Il Sole 24 Ore lunedì. Lo scorso anno, quando la pandemia stava esplodendo, era stata la volta delle app di tracciamento per monitorare i contagiati (a proposito: che fine ha fatto Immuni?). Ora è il turno dei passaporti vaccinali, per capire chi può dirsi immune. E così come era successo per le app, anche questa volta la strada non è priva di ostacoli. A cominciare dal doppio livello di azione – europeo e interno a ciascun Paese – e delle regole di cui tener conto: quelle sulla libera circolazione, sulla privacy, sui diritti dei lavoratori. Situazione resa ancora più confusa dal fatto che – almeno a livello italiano – c’è un ulteriore livello: quello regionale. Alcuni governatori stanno già consegnando i pass vaccinali e altri hanno annunciato di volerlo fare. Ciò che è unitario è l’obiettivo: consentire a chi si è già vaccinato di muoversi liberamente, così da rimettere in moto l’economia, a partire da quella del turismo.
La proposta Ue
Il primo passo dovrebbe essere compiuto la prossima settimana, quando il progetto del cosiddetto digital green pass sarà formalizzato con una proposta legislativa. Secondo quanto affermato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, il tutto dovrebbe avvenire il 17 marzo e il green pass servirà a dimostrare l’avvenuta vaccinazione o, per chi ancora non ha potuto farla, gli eventuali test di controllo. Al di là dell’annuncio, però, non si sa molto di più: quale sarà il formato del passaporto (una card, una app, entrambe o altro), se sarà obbligatorio o facoltativo, quale efficacia avrà (solo per muoversi nella Ue o anche oltre), se avrà valore anche per gli spostamenti all’interno dei singoli Paesi e per quanto sarà valido.
Il problema della privacy
Non c’è solo la questione della libera circolazione. Secondo il Garante della privacy italiano esiste anche il problema della tutela dei dati personali. Qualche giorno fa l’Autorità ha avvertito che il passaporto vaccinale per avere accesso a determinati servizi pubblici o privati (aeroporti, ristoranti, uffici) ha bisogno di una legge. In ballo c’è, infatti, l’utilizzo dei dati sanitari. Senza una copertura normativa adeguata, la distinzione tra vaccinati e non, da rendere esplicita attraverso una card o una app, diventa illegittima. Per altri esperti, basterebbe fare riferimento al regolamento europeo sulla privacy (il cosiddetto Gdpr; si vedano le domande e risposte a fianco). Alla base del ragionamento del Garante c’è il presupposto – già affermato per le app di tracciamento – che l’emergenza sanitaria non rappresenti da sola una leva giuridica sufficiente a poter incidere sui diritti costituzionali.
Il fai da te delle regioni
In tutto questo c’è da considerare l’attivismo di alcuni governatori. Il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha annunciato di aver già distribuito 100mila card di avvenuta vaccinazione e di puntare a quota 4 milioni. Da oggi anche la Sardegna – in base a un’ordinanza firmata venerdì dal presidente della Regione, Christian Solinas – chiede a chi arriva nell’isola e non è stato vaccinato di produrre un certificato che attesti la negatività al virus oppure di sottoporsi al tampone. Primi passi all’introduzione di un vero e proprio pass vaccinale prima dell’estate. Progetto che ha fatto capolino anche nella regione Lazio, dove si vorrebbe adottare un “patentino” per i vaccinati e pure il governatore Zaia ha dichiarato che il Veneto è pronto a mettere a disposizione di chi si è vaccinato un passaporto sanitario.