Il presidente Calzolari: pronti a fare shopping. Quest’anno supereremo il miliardo di euro di ricavi
Lanceremo anche quest’anno una quindicina di nuovi prodotti e vogliamo fare altre acquisizioni. In Italia guardiamo alle centrali del latte di Firenze, Salerno e Brescia e all’estero stiamo studiando i dossier di aziende francesi e dell’Est Europa». La ricetta anticrisi di Gianpiero Calzolari, presidente del colosso del latte Granarolo e di Legacoop di Bologna, ha due ingredienti: «Primo l’innovazione di prodotto e poi fare shopping per cavalcare l’export. Quest’anno supereremo il miliardo di euro di fatturato ma il nostro obiettivo è arrivare a 1,5 miliardi nel 2016». Il doppio rispetto ai 750 milioni che qualche anno fa realizzava Granarolo, il gruppo formato da un consorzio di mille allevatori, Granlatte che è anche il primo azionista col 77,48% del capitale. Tra i soci di minoranza ci sono poi Intesa Sanpaolo col 19,78% e la Cooperlat col 2,74%.
Da diversi anni è un manager molto attivo nell’universo coop. Pensa che il sistema cooperativo funzioni come argine contro la recessione?
«Le cooperative sono come una diga che può aiutare l’Italia a salvaguardare territorio e occupazione. Il sistema coop, che vale il 7-8% del Pil italiano, è stato capace di resistere meglio di altri modelli imprenditoriali guidati più dalla finanza che da tradizione. La Legacoop a Bologna e in tutta Italia ha aumentato i posti di lavoro con contratti a tempo indeterminato».
Eppure le alleanze tra le coop stentano ancora a decollare. Granarolo e Parmareggio potrebbero unirsi ma realizzare un’operazione del genere resta molto complicato…
«Il rovescio della medaglia delle cooperative è che sono molto localizzate sul territorio e ciò rende spesso più difficile il processo di aggregazione in Italia e soprattutto la crescita all’estero. Qualcosa però si muove, di recente è stata varata l’Alleanza delle cooperative che ha federato Confcooperative e Lega Coop. È un grande passo avanti».
Parliamo delle acquisizioni di Granarolo. Perché l’ultima operazione è stata fatta in Francia?
«Il 10 gennaio il gruppo ha annunciato l’acquisto di Cipf Codipal, un gruppo caseario transalpino che porta in dote un fatturato di 105 milioni e due stabilimenti. Il mercato transalpino è molto interessante soprattutto per crescere nei formaggi stagionati. E Cipf Codipal ha il vantaggio di distribuire non solo formaggi francesi ma con il marchi Casa Azzurra è leader in Francia con il parmigiano reggiano, il grana padano e anche la mozzarella di bufala».
Perché avete creato Granarolo International?
«In questa nostra consociata confluiranno tutte le nostre attività estere e rilevanti per l’export. Il nostro processo di internazionalizzazione è partito nel 2011 con Granarolo Iberica, che opera sul mercato spagnolo e l’acquisizione di Lat Bri, terzo produttore di formaggi freschi in Italia che ha una rilevante quota di export. L’anno scorso è stata invece stretta l’alleanza con Ferruccio Podda per sviluppare l’esportazione di formaggi stagionati, soprattutto il pecorino».
Quanto pesa l’export sul fatturato?
«Per ora raggiunge il 5% dei ricavi, ma l’obiettivo è quello di arrivare al 20% nei prossimi anni, aumentando le vendite fuori dall’Italia e facendo anche altre acquisizioni all’estero. Abbiamo allo studio diversi dossier che ci arrivano da tutto il Vecchio Continente, in particolare dalla Francia e dall’Est Europa».
Farete ancora shopping in Italia?
«Granarolo è interessata alle centrali del latte di Salerno, Firenze e Brescia. Quando saranno messe in vendita dai comuni, per noi saranno un’opportunità importante».
Il tormentone Parmalat, un’acquisizione mancata. Rimpianti, amarezze…
«Ormai è una pratica archiviata. Dico sempre che poteva essere la grande occasione non solo di Granarolo, ma anche degli altri soci della cordata tricolore. Si poteva creare la più bella piattaforma italiana dell’alimentare nel mondo. Questa vicenda ha dimostrato che il Paese non considera strategica la politica agricola, altrimenti non si sarebbe lasciato sfuggire una così grande occasione».
Per le acquisizioni state mettendo fieno in cascina?
«Granarolo produce cassa e ha una buona capacità di assorbimento del debito, abbiamo buone relazioni con le banche. Peraltro Intesa Sanpaolo è un nostro socio e la sua presenza è strategica. Di recente abbiamo chiuso con le banche 100 milioni di rinnovo parziale di provvista. Abbiamo una buona posizione finanziaria netta e questo ci permette di ricorrere all’indebitamento per fare shopping».
Quanto è il debito?
«Circa 150 milioni di debiti, ma è assurdo è che la metà, 75 milioni sono crediti Iva vantanti nei confronti dello Stato, che da anni non ce li restituisce.»
Come chiuderà il gruppo i conti del 2012?
«Il Cda nelle prossime settimane approverà il bilancio. I volumi sono in linea col 2011, i margini sono attesi al 7-8%. Chiuderemo con un risultato positivo, sfioriamo il miliardo di euro di fatturato e lo supereremo nel 2013».
Capitolo innovazione: quest’anno quali prodotti inventerà Granarolo?
«Contiamo di lanciarne anche quest’anno una quindicina. Latte, formaggi, yogurt e gelati, fatti su misura per i consumatori. In particolare guardiamo a bambini, anziani e sportivi. Finora sono andati bene i prodotti per i single o la bottiglia anticrisi, da 1 litro e mezzo che consente alla famiglie numerose di risparmiare. C’è lo Yomino, lo yogurt per bambini che può stare fuori frigo fino a 4 ore e il Latte Laben oro per i musulmani, il primo fermentato secondo la tradizione islamica».
Il gruppo sta assumendo?
«Ogni anno il numero di dipendenti cresce: nel 2012 siamo arrivati a 2.100 persone. Ci rivolgiamo molto ai giovani. L’età media dei nostri quadri e dirigenti è intorno ai 43 anni. Poi col progetto Granarolo young abbiano fatto seguire a molti giovani laureati diversi percorsi di formazione e tutor».
Piazza Affari resta un sogno proibito?
«La Borsa è un’opzione aperta ma è una via per ora non percorribile. Granarolo si comporta già come un’azienda quotata. I nostri bilanci sono pubblici, abbiamo sistemi di controllo interno avanzati e abbiamo incontri con la comunità finanziaria. Noi siamo pronti per la Borsa, in realtà è la Borsa non è pronta per noi. Troppo volatile e dominata dalla finanza. Noi siamo per le cose concrete e la crescita».
La Stampa – 21 gennaio 2013