Prove di accelerazione per il decreto attuativo del capitolo della delega sulla Pa dedicato alla riforma della dirigenza. Alla Funzione pubblica avanza il lavoro sulle regole attuative del «ruolo unico» articolato su tre livelli (Stato, regioni ed enti locali) da cui saranno scelti i dirigenti per gli incarichi quadriennali rinnovabili una sola volta.
Per blindare il sistema limitando gli incarichi esterni, l’ipotesi è di estendere a tutta la Pubblica amministrazione il tetto che oggi impedisce di occupare in questo modo più del 10% dei posti in pianta organica (per gli enti locali oggi il tetto è al 30%). Gli aspetti più delicati, però, riguardano la busta paga dei dirigenti che non riuscendo a pescare un incarico dovranno finire in disponibilità: le norme chiederanno di partecipare a un numero minimo di selezioni (l’ipotesi è dieci) in tre mesi, e taglieranno progressivamente del 10% all’anno della retribuzione di base, fino all’uscita dai ruoli per chi resta “parcheggiato” oltre sei anni: se il meccanismo verrà confermato dal testo finale, i suoi effetti saranno importanti anche perché i tagli si eserciteranno su una base già molto ridotta rispetto allo stipendio ordinario del dirigente in servizio, che in busta paga ha anche le voci legate a posizione e risultato.
Anche per chi è in attività, però, le prospettive diventano un po’ meno certe rispetto a oggi, perché la bozza prevede la possibilità di tagliare fino all’80% la retribuzione di risultato quando la valutazione scopre che il dirigente non ha colpevolmente trascurato la vigilanza sul raggiungimento degli obiettivi assegnati all’ufficio. Proprio dalla costruzione di un sistema di valutazione a prova di contenzioso, però, passerà la possibilità di tradurre davvero in pratica questa indicazione.
Altre novità importanti per il pubblico impiego arrivano dal decreto enti locali approvato lunedì, che cancella l’obbligo per i Comuni di ridurre progressivamente l’incidenza della spesa di personale sul totale delle spese correnti. Il vincolo, scritto nella Finanziaria di dieci anni fa (comma 557 – lettera a – della legge 296/2006), era stato richiamato in servizio lo scorso anno dalla Corte dei conti con la delibera 27/2015 della sezione Autonomie, creando parecchi problemi agli enti locali. La base di calcolo è fissata al 2011-2013, ma rispetto ad allora la spesa corrente è stata ridotta dagli effetti cumulati delle manovre, rendendo quindi più complicato l’obiettivo di alleggerire ulteriormente la quota dedicata agli stipendi; un parametro di questo genere premia inevitabilmente gli enti in cui il denominatore è più alto, quindi quelli che hanno una spesa corrente maggiore.
Il taglio di questa regola non significa ovviamente l’addio agli altri vincoli sul personale, che restano in vigore e quindi dovrebbero garantire comunque una riduzione della spesa in valore assoluto. I limiti di spesa e di organico tornano anche nel piano triennale straordinario di assunzioni degli educatori negli asili nido comunali, introdotto sempre dal decreto enti locali aggiungendo un tassello alla legge sulla «buona scuola».
In fatto di sanità, per accelerare i pagamenti anticipa il calendario per l’assegnazione delle risorse: dal 2017 l’intesa sulla determinazione provvisoria dei costi standard dovrà arrivare entro il 15 febbraio, altrimenti sarà fissata per decreto entro il 15 marzo, garantendo la cassa in anticipo rispetto ai meccanismi attuali. Per il 2016, il decreto autorizza a distribuire le compartecipazioni Iva degli ultimi due anni che non sono soggette a verifica. Sul ripiano della spesa farmaceutica il provvedimento prospetta uno sconto per i rimborsi a carico delle aziende sulle uscite extra-budget del 2013-2015: entro 15 giorni l’Aifa pubblicherà le somme dovute, e nelle due settimane successive le aziende dovranno pagare il 90% della quota 2013-14 e l’80% di quella 2015.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 22 giugno 2016