Se vi trovate sul Mare Adriatico da Trieste a Rimini fate attenzione al pesce fresco: parte oggi il «fermo pesca» decretato dal ministro Nunzia De Girolamo, d’accordo con le associazioni dei pescatori, per dare tregua ai banchi di pesce e permettere loro di riprodursi e di ripopolare le acque nella zona corrispondente.
Il blocco durerà per 42 giorni e poi si sposterà lungo le altre coste italiane (anche con parziali sovrapposizioni temporali) fino a fare il giro completo della Penisola e di tutte le isole dei nostri mari.
L’iniziativa è lodevole, ma stando così le cose ci sarà da usare una particolare attenzione: quando vi troverete in una delle zone di costa che via via saranno interessate dal «fermo pesca», se comprerete qualcosa al banco del pesce, o se ordinerete al ristorante una bella frittura o una grigliata, ricordatevi di chiedere da dove arriva la materia prima; potrà provenire dalle regioni vicine, dove non vige il regime temporaneo di divieto, oppure dall’estero, o potrà trattarsi di un prodotto scongelato, ma chi ve la propone non potrà raccontarvi che è pesce fresco locale perché sarebbe irregolare; a meno che non sia stato catturato da piccole imbarcazioni, che possono derogare al divieto.
Il decreto di «fermo» del ministro Nunzia De Girolamo è stato sollecitato dalle stesse organizzazioni dei pescatori per salvare un settore che rischia il collasso, sotto la pressione di varie difficoltà: a minacciare il comparto è il calo del pesce disponibile, ma in parallelo si contrae anche la richiesta del mercato, per colpa della crisi economica. Dice Impresa Pesca (sindacato dei pescatori e degli acquacoltori aderente alla Coldiretti) che in Italia nel primo trimestre del 2013 c’è stato un calo addirittura del 16 per cento dei consumi di pesce fresco, nonostante il fatto che i prezzi siano rimasti fermi: la riduzione è dovuta interamente alle difficoltà delle famiglie che devono rinunciare a spendere perché non ce la fanno.
L’analisi di Coldiretti-Impresa Pesca su dati Ismea rivela anche che nel primo trimestre di quest’anno sono aumentate del 6,3 per cento le famiglie italiane che hanno rinunciato del tutto a compare pesce fresco. Nel piatto degli italiani diminuiscono i calamari (-14 per cento) e le cozze e gli altri mitili (-12 per cento) ma si riduce persino il consumo dell’umile azzurro, tanto che le alici calano del 12 per cento. Il crollo ha messo a dura prova la flotta italiana di pescherecci, che negli ultimi 30 anni ha già perso il 35 per cento delle imbarcazioni e 18.000 posti di lavoro.
A lato di questi problemi c’è la questione indipendente del grande stress che subiscono i banchi di pesce nei mari italiani per la quantità dei prelievi. Con il «fermo pesca» si parte oggi nell’Alto Adriatico, come detto, da Trieste a Rimini con il blocco per 42 giorni delle barche professionali che pescano usando sistemi di traino. Dal 5 agosto stop alle attività nell’Adriatico centro-meridionale, da Pesaro a Bari. Dal primo ottobre si fermeranno i pescherecci nello Ionio e nel Tirreno, mentre Sardegna e Sicilia decideranno nel periodo agosto e settembre in piena autonomia.
Un po’ di giorni fa Nunzia De Girolamo aveva anche annunciato lo sblocco di 70 milioni di euro del Fondo europeo per la pesca a favore dei pescatori italiani. Lo scorso anno l’erogazione di questi fondi era stata sospesa dalla Commissione di Bruxelles, ma nel frattempo l’Ue lavorando col ministero delle Politiche agricole si è convinta che i problemi sono stati risolti. Questi 70 milioni potranno essere erogati per una serie di motivi che vanno dalla compensazione ai redditi per i fermi della pesca degli scorsi anni agli aiuti per le demolizioni delle imbarcazioni in sovrannumero.
La Stampa – 22 luglio 2013