I chirurghi dell’Azienda ospedaliera vorrebbero «espellere» i colleghi dell’Istituto oncologico veneto. Che devono fare di necessità virtù, senza contare sulla loro collaborazione e senza sperare di ottenere nuovi spazi per svolgere le loro attività.
A dirlo, ieri mattina, è stato il professor Ermanno Ancona, presidente del Consiglio di indirizzo e verifica dello Iov, durante la presentazione della nuova sala operatoria mobile allestita dietro l’ospedale Busonera. Ancona, ex docente di Medicina e chirurgia presso l’Azienda ospedaliera universitaria, ha distribuito un comunicato in cui afferma che la presenza dello Iov nei locali di via Giustiniani «è considerata un corpo estraneo da espellere da parte dei chirurghi dell’Azienda», e pertanto «è impensabile un’espansione dell’attività in quella sede».
Per Ancona, la sanità veneta attribuisce «la fuga di malati oncologici» verso le regioni limitrofe alla «presunta attività deficitaria dello Iov», evidenziando così «una contrarietà all’Istituto stesso, per gelosia professionale o altro». E di fronte ai taccuini, rincara la dose: «Lo Iov è un collettore di risorse e l’Università ne usufruisce, ma i chirurghi dell’Azienda non vedono l’ora che se ne vada via. In passato abbiamo chiesto aiuto per espandere le attività dello Iov, registrando un netto rifiuto, e abbiamo dovuto ricorrere alla sala operatoria mobile». Le parole del professor Ancona hanno immediatamente aperto un caso.
«Per quanto mi riguarda ho sempre lavorato benissimo coi colleghi dell’Azienda ospedaliera – afferma Carlo Castoro, responsabile del dipartimento di chirurgia e oncologia dello Iov -. Non ho mai percepito ostilità: utilizziamo gli stessi spazi e gli stessi servizi, a volte loro ci mandano pazienti che non possono curare e viceversa».
«Escludo categoricamente quanto detto da Ancona, che ha rilasciato affermazioni gravi e rancorose – aggiunge Donato Nitti, direttore del dipartimento di Chirurgia oncologica di via Giustiniani -. Possono esserci problemi a livello amministrativo, non certo fra colleghi: lo Iov nasce dall’Azienda, i chirurghi non vengono da Marte e sono legati alla loro casa madre». Polemiche a parte, la sala operatoria mobile (operativa dallo scorso 10 giugno) funziona a pieno ritmo: nei primi 50 giorni ha permesso di eseguire 112 interventi chirurgici di day surgery (praticamente 17 a settimana), per patologie oncologiche quali asportazioni di neoplasie del seno e ricostruzioni post-masectomia.
La struttura temporanea, importata dalla Gran Bretagna (dov’è già presente in una quarantina di ospedali) è la seconda di questo genere in Italia, e la prima nel campo della chirurgia oncologica: misura circa 100 metri quadri, è cablata con l’Istituto e comprende una sala operatoria, un locale di preparazione dei pazienti, una sala di risveglio e degenza post-operatoria, uno spogliatoio ed altri locali per il personale sanitario. Grazie a questo «container», lo Iov ha accorciato i tempi di attesa, e sopperisce alla ristrutturazione dell’ospedale Busonera, dove i lavori per le nuove sale operatorie partiranno fra più di un anno. La sperimentazione andrà avanti fino a ottobre; poi, la direzione dovrà decidere se mantenere in piedi la struttura: «In futuro potrà essere utilizzata in casi di emergenza – spiega Carlo Castoro -. Il noleggio costa 10mila euro al mese, e nei primi 50 giorni abbiamo ricavato 230mila euro sottoforma di rimborso per le prestazioni eseguite. Il costo della sala è stato di circa 20mila euro, a cui vanno aggiunte le spese per il personale».
Nel frattempo non si placano le polemiche per il registro dei tumori, trasferito dallo Iov all’Usl 4 dell’Alto vicentino: «L’Italia dei Valori non comprende la decisione del consiglio regionale – scrivono Antonino Pipitone e Gianni Di Masi, capogruppo regionale e assessore comunale del partito di Di Pietro -. Un servizio così importante va gestito da una struttura come lo Iov, riconosciuta e importantissima».
Alessandro Macciò – Corriere del Veneto – 8 agosto 2013