Conflitto tra istituzioni Ue: nonostante la ratifica della Commissione, lo schema di informazione nutrizionale volontaria rischia di porre ingiustificate barriere commerciali trai i paesi membri. All’inizio fu il regolamento 1169/2001, “Food Information to Consumers”: apparentemente, la più faraonica normativa alimentare di sempre, teoricamente in grado di sintetizzare normative generali e di dettaglio (es, allergeni, info nutrizionali e salutistiche) su quanto va correttamente comunicato al consumatore finale. Il regolamento, in realtà una mostruosità giuridica (35 tra atti delegati e di implementazione, che rimandano a un futuro per arrivare ad un minimo di certezza del diritto), lascia inoltre in diversi casi delicatissimi, come su allergeni e schemi nutrizionali facoltativi – grande libertà di manovra ad attività nazionali di specificazione normativa.
Mani libere per tutti insomma. E il documento di chiarimenti della Commissione, “Domande e Risposte”, ha in molte situazioni aggiunto una pezza peggiore del danno iniziale (avremo modo di parlarne prossimamente con maggiore dettaglio).
Ora una interrogazione al Parlamento Europeo da parte di Mara Bizzotto porta i nodi al pettine. La domanda di fondo, riguarda proprio la contraddizione interna del 1169 circa gli schemi nazionali di informazione nutrizionale aggiuntiva al consumatore, che da un lato devono essere- a norma dell’art. 35- (Forme di espressione e presentazione supplementari) obiettivi e non discriminatori sui prodotti alimentari o tra i paesi o creare ostacolo al funzionamento del mercato interno UE e alla libera circolazione di merci.
Una contraddizione peraltro palese nel dettato del 1169, e che sarebbe certamente venuta presto allo scoperto, in ogni caso.
Ma vi è un’altra contraddizione evidenziata (e non interna al regolamento, come la precedente): che riguarda poi il conflitto con la più generale politica europea di tutela e promozione delle produzioni di particolare qualità: DOP e IGP ad esempio, con disciplinari depositati, difficilmente riformulabili (si dovrebbe riformulare la ricetta, quindi i valori nutrizionali, che fanno parte integrante del “gusto” e del pregio organolettico dell’alimento di volta in volta considerato).
O il contenuto di materia grassa in formaggi e burro, ad esempio. Già in passato avevamo sottolineato tale aspetto contradditorio, e bene quindi che sia emerso dal dibattito del PE. Soprattutto, non solo le produzioni italiane di pregio (DOP), ma anche quelle ad alto tasso agricolo ne verrebbero fortemente penalizzate: la National Farmers’Union inglese non a caso si è fortemente opporta al “semaforo in etichetta”.
In punta di diritto, e formalmente, il Dipartimento della Salute del Regno Unito aveva inoltrato lo schema cosiddetto dell’ “Hybrid Traffic Light System” alla Commissione, che aveva dato parere positivo. Ma la partita è appena iniziata, a quanto pare. E la Commissione ha sei settimane di tempo per rispondere, anche se la pausa estiva condizionerà probabilmente i tempi.
Allergeni?
Il Regno Unito sembra anticipare gli altri paesi UE anche rispetto ad altri spazi di manovra lasciati dall’esecutivo europeo. Ad esempio, sugli allergeni- come ricordato nei giorni scorsi- ha introdotto di fatto una informazione orale su richiesta dei consumatori- e che presenta diversi aspetti delicati proprio in termini di sicurezza alimentare. Ma anche in questo caso, il peccato originale sembra risiedere nel reg. 1169, e in particolare, nel Domande e Risposte.
Esemplare (in senso negativo) è la non-chiarezza della Commissione Europea: al punto 2.5.1 del documento Domande e Risposte, si dichiara infatti che è da escludersi una informazione degli allergeni esclusivamente “su richiesta”. Al punto 2.5.3, per contro addirittura, nel nome della pragmaticità, si contraddice quanto appena affermato, sostenendo che sia possibile.
Anche in questo caso, il Parlamento Europeo potrebbe sensatamente promuovere interrogazioni, e non è detto non lo faccia.
Tra l’altro, la norma europea prevede obbligatoriamente la forma scritta per la comunicazione degli allergeni ai consumatori. Salvo, però, normative nazionali di dettaglio. L’aspetto è rilevante: v’è precedenza della normativa comunitaria (direttive o regolamenti) su quella nazionale. E la logica semmai è stata sempre che la normativa nazionale possa essere più stringente e non meno di quella europea.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 30 agosto 2013