Il decreto legge pagamenti funziona, le amministrazioni hanno risposto, almeno in questa prima fase di raccolta dei fabbisogni, ma le risorse non saranno assolutamente sufficienti per liquidare tutte le spese che i Comuni sarebbero pronti a soddisfare con la liquidità già in cassa.
È stato infatti sforato il tetto di 5 miliardi posto agli enti locali dal decreto legge 35: il dato ufficiale sarà diffuso dall’Economia probabilmente già domani, ma da indiscrezioni il plafond è stato superato dalle richieste di autorizzazione, nonostante le procedure di registrazione e le modalità di invio dei dati abbiano provocato qualche ritardo rispetto alla scadenza del 30 aprile posta per la presentazione delle domande.
Un altro segnale, altrettanto importante, dice che il decreto legge tira. Sono più di mille gli enti locali che hanno presentato domanda alla Cassa depositi e prestiti per ottenere il finanziamento necessario a liquidare gli arretrati alle imprese. Anche qui la cifra ufficiale dell’importo richiesto sarà comunicata nei prossimi giorni, ma il dato viene già interpretato come sintomo di un interesse forte da parte delle amministrazioni locali. Mentre, infatti, per l’autorizzazione chiesta al Tesoro, i Comuni devono solo ottenere una deroga al patto di stabilità interno per usare liquidità che hanno già in cassa, in questo secondo “canale” gli enti locali devono a loro volta attivare un percorso di indebitamento. La scelta è meno scontata, ma la risposta è comunque positiva.
Tajani: «Serve più coraggio, pagare tutto il pregresso»Sul primo canale, bisogna semmai ricordare che l’Anci, sotto la presidenza del neoministro Graziano Delrio, aveva sempre sostenuto che la liquidità nelle casse dei sindaci bloccata per i vincoli del patto di stabilità ammontava almeno a 9-10 miliardi. Le indiscrezioni ora confermano che 5 miliardi di sblocco non bastano.
Per quanto riguarda l’ammontare delle richieste di sblocco, qualche piccolo ritardo si è registrato al ministero dell’Economia a causa della congestione della rete informatica: le richieste degli enti, sempre secondo quanto filtra da Via XX Settembre, sono avvenute in parte anche con mezzi tradizionali (cioè prevalentemente via fax) e sono state quindi inseriti nei sistemi con qualche ritardo. Il neoministro, Fabrizio Saccomanni, del resto, aveva gettato acqua sul fuoco nei giorni scorsi dicendo che la piattaforma funziona.
Il dato rappresenta anche la prima vera fotografia reale dei debiti dell’universo delle amministrazioni locali verso le imprese. Una fotografia che andrà messa a fuoco. Sarebbe utile, in nome della trasparenza, come chiede anche l’Ance, l’associazione dei costruttori, che il ministero dell’Economia diffondesse le cifre articolate sulla ripartizione tipologica degli ammontari chiesti dagli enti, distinguendo tra pagamenti per lavori e per altri debiti relativi a investimenti in conto capitale maturati alla data del 31 dicembre 2012; distinguendo tra pagamenti liquidati oppure non liquidati dal 9 aprile in poi, e tra pagamenti liquidati tra il 1° gennaio e l’8 aprile 2013.
Il dato acquista maggior significato se si considera che la scadenza del 30 aprile riguardava la richiesta a valere sul 90% del plafond di 5 miliardi, cioè 4,5 miliardi (essendo il restante 10% riservato agli enti che non hanno fatto in tempo, e che hanno una seconda possibilità entro il 5 luglio prossimo).
La richiesta di «spazi finanziari» – così li chiama il decreto – riguarda un ammontare che l’ente deve liquidare entro l’anno ai creditori per almeno il 90 per cento. E se non lo fa, ci saranno conseguenze per il funzionario responsabile, cui la Corte dei conti potrà irrogare «una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali».
È certo però – dal momento che non ci sarà spazio per tutti – che ora diventano cruciali due passaggi da affrontare nei prossimi giorni: il primo riguarda il termine del 10 maggio, entro il quale la conferenza Stato-città potrà indicare i criteri per il riparto degli spazi finanziari, per evitare che il 15 maggio scatti la “mannaia” dell’Economia. Il Dl 35 prevede infatti che, in mancanza di una diversa proposta condivisa, il riparto avverrà con un criterio brutalmente proporzionale: semplicemente concedendo più spazi all’ente locale che ha chiesto di più.
Il secondo passaggio è quello della discussione parlamentare. La domanda esuberante sarà il principale argomento brandito da chi preme per allargare ulteriormente i vincoli al patto di stabilità, ampliando il plafond di 5 miliardi (che peraltro resta limitato al 2013). Un fronte che vede saldamente uniti Anci e Ance, cioè gli enti locali committenti e costruttori edili fornitori.
Il Sole 24 Ore – 6 maggio 2013