Continuano le polemiche e le prese posizione delle associazioni di categoria, con contrapposizioni plateali tra nord e centro Italia, dopo che la circolare Agea dell’11 ottobre scorso stabilisce che il pascolo da parte di terzi non è più ritenuto ammissibile per la richiesta di premio unico da parte delle imprese. In sostanza, prima della circolare il calcolo delle superfici a pascolo per richiedere il premio unico teneva conto non solo delle superfici utilizzate dal proprietario, ma anche quelle che erano utilizzate per il pascolo di animali di proprietà di terzi. Ora improvvisamente Agea ha “cambiato le carte in tavola”. “A partire dalla Domanda unica presentata per la campagna 2014 – recita la circolare – ai fini dell’ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi”.
Insorgono gli allevatori del Nord: la misura provocherà danni economici e sanitari, visti i casi di Blue tongue che si sono verificati in centro Italia. E avvertono: l’obbligo di movimentare i bovini, imposto da Agea, pone a rischio non solo la zootecnia bovina da carne ma anche quella da latte.
Se, infatti, fino ad oggi, grazie alla possibilità di tenere conto del pascolamento da parte di terzi ai fini del premio unico, era possibile contare su capi stanziali e distribuiti su di una superficie più ampia, in modo da ridurre il rischio di contagio in virtù della minor promiscuità e dei minori trasferimenti, dal 2014 il bestiame si ammalerà più facilmente. E ciò senza contare i vantaggi di natura ambientale che derivano dall’ammettere al pascolo terreni marginali e abbandonati.
“E’ una questione di equità – dicono da Confagricoltura Veneto – perché viene proibita senza preavviso e senza fornire alcuna motivazione una prassi largamente diffusa fra gli allevatori? Il buon senso suggerisce, invece, di rinviare ogni decisione relativa alle modalità di gestione dei terreni ai fini dell’ottenimento dei contributi comunitari e quindi anche ogni decisione riguardante il pascolamento da parte di terzi, all’entrata in vigore della nuova Pac fissata al 2015, in modo da permettere ai produttori di organizzarsi in base alle nuove disposizioni”.
Il 23 ottobre, con una lettera al ministro Nunzia De Girolamo, era intervenuto l’assessore veneto all’agricoltura, Franco Manzato. La nuova disposizione non solo “discrimina alcuni allevatori”, ma lo fa anche con “assoluta assenza di motivazioni”, scrive Manzato, e chiede un intervento immediato per il ripristino “della possibilità di utilizzo di superfici a pascolo da parte di terzi” e “per impedire un’immotivata disparità, perpetrata ai danni di quelle aziende che da anni gestiscono la propria attività nel rispetto della normativa comunitaria”.
Il 25 ottobre anche Italia zootecnica, consorzio che riunisce sei associazioni di produttori e migliaia di allevatori, si rivolge al ministro per chiedere un’immediata revoca della circolare Agea dell’11 ottobre. Richiesta reiterata, in assenza di risposta, il 13 novembre scorso. Gli allevatori si dicono preoccupati “per l’effetto che tale provvedimento provocherebbe alla zootecnia italiana, a livello economico e, soprattutto, sanitario, visti i casi di Blue Tongue segnalati dal ministero della Salute anche in centro Italia”.
“Gli allevatori italiani – scrive il presidente Fabiano Barbisan – hanno dovuto sopportare i danni derivati dalla diffusione della Blue tongue in Francia, sfociati in limitazioni alla movimentazione dei bovini, aggravio dei costi per le vaccinazioni, cordoni sanitari per alcuni casi scoperti in Piemonte e Lombardia. Da sempre, la Sicilia e la Sardegna, registrano problemi legati alla Blue tongue, mai risolti dagli organi competenti, con conseguenze economiche incalcolabili per la zootecnia italiana (perdita di reddito a livello locale, limitazione alle movimentazioni, svilimento di produzione e commercializzazione, aumento della dipendenza dall’estero)”.
E aggiunge: “Recentemente il ministero della Salute ha revocato ogni accordo stipulato dalle Regioni per la movimentazione dei bovini, a causa dei manifesti casi di Blue tongue, capitati in Regione Lazio ed in Regione Toscana (Massa Carrara). Ciononostante, viene emesso da Agea un provvedimento amministrativo che annulla di fatto un’attività consolidata, obbligando gli allevatori ad interrompere un rapporto economico, che durava da anni e che non ha mai creato problemi a coloro che risiedono nei territori interessati, pubbliche amministrazioni e pastori che, anzi, hanno dimostrato di apprezzare la possibilità di pascolamento e ottimizzato la gestione economica di detti “pascoli magri”.
“L’obbligo di movimentare i bovini – prosegue Barbisan – imposto da Agea, vista la situazione sanitaria recata dalla Blue tongue, pone a rischio non solo la zootecnia bovina da carne ma anche quella da latte. Onorevole Ministro, provi ad immaginare che la malattia si diffonda nelle Regioni vocate alla produzione di latte e di carne e pensi a quali e quanti danni patirebbero gli allevatori e l’economia del nostro già martoriato Paese”.
Di tutt’altro segno la reazione di Confagricoltura Abruzzo che nei giorni precedenti l’adozione della circolare aveva trasmesso al Commissario straordinario di Agea una nota in cui chiedeva di cancellare la norma precedente che consentiva alle società con sede legale fuori regione di ottenere i premi comunitari sui pascoli ad uso civico presi in affitto dai comuni senza necessità di avere il bestiame. “E’ una prima vittoria della battaglia condotta dagli allevatori abruzzesi che avevano denunciato le anomalie nell’assegnazione dei pascoli da parte dei comuni a favore di società del nord Italia in grado di pagare affitti fuori mercato per accaparrarsi i pascoli demaniali senza necessità di essere proprietari di bovini o ovini” commenta una nota di quest’ultima associazione territoriale.
A cura Ufficio stampa Sivemp Veneto – 19 novembre 2013 – riproduzione riservata