C’è modo e modo di farsi gli auguri di fine anno. Avvertire pubblicamente i propri alleati politici che l’intesa di maggioranza è andata a farsi benedire è uno dei tanti. E così è successo ieri in consiglio regionale.
La legge sulla riorganizzazione delle società partecipate dalla Regione proposta da Costantino Toniolo (Pdl) e firmata da Piero Ruzzante (Pd) e Gennaro Marotta (Idv) è passata con il voto contrario di mezza maggioranza e della giunta, incluso l’assessore di riferimento Roberto Ciambetti (Lega). «Questa è una legge storica, ma lo scollamento tra consiglio e giunta e all’interno delle forze di maggioranza è sempre più evidente – puntualizza il capogruppo del Pdl-Ncd Dario Bond -. A questo punto serve un patto di fine legislatura: pochi punti e ben chiari che traccino la rotta da qui ai prossimi mesi».
Tutti a casa? Non ancora, ma più limpidi di così non si può. D’altra parte in aula a sparare sulla maggioranza ci aveva già pensato qualche minuto prima Leonardo Padrin (Forza Italia) annunciando la sua contrarietà al provvedimento («il consiglio intende dare alla giunta dei compiti che la stessa giunta ha rifiutato. Le responsabilità sono chiare e per questo Fi non parteciperà al voto») e lo stesso assessore Ciambetti, che ha sbarrato la strada spiegando che «la legge così come è fatta è inapplicabile e crea una serie di problemi di tipo normativo». La legge, che riduce l’organico delle società regionali, stabilisce tetti più rigidi agli stipendi e abolisce i gettoni di presenza, è infatti passata con soli 26 voti a favore (i consiglieri di Pdl, Pd, Futuro popolare, Gruppo misto, Idv e Lega Nord) e 6 contrari (gli assessori Roberto Ciambetti, Renato Chisso, Marialuisa Coppola, Elena Donazzan, Massimo Giorgetti e il consigliere della Lega Nord Giovanni Furlanetto), mentre Forza Italia è uscita interamente dall’aula.
Di fatto, ieri pomeriggio, la maggioranza si è spaccata trasversalmente e i consiglieri di Lega e Pdl hanno votato contro i loro stessi assessori bocciando tutti gli emendamenti.
«Di fronte a questa spaccatura della maggioranza sarebbe il caso che Luca Zaia, sempre assente ingiustificato in consiglio, si presentasse finalmente in aula e desse le dimissioni. Invece di dire sciocchezze sull’indipendenza e sull’uscita dall’euro, prenda atto della situazione e vada a casa. I veneti gliene saranno grati», ha attaccato il capogruppo del Pd Lucio Tiozzo, appoggiato da tutta la minoranza e da qualche esponente critico della maggioranza verde-azzurra. Le tensioni in questo senso comunque non sono una novità assoluta: il dibattito sulle società partecipate era iniziato già più di un mese fa con un’altra proposta di Costantino Toniolo (Pdl) che aveva fatto cancellare quattro società regionali ritenute improduttive dopo un aspro confronto con lo stesso Ciambetti, che stava lavorando a un diverso piano di razionalizzazione. «La legge sulle società partecipate introduce elementi di assoluta novità. Non è una operazione di facciata: si tratta di principi innovativi che dovranno ispirare anche la nostra attività futura», ha spiegato Toniolo appoggiato dal consigliere di Scelta civica Diego Bottacin, molto soddisfatto «per l’approvazione di una legge che pone fine all’indebito regime speciale delle partecipate e certifica la totale assenza dell’attività di Zaia e della sua giunta negli ultimi tre anni e mezzo».
Oltre a ridurre l’organico delle società regionali, portando a tre il numero massimo dei componenti dei consigli di amministrazione (due dei quali dovranno sempre essere dipendenti regionali per non far crescere i costi), la nuova legge limita le funzioni e i costi del personale (i tetti degli stipendi saranno di 80 mila euro per l’amministratore delegato, 25 mila euro per i consiglieri di amministrazione, 20 mila euro per i revisori dei conti e non potranno superare quelli dei pari grado e pari funzione della Regione) e introduce l’obbligo di gara a evidenza pubblica per l’acquisizione di servizi.
Alessio Antonini – Corriere Veneto – 20 dicembre 2013