«E’ importante che il personale pubblico si senta parte attiva di questo progetto che comporterà sacrifici ma che consentirà al settore pubblico di essere protagonista della rinascita del Paese». Lo afferma il ministro della Pa, Patroni Griffi: con la spending review si riorganizza per «ottenere economie ma anche efficienza. E’ questo il principale obiettivo a cui stiamo lavorando per migliorare l’azione della pubblica amministrazione» dichiara il ministro in una nota. Alla Funzione pubblica, infatti, si sta preparando un pacchetto di interventi a tutto campo: dall’alto al basso, dal centro alle periferie. Si parte dai grandi numeri con un taglio del 5% degli organici rispetto al tetto massimo di personale, si prosegue con una riduzione delle retribuzioni, si introduce una sorta di prepensionamento per i dirigenti e si procede a una sfoltita dei buoni pasto.
Queste le principali direttive che tuttavia saranno applicate con le dovute distinzioni. Il taglio delle piante organiche non toccherà con molta probabilità tutte le amministrazioni e la percentuale del 5% è quindi un’indicazione di media. Per i dirigenti l’esonero dal servizio riguarderebbe coloro che hanno 40 anni di contributi e che quindi potranno mantenere l’80% dello stipendio, ma non del trattamento economico complessivo, fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione. Si starebbe anche ragionando sulla possibilità di rivedere il rapporto tra dirigenti e funzionari (stabilendo la proporzione di 1 a 40 ad esempio) così come quella di rivedere il rapporto tra dipendenti e metri quadrati, in modo da avere un uso razionale degli spazi. Questo però implicherà con grande probabilità la chiusura di alcune sedi.
«Dobbiamo lavorare alla semplificazione dei livelli di governo per evitare duplicazioni e perché il cittadino sappia a chi deve rivolgersi per ottenere un determinato provvedimento senza essere costretto al giro delle sette chiese degli uffici pubblici». Ecco allora che di 107 amministrazioni sulle quali si può intervenire, al netto delle tre a statuto speciale, si punta a tagliarne il 20%, vale a dire quelle sotto i 300 mila abitanti. Una riduzione che secondo quanto trapela – coinvolgerebbe automaticamente anche le prefetture, gli istituti scolastici, e forse anche le questure. Si valuta anche la creazione di nuovi consorzi di comuni e l’accorpamento di numerosi enti.
«Per far ciò – spiega Filippo Patroni Griffi – stiamo operando a una generale riorganizzazione periferica dello Stato. «Non solo province e prefetture ma gli uffici di tutte le amministrazioni. E’ importante che il personale pubblico si senta parte attiva di questo grande progetto che comporterà sacrifici ma che consentirà al settore pubblico di essere protagonista della rinascita del Paese».
Una manovra a tenaglia quella di Patroni Griffi, che secondo l’Unione delle province italiane, potrebbe far risparmiare circa 3 miliardi di euro. Il varo è previsto per la fine di giugno nonostante l’opposizione della Cgil il cui leader, Susanna Camusso, avverte: «Tagliare le retribuzioni pubbliche non è fare spending review».
Patroni Griffi accelera sulla nuova pianta organica: punta a varare la riorganizzazione degli uffici nel decreto sulla spending review
ROMA – E’ ormai una corsa contro il tempo e il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi accelera per salire sul treno della spending review. Dopo le misure apripista decise venerdì dal governo con la riduzione del 20% dei dirigenti di Palazzo Chigi e del 10% della pianta organica del personale al ministero dell’Economia (Mef), ora la palla è in mano alla Funzione pubblica. L’obiettivo è di inserire un nuovo pacchetto statali nel decreto di revisione permanente della spesa che sarà presentato entro fine mese: taglio del 5% della pianta organica, sforbiciata alle retribuzioni dei dirigenti con più anzianità, buoni pasto ridotti (si parla di un euro).
Pianta organica. In gioco non ci sono tagli lineari per fermare la crescita della spesa per il personale, ma un ridimensionamento legato a una profonda riorganizzazione dell’amministrazione pubblica. «Dobbiamo far capire a tutto lo Stato che è finito il tempo che consentiva di avere troppi dirigenti rispetto al totale del personale. Ora tocca a tutte le amministrazioni pubbliche comportarsi altrettato seriamente», ha anticipato il viceministro Vittorio Grilli venerdì. Sul tavolo di Patroni Griffi in questo ore è una riduzione soft del 5% della pianta organica (e quindi non del personale in servizio) dei ministeri. E’ una misura che non è detto abbia subito l’effetto di ridurre il numero dei dipendenti in servizio, ma lo farà nel tempo: quindi in alcuni uffici ci potrebbero essere degli esuberi se la pianta organica è già interamente coperta; in altri invece potrebbero non esserci affatto. Ciò avrà certamente un impatto strutturale poiché non si faranno più concorsi o trasferimenti per i posti cancellati.
Province. Si torna poi a parlare della riduzione già programmata del numero delle Province (oggi sono 107 più altre 3 a statuto speciale). L’ipotesi a cui si starebbe lavorando è di un taglio del 20% ma non è detto ci si limiti a questo numero perché la scelta del taglio va inquadrata nella logica della spending review: accorpare gli uffici pubblici a livello territoriale, cancellarli là dove non servono, realizzare economie di lungo periodo. Le Province di maggiori dimensioni «hanno spese per abitante notevolmente più basse delle province più piccole» si legge nella carte presentate dal ministro Giarda. Inoltre, è tutta l’organizzazione statale che è declinata su base provinciale. Un modello organizzativo che al ministero dell’Interno costa almeno 400 milioni l’anno.
La trasformazione delle Province in enti di secondo livello è stata già decretata dal salva-Italia. Da allora è andato avanti il lavoro parlamentare per ridisegnare la mappa territoriale e arrivare alla definizione di nuove macroaree. Quanto macro? Si parla tuttora di parametri tra i 300 e i 400 mila abitanti e di una superficie minima di 3.000-3.500 km quadrati. L’ipotesi più restrittiva porterebbe ad una cinquantina di macroaree, dimezzando le 110 province attuali. Quella alla quale si starebbe invece lavorando ora ridurrebbe del 20% il numero degli uffici provinciali: comunque un bel taglio considerato che tutte le strutture pubbliche territoriali (prefetture, uffici giudiziari, tesorerie, etc.) si accorperebbero di conseguenza.
Dirigenti. Dopo l’avvio della dieta deciso da Palazzo Chigi e dal Mef, si profile una nuova tagliola: una delle norme allo Studio, di cui Il Messaggero ha già riferito, prevede che al compimento dei 40 anni di servizio i dirigenti possano essere messi in una sorta di «cassa integrazione» mantenendo l’80% dello stipendio (non del trattamento complessivo) fino al raggiungimento dei requisiti per andare in pensione. Altra ipotesi sul tappeto quella di rivedere il rapporto tra dipendenti e metri quadrati in modo da razionalizzare gli spazi evitando sprechi. Su questo progetto è impegnata l’Agenzia del Demanio che ha recentemente presentato i primi calcoli sui risparmi strutturali possibili da una migliore utilizzazione degli uffici.