Dal 2014 arriva lo spesometro anche per gli enti locali. Infatti dovranno comunicare telematicamente all’agenzia delle Entrate le cessioni di beni e prestazioni di servizi, resi e ricevuti, rilevanti Iva. La comunicazione dovrà essere fatta entro il mese di aprile 2015, ma non riguarderà le operazioni documentate da fattura elettronica, disciplinata dall’articolo 1, commi da 209 a 214, legge 244/2007.
Per gli anni 2012 e 2013, invece, gli enti locali (come lo Stato, le Regioni e gli altri organismi di diritto pubblico) sono stati esclusi grazie al provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 5 novembre 2013.
L’adempimento, limitato alle attività commerciali, appare giustificato considerando che gli enti locali sono soggetti passivi come i privati, ma comporta diverse criticità operative, anche per l’inadeguato quadro normativo e di prassi in materia di gestione Iva negli enti pubblici. Già è arduo individuare compiutamente le attività commerciali degli enti locali, visto lo scarso contributo fornito dalla ormai datata circolare 18 del 1976 del ministero delle Finanze. Poi, si riscontrano comportamenti fiscali eterogenei da parte degli enti. Ad esempio, i servizi sociali «esenti» sono considerati da alcuni Comuni come fuori campo, perché inerenti attività «istituzionali». Dal punto di vista del gettito Iva nulla cambia, ma il diverso trattamento fiscale ha conseguenze sulla comunicazione dei dati. Vi è poi il problema relativo alle fatture “promiscue”, che molti enti non registrano neppure rinunciando al diritto alla detrazione e che, invece, dovrebbero essere segnalate.
Inoltre, molte operazioni attive di modesta entità rivolte ai consumatori finali sono trattate come corrispettivi, con segnalazione che avverrà per importi (si ritiene unitari) superiori a 3.600 euro. Non tutte però hanno i requisiti previsti dall’articolo 22 del Dpr 633/72, che consente di non emettere fattura. L’interpretazione letterale delle disposizioni ne imporrebbe comunque la fatturazione e la comunicazione, con notevoli complicazioni considerando che le fatture emesse, essendo di modesto importo (inferiori a 300 euro), potrebbero essere registrate in forma cumulativa, facendo perdere allo spesometro quelle potenzialità di incrocio dati che giustificherebbero un appesantimento delle procedure interne di simile portata.
L’incertezza della normativa si accompagna all’inadeguatezza dei sistemi informativi, visto che la contabilità Iva è tenuta nell’ambito dei sistemi integrati di contabilità finanziaria “adattandola” alle esigenze di quest’ultima e rendendo difficile una corretta estrapolazione dei dati. Il mancato adeguamento dei programmi, sin dalla fase del caricamento dati 2014, renderà certamente difficile, se non impossibile, procedere nei termini previsti per lo spesometro.
La platea dei soggetti obbligati a inviare lo spesometro potrebbe ridursi, per effetto delle disposizioni che escludono le operazioni documentate da fattura elettronica e che consentono di fatto la sostituzione dello spesometro con l’invio telematico giornaliero di tutti i dati Iva (articolo 50-bis del Dl 69/2013). Tuttavia, sia la fatturazione elettronica per gli enti locali (pur già possibile in via facoltativa in base al Dm 55/2013), sia l’invio telematico giornaliero dei dati all’agenzia delle Entrate appaiono di improbabile attuazione nel breve periodo. Di conseguenza, è quanto mai opportuno adeguarsi per tempo, in modo da non dover attendere una nuova proroga che, visto il consolidarsi dell’adempimento, questa volta potrebbe non arrivare.
Il Sole 24 Ore – 7 aprile 2014