della Pa, visto che da undici si è passati a quattro come stabilito dalla legge Brunetta del 2009.
Il nuovo accordo prevede forme di scambio fra i distacchi veri e propri (in cui un dipendente si allontana in modo permanente dall’ufficio grazie a una sorta di aspettativa sindacale) e i permessi a ore. In sostanza, il 75% dei distacchi potranno essere “frazionati” nell’arco massimo di tre mesi, trasformandoli in una sorta di permessi giornalieri. Viceversa, sarà possibile cumulare ore di permesso per formare una giornata intera in distacco. Una possibilità, spiega il presidente dell’Aran Sergio Gasparrini, che punta ad aiutare quelle categorie di lavoratori che, per specifiche esigenze legate alla professione, usufruiscono poco dei distacchi e che, invece, utilizzano molto di più i permessi orari. È il caso dei medici che, rispetto ad altri lavoratori pubblici, non sempre riescono a distaccarsi dall’ospedale o dalla Asl di appartenenza per diverso tempo e di conseguenza attingono molto di più al monte ore legato ai permessi.
Il Messaggero – 19 agosto 2017