Lo zoologo Edoardo Vernier ha elaborato la mappa di questi mammiferi. Che ora preferiscono vivere in città…
PADOVA. Pipistrello di Nathusius, pipistrello di Savi, pipistrello di Kuhl, vespertilio di Daubenton, Nottola comune, Ferro di cavallo maggiore, Orecchione bruno. Sono alcune delle specie di volatori con le mani (chirotteri, dal grego) che a migliaia popolano Padova.
Ingiustamente temuti e calunniati, unici mammiferi capaci di volo attivo, sono cittadini invisibili: di giorno dormono, a testa in giù o stretti in una fessura, e con il buio si dedicano ad un’utilissima caccia all’insetto (anche 3 mila a notte).
Si sono accasati, in pieno centro storico, in anfratti, soffitte, angoli, cavità, luoghi misteriosi dove l’occhio umano non arriva a posarsi da chissà quanto ma che loro conoscono a menadito (sì perchè nelle ali hanno ben visibili le cinque dita che l’evoluzione ha allungato per contenere la membrana alare).
Le aree preferite. Alcune zone residenziali preferite sono la Basilica di Santa Giustina, l’Orto botanico, il Bo, piazza Insurrezione, il dipartimento di Biologia in via Bassi, le mura antiche, il Prato della Valle, Ponte Molino e gli alberi secolari di parchi e giardini storici. Sono addirittura più presenti in città che in campagna, dove vengono decimati dai pesticidi.
Ad avere la mappa della presenza dei pipistrelli a Padova, è Edoardo Vernier, 50 anni, padovano, naturalista zoologo, due lauree, presidente della locale Società naturalisti, autore di una montagna di studi. Da 30 anni si occupa di chirotteri, con i suoi collaboratori setaccia le zone dove ci sono tracce della loro presenza e poi procede con il monitoraggio, usando i bat-detector che registrano gli ultrasuoni emessi dai pipistrelli (ultrasuoni che rappresentano un sofisticato sistema di ecolocazione rimandando alle bestiole un’immagine sonora di quanto li circonda). Dopo è l’analisi al computer a definire le diverse specie.
Topi volanti. In città, da sempre il luogo prediletto dei socialmente evoluti e simpatici “topi volanti” (ma coi topi non sono imparentati) è, a sorpresa, la Basilica di Santa Giustina. I grandi monumenti sono ambienti particolari, tranquilli, spiega Vernier, pieni di anfratti dimenticati: a Santa Giustina è presente il pipistrello Albolimbato (o pipistrello di Kuhl), quello più comune, quello che ogni tanto entra per sbaglio nelle case magari seminando il panico (per inciso, non ci pensa proprio ad attaccarsi ai capelli e aprendo una finestra quasi sempre se ne va: questo ad uso dei molti che alla vista di un chirottero chiamano i pompieri).
Il pipistrello Albolimbato abita le gigantesche soffitte e i tetti della Basilica, un vero mondo a parte, o si rifugia negli interstizi tra i muri e i grandi quadri: è organizzato in piccoli gruppi familiari di 10-20 animali ma può anche starsene da solo; non migra ed è piccolino con la sua apertura alare media di 22 centimetri. In compenso, come tutti i suoi soci, può vivere anche 20-30 anni. A Santa Giustina erano presenti più di 300 esemplari in un unico chiostro, diminuiti dopo i lavori di ristrutturazione degli ultimi anni.
I pipistrelli a ferro di cavallo, invece, sono aficionados di tutto il perimetro delle antiche mura dove le cavità nelle pietre offrono comodissimo habitat. All’Orto botanico e nei parchi e giardini del centro storico sono di casa i pipistrelli di Nathusius (apertura alare circa 24 cm), chirotteri migratori: su e giù dal nord Europa, a botte di mille chilometri al viaggio. Vivono in colonie e se ne ne stanno tutti appiccicati dentro le cavità degli antichi alberi, in un singolo buco in 50, anche 100. Mentre il continuo taglio delle alberature stradali, come anche la ristrutturazione dei vecchi stabili, diminuisce le loro possibilità di pubblico domicilio.
Le colonie miste. Nei buchi degli alberi si piazzano anche le nottole comuni (grandi pipistrelli, con 40 centimetri di apertura alare), formando colonie miste con altre specie, come è abbastanza comune tra i pipistrelli. Altro sito privilegiato, il dipartimento di Biologia, in via Bassi: non è antico, è tutto acciaio e cemento, è freddo e inospitale ma i pipistrelli di Kuhl sono assai adattabili, hanno poche esigenze e non sono schizzinosi, basta che ci siano insetti e loro li mangiano. Sono resistenti ai veleni degli ambienti urbani, e anche per questo sono una delle pochissime specie in aumento. Formano spesso gruppi familiari di 10-30 esemplari, si installano in alto, in qualsiasi stretta intercapedine: quando fa freddo se ne stanno incollati come cozze, quando fa più caldo dormono staccati.
In zona Ponte Molino, Edoardo Vernier e i suoi collaboratori hanno monitorato, oltre al solito pipistrello Albolimbato, anche il serotino comune (specie grande, con circa 38 centimetri di apertura alare), il piccolo pipistrello di Savi, che predilige rintanarsi dietro gli scuri di legno, e le nottole comuni (piuttosto rare, ad onta del nome).
Non ci sono alberi, in piazza Insurrezione, solo palazzoni, ma è una delle zone della città più abitate dai chirotteri. Anni fa Vernier è stato chiamato di gran carriera all’Inps dove era stata trovata una colonia di 40 pippi e si era scatenato il putiferio con evacuazione di un intero piano manco fosse stata rinvenuta una granata. Cosa faccio quando mi chiamano? Tranquillizzo, spiego che sono animali innocui (e protetti dalla legge), se occorre recupero i pipistrelli e li rilascio la sera stessa altrove, spiega Vernier. E racconta che, sì, hanno i denti aguzzi e possono mordere, il Ferro di cavallo per esempio o anche la Nottola, ma manco per idea attaccano l’uomo e, visto che non si vede perchè un uomo dovrebbe aggredire un pipistrello, l’eventualità di beccarsi un morso è quanto di più remoto.
I parchi delle ville. In provincia di Padova e in Veneto, i parchi delle ville storiche sono un residence a cinque stelle per le bestioline, tenere e ritrose: dei microhabitat di tipo forestale che ospitano anche specie rare. A Sambruson di Dolo, nel romantico parco di villa Brusoni Scalella progettato dallo Jappelli, c’è una colonia (di soli maschi) di vespertilio di Daubenton (volano bassi e cacciano a pelo d’acqua) ma c’è anche la rara Nottola gigante. Nelle grotte sotto il Castelletto di Mirano, altro sito costantemente monitorato da Vernier e collaboratori, c’è invece una colonia riproduttiva di Vespertilio smarginato (specie di media grandezza, circa 25 centimetri di apertura alare): sono solo femmine, arrivano a primavera inoltrata, partoriscono lì un solo piccolo, e dopo solo 8 settimane se ne vanno con i giovani appena in grado di volare. Per ripetere il ciclo l’anno dopo: accoppiamenti in autunno, letargo invernale (sfruttando il grasso accumulato nella buona stagione), risveglio a marzo e ritorno.
Il Mattino di Padova – 24 ottobre 2012