Il caso dei rimborsi fuori busta, oltre duemila euro, lascia aperti molti interrogativi. «Unifichiamo le voci». Poi mostra il suo stipendio: 9.330 euro
Numeri precisi, trasparenti, «se necessario disponibili online, così che tutti li possano leggere e possano giudicarne la congruità», ed una radicale razionalizzazione delle mille voci che oggi compongono la busta paga dei consiglieri regionali, «perché non capisco quale sia l’ostacolo, sotto il profilo contabile, che impedisce di creare un’indennità onnicomprensiva, messa nero su bianco nello statino che ogni mese ci viene consegnato». Sono queste, secondo il governatore Luca Zaia, le misure da adottare subito per arginare la tempesta che ha investito il consiglio regionale, dopo che s’è scoperto che dall’aprile scorso gli eletti a Palazzo Fini ricevono ogni mese 2.100 euro fuori busta, esentasse, dai rispettivi gruppi d’appartenenza come forfait per le spese sostenute per la loro attività sul territorio. «Personalmente, non ho nulla da nascondere» ha detto Zaia, sventolando il suo cedolino: 5.749,53 euro il «netto a pagare», cui vanno aggiunti i 2.100 euro di cui sopra e 1.481 euro destinati al partito («Ma fino a qualche mese fa alla Lega ne versavo 3.200, a ristoro della campagna elettorale per le Regionali per la quale non abbiamo voluto finanziamenti da privati»).
Il presidente, pur essendo a sua volta consigliere oltre che leader della maggioranza, preferisce rimanere ai margini di una vicenda che sta scatenando una tempesta senza precedenti in Canal Grande: «Il Veneto non è il Lazio, questo dev’essere chiaro, e ricordo a tutti quanto è stato fatto sul fronte dei tagli alle indennità ed ai vitalizi, per non dire delle nostre dichiarazioni dei redditi che, come vuole la legge, vengono rese note ogni anno. Si può fare di più? Quanto alla trasparenza probabilmente sì, perché alcuni aspetti in effetti sono confusi, generano equivoci, ed è bene fare chiarezza. Penso però che sia giusto lasciare al consiglio, nella sua autonomia, la scelta sulla via migliore da seguire per trovare una soluzione». Rincara l’assessore al Bilancio (e consigliere pure lui) Roberto Ciambetti: «Qui in giunta abbiamo già abbastanza cose da fare». Chiude Zaia con un’esortazione che è ormai tra i suoi stilemi: «Male non fare, paura non avere». Forse non è paura, quella che si respira nelle stanze di là del Canal Grande, ma di certo a Palazzo Ferro Fini c’è una grande agitazione.
Il presidente Valdo Ruffato tornerà da Bruxelles per una conferenza stampa convocata d’urgenza, d’intesa con il resto dell’Ufficio di presidenza (in cui siede anche l’opposizione), per dissipare gli interrogativi che aleggiano su questa fantomatica «missione regionale forfetizzata». Perché è stata tolta dalla gestione dell’Ufficio paghe e messa nella disponibilità dei singoli gruppi? Perché viene finanziata con i fondi destinati alle «spese impreviste» (1 milione 180 mila euro per il 2012)? Perché viene riconosciuta a tutti, indistintamente, senza che via sia bisogno di alcuna pezza giustificativa? Sebbene autorizzato da una legge del 1984, che bisogno c’era di introdurre un ulteriore rimborso spese, che si aggiunge alla diaria (percepita per i lavori in aula e nelle commissioni) ed ai rimborsi garantiti dal gruppo per l’attività politica (vedasi alle voci «spese per missioni» e «spese per attività promozionali» dei rendiconti agli atti del bilancio)? Perché quando sono stati sbandierati i cedolini a prova dei tagli alle indennità (a mezzo stampa ma anche in pubblico) è stato accuratamente evitato di specificare l’esistenza del «fuori busta»?
Una prima risposta ha provato a darla, il vice presidente in quota Pd Franco Bonfante: «Questa vicenda è davvero spiacevole perché tutto era stato fatto con le migliori intenzioni. Purtroppo, però, la politica qualunque cosa faccia, di questi tempi, la sbaglia». Le migliori intenzioni, prosegue Bonfante, stavano «da un lato nella volontà di attribuire ai gruppi un controllo più efficace sulla reale attività dei loro consiglieri sul territorio, di certo più complicata per l’Ufficio paghe, dall’altro si è voluto porre un tetto, 2.100 euro appunto, alle possibili richieste di rimborso». La delibera dell’Ufficio di presidenza, in effetti, parla di «rimborsi fino a», una postilla vanificata dal fatto che tutti i gruppi, nessuno escluso, ha poi optato per il forfait a cifra fissa (giustificato sulla carta dalla spesa per la benzina: ai prezzi attuali, per pareggiare il conto, ogni consigliere dovrebbe percorrere almeno 16.500 km al mese solo per incontri vari «sul territorio»). Intanto i capigruppo si dicono indignati dalla allusioni sul «nero» in consiglio e annunciano querele per centinaia di migliaia di euro: «Ci viene attribuito un reato inesistente – scrivono in una nota congiunta – tutto è documentato e tracciabile, nel pieno rispetto della legge». Così come è confermato il fatto che il rimborso fosse esentasse anche prima, quand’era inserito in busta. Nulla di illegale, dunque, si tratta di una questione di opportunità. E difatti, guarda caso, al Ferro Fini già fanno capolino possibili interventi «moralizzatori» sul punto: dall’abbassamento del tetto di 2.100 euro all’obbligo di eliminare il forfait per sostituirlo con un rimborso spese documentato, fino alla progressiva riduzione del 5% all’anno dei finanziamenti a favore dei gruppi.
Corriere del Veneto – 26 settembre 2012