Cure primarie, personale, ospedali, farmaci e dispositivi medici: ecco le schede di sintesi dei lavori dei dieci tavoli sul Patto per la salute all’esame dei governatori, che in base agli obiettivi indicati o eventualmente decidendo quali cambi di rotta sono necessari, daranno il mandato ai tecnici per scrivere il Patto vero e proprio dal versante delle Regioni. Poi il confronto con il Governo per arrivare prima di Natale all’intesa definitiva. Basta con il medico di famiglia “battitore libero”: il modello sarà multiprofessionale. Per i medici dipendenti le regole del turn over sono da rivedere con l’obiettivo dello “svecchiamento” dei ranghi, vanno inseriti gli specializzandi agli ultimi anni in ruolo ed eliminata la qualifica dirigenziale per tutti: per averla ci vorrà un concorso ad hoc.
Per gli ospedali va bene il documento sugli standard del 2012, ma con due modifiche sulla soglia di 60 posti letto per acuti per le strutture private e sul calcolo dei posti letto relativi alla mobilità interregionale. Revisione del prontuario farmaceutico sulla base del criterio costo-beneficio, gare per categorie terapeutiche omogenee e verifica dell’innovatività reale dei farmaci. E anche per i dispositivi medici categorie omogenee e tracciabilità. E paralleli a tutto i costi standard: le Regioni non li vogliono nel Patto, ma come modifica legislativa che cambi il Dlgs applicativo del federalismo fiscale.
Farmaci, medici, ospedali: ecco i tagli del «Patto-salute»
di Roberto Turno. Costi standard da riscrivere daccapo, ma fuori dal «Patto», dando 5 anni di tempo per farcela alle regioni sotto piano di rientro ma intanto premiando chi ha i conti in regola. Almeno 14mila posti letto da rottamare e decine di ospedaletti ai quali dare un apparentemente morbido («riconversione») addio. Una nuova stangata su farmaci e dispositivi medici. Il pugno di ferro per Policlinici e medici universitari. Camici bianchi del Ssn dirigenti solo dopo concorso. Basta ai medici di famiglia solisti: dovranno lavorare in team. Salvata dalla legge di stabilità, la spesa sanitaria deve ora passare le forche caudine del «Patto per la salute». E i governatori, ieri riuniti in via «straordinaria», stanno preparando la loro ricetta. Per un’intesa col Governo che – situazione politica permettendo – potrebbe arrivare entro fine anno.
Perché il «Patto», nelle intenzioni, sarà la vera manovra per la sanità pubblica nei prossimi anni. Con una serie di aspetti «cruciali» che ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha elencato nell’audizione avuta in serata alla Camera sulla spesa sanitaria: costi standard, speneding review, regolamento per gli ospedali, gare per gli acquisti. Questi i paletti fissati dal Governo.
D’altra parte anche tra i governatori non mancano punti da appianare, a partire dai costi standard e dal riparto della torta dei fondi dal 2014. Dove non solo le regioni a trazione leghista (Lombardia, Veneto e Piemonte) chiedono di rompere gli indugi anche allargando il benchmark a tutte le regioni con i conti a posto. Sebbene il fronte del Sud e delle realtà commissariate o sotto piano di rientro (ben 8 regioni, il 40% della popolazione), continui a frenare e a chiedere il riconoscimento delle gravi condizioni di disagio sanitario in quelle aree, tanto da avere almeno fin qui incassato la promessa di un allentamento della morsa in cui sono strette dalle azioni di risanamento.
E se sui costi standard si punta ad agire con una modifica legislativa, facendo uscire dal «Patto» il capitolo ma non per questo frenandone l’applicazione, anzi, le basi di lavoro consegnate ieri ai governatori dai dieci tavoli approntati ormai da qualche mese, riservano già parecchie novità ( www.24oresanita.com). Per gli ospedali resta in piedi l’ipotesi di un anno fa – 3,7 posti letto ogni mille abitanti, con taglio potenziale di 14mila pl per acuti – ma rivedendo le soglie per i privati con una deroga per le cliniche monospecialistiche. Altro capitolo caldissimo quello del personale dipendente: inserimento degli specializzandi anche con un percorso selettivo ad hoc, qualifica da dirigente per medici e professioni solo dopo concorso. Tutto questo mentre nei Policlinici universitari si dovranno chiarire i criteri di partecipazione alle attività di cura ma anche quelli alle attività didattiche del medici del Ssn. E sul territorio, ancora, cambierà la mission dei convenzionati, a partire dai medici di medicina generale: il futuro sarà il modello «multiprofessionale interdisciplinare», rivedendo ruoli e competenze secondo una logica di responsabilità, con tutte le ricadute del caso.
Ecco poi le novità, e la stangata, per farmaci e dispositivi medici. Sulla farmaceutica si tornerebbe alla norma cassata dal “decreto Balduzzi”della revisione del Prontuario per costo/beneficio ed efficacia terapeutica, anche definendo prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee. Di più: si propongono gare regionali in equivalenza terapeutica tra differenti principi attivi, mentre si propone di sostenere da parte del Ssn solo l’«innovazione terapeutica reale, importante e dimostrata rispetto ai farmaci in uso». Novità che toccano anche i dispositivi medici: con la creazione di categorie terapeutiche omogenee, la tracciabilità dei prodotti impiantabili, l’informazione medico-scientifica regolamentata. Insomma, una stretta.
Questi in sintesi i contenuti delle schede-base per il nuovo Patto per la salute
Fabbisogno e costi standard
Le Regioni vorrebbero che questo capitolo uscisse dal Patto per la salute, anche perché non essendoci accordo sulle proposte del Governo, secondo i governatori serve una modifica legislativa al Dlgs 68/2011 (federalismo fiscale). Il primo riferimento per determinare il fabbisogno è che questo si basi su Lea erogati in condizioni di efficienza e appropriatezza. Fabbisogni e costi standard dovranno essere definiti annualmente da Salute, Economia d’intesa con la Stato-Regioni e dovranno fare riferimento alle informazioni del Nsis. Le percentuali di assegnazione sono 5% per la prevenzione, 51% per l’assistenza distrettuale e 44% per quella ospedaliera, ma dal 2014 saranno rideterminate annualmente sulla base dei risultati raggiunti dalle Regioni di riferimento che non saranno più le cinque tra cui scegliere le tre benchmark, ma tutte le Regioni senza piano di rientro, adempienti alla verifica del Tavolo ad hoc e individuate secondo indicatori di qualità, quantità, appropriatezza ed efficienza dei servizi erogati e definiti per ciscun macrolivello di assistenza. E le Regioni in piano di rientro dovranno raggiungere gli standard fissati entro cinque anni.
Il valore del costo standard sarà la media procapite pesata del costo per ciascuno dei macrolivelli nelle Regioni di riferimento e il livello di spesa sarà al lordo della mobilità passiva e al netto di quella attiva extraregionale, depurato delle entrate proprie, della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori a quelli essenziali e delle quote di ammortamento che hanno ulteriori coperture. Il costo standard è applicato alla popolazione pesata regionale. La quota per ogni Regione di riferimento non potrà comunque essere inferiore a quella percentuale già assegnata l’anno precedente ed eventuali riasparmi rimangono a disposizione delle Regioni che li hanno ottenuti.
Personale dipendente
Si parte dall’analisi del fabbisogno di personale che dovrà tenere conto delle nuove dinamiche pensionistiche (legge Fornero), dell’accesso alle lauree sanitarie e dei loro esiti. Con il punto di caduta per la cessazione di molti dipendenti (gobba pensionistica) nel 2015. Poi, una Ecm che si dovrà sviluppare anche secondo le indicazioni comunitarie. Ma soprattutto il Patto dovrà indicare gli strumenti a livello di disciplina concorsuale (a livello legislativo, regolamentare e contrattuale) per regolare ingresso e fuoriuscita da sistema. Per questo è necessario sciogliere due nodi. Il primo è l’inserimento in ruolo degli specializzandi con appositi strumenti concorsuali e un percorso selettivo; il secondo è l’eliminazione per tutti (medici e professioni) della qualifica dirigenziale senza distinzioni che potrà essere acquisita solo con una procedura concorsuale ad hoc. E strumenti analoghi dovranno essere previsti per il riconoscimento (economico) delle altissime professionalità. Da definire poi i livelli minimi assistenziali per vincolare la quantificazione del personale delle professioni non mediche di supporto e abrogare per le Regioni in piano di rientro il vincolo di costo del personale inferiore dell’1,4% al costo 2004 che non consente un turn over adeguato.
Farmaci
L’efficentamento della spesa di settore passa per la trasformazione accelerata del mercato da monopolistico a concorrenziale, approfittando delle importanti scadenze brevettuali in arrivo. Star assolute le categorie terapeutiche omogenee (principi attivi diversi – efficacia sovrapponibile): serviranno per la revisione de Prontuario (costo-efficacia), l’individuazione dei prezzi di riferimento, le gare regionali in equivalenza terapeutica. In più: stretta sull’accesso all’innovazione (solo dopo contrattazione del prezzo con Aifa) e svolta sulla remunerazione delle farmacie (a prestazione; affidata alla Sisac). Riconvocazione urgente del tavolo Aifa sulle esportazioni parallele, identificate come vera origine delle periodiche carenze di medicinali.
Dispositivi medici
Categorie terapeutiche omogenee à go go anche per i dispositivi medici con funzioni sovrapponibili e adozione di criteri precisi per definirne innovatività e i conseguenti costi aggiuntivi per il Ssn. Paletti di sicurezza (e non solo), le regole nuove sulla tracciabilità degli impiantabili (registro nazionale pazienti) e sull’assoggettamento dell’informazione medico scientifica in materia a norme analoghe a quelle previste per i farmaci.
Esiti. Sia per i farmaci che per i dispositivi il monitoraggio dei consumi viene ricondotto nell’ambito degli “esiti” marca Agenas.
Protesi e ausili. Svecchiamento in vista per il Nomenclatore tariffario nazionale: gli elenchi dovrebbero essere aggiornati ridefinendo i prodotti che possono esseresotoposti a procedure pubbliche d’acquisto.
Assistenza ospedaliera
Il punto di partenza è lo schema di regolamento scritto dalla Salute e già corretto in parte con le richieste delle Regioni, in cui si ridefinivano le dimensioni e le destinazioni delle strutture anche in base ai risultati degli esiti. Ma con due modifiche necessarie: quella sulla soglia dei posti letto delle strutture private fissata nel regolamento a non meno di 60 postio letto e quella sulla modalità di calcolo dei posti letto relativi alla mobilità interregionale per la quale il regolamento prevede saldo zero. Per il primo aspetto le Regioni chiedono una deroga per le strutture monospecialistiche mentre per il secondo potrebbe essere prevista una gradualità con tappe successive fino al raggiungimento dell’obiettivo regionale che resta nell’ambito dei 3,7 posti letto per mille abitanti.
Cure primarie
Addio allo studio del singolo Mmg a favore di un modello multiprofessionale e interdisciplinare, basato sulla medicina d’iniziativa; ridefinizione di ruoli, competenze e relazioni che rispondano a una logica di “responsabilità”. Riassetto della medicina generale sulla base dei meccanismi associativi rivisti dal decreto Balduzzi e adempimenti “isorisorse” per la costruzione del fascicolo sanitario, della ricetta elettronica, della dematerializzazione dei documenti. Questa è la “rivoluzione cure primarie” per cui il Patto si propone di definire una “cornice generale, all’interno della quale ogni Regione, nel rispetto delle competenze esclusive costituzionalmente definite, svilupperà i propri modelli organizzativi specifici”.
I temi generali del restyling? Accanto a una organizzazione dei professionisti delle cure primarie multiprofessionale e interdisciplinare, con l’impiego anche di personale dipendente, l’identificazione di strutture territoriali per l’erogazione delle cure primarie, lo sviluppo delle cure intermedie, l’integrazione ospedale-territorio, il ridisegno della continuità assistenziale in collegamento funzionale con la rete dell’emergenza-urgenza e la realizzazioni di centrali operative per la continuità assistenziale 116 e 117 (i nuovi numeri europei dell’emergenza), la ridefinizione dei principali percorsi e reti, l’indicazione di ruoli e autonomie professionali in particolare nell’ambito della presa in carico della cronicità e dell’area materno-infantile; la tutela della fascia di bimbi più giovani e fragili e la rimodulazione della rete ospedaliera delle pediatrie e dei punti nascita, il completamento delle reti regionali di cure palliative.
La prevenzione, infine, va affidata a interventi trasversali, ad azioni di contrasto delle disuguaglianze e al potenziamento dei nodi della rete globale per la gestione delle emergenze in Sanità pubblica a veterinaria.
Piani di rientro
La ridefinizione dei piani dovrà avere effetti duraturi in termini di modifica degli elementi strutturali generatori di spesa ed intervenga in chiave di reingegnerizzazione dei Ssr. Per questo dovranno essere focalizzati su pochi macro obiettivi strategici (riassetto della rete ospedaliera e territoriale e continuità assistenziale; implementazione delle centrali di acquisto e pagamento di beni e servizi; governo del personale del SSR; flussi e sistemi informativi ecc.) che vincolino le Regioni al raggiungimento, in tempi dati, di obiettivi misurabili in termini di salute. Attualmente, invece, l’azione regionale è spesso rallentata ed appesantita da adempimenti ed obblighi di portata più formale che sostanziale.
Mobilità e tariffe
Di fronte alla forte variabilità dei tariffari regionali, è necessario definire un modello complessivo della remunerazione degli erogatori che ricomprenda in maniera organica i criteri applicabili ai residenti, alla mobilità interregionale e a quella internazionale e trovi l’intesa Stato-Regioni in una materia di fondamentale importanza per la gestione e l’equilibrio economico dei servizi sanitari regionali. Anche sul fronte della mobilità, l’applicazione diretta agli erogatori del tariffario nazionale di riferimento risulta lo strumento più valido per migliorare l’appropriatezza e contenere la mobilità sanitaria interregionale per prestazioni di medio-bassa specialità. Vanno poi definiti criteri tariffari e di appropriatezza per indirizzare la mobilità per prestazioni di alta specialità verso le strutture a elevata qualificazione. Se i tariffari regionali devono essere correlati al tariffario nazionale, va comunque riconosciuto un margine di flessibilità. Altro strumento strategico per il governo della mobilità sanitaria sono gli accordi fra le Regioni, che vanno quindi incentivati. Per quanto riguarda la compensazione della mobilità internazionale, si ritiene che debbano essere adottati i tariffari regionali, anche per evitare che le strutture erogatrici siano penalizzate da livelli tariffari inadeguati a coprire i costi di produzione. L’ipotesi di una Tuc internazionale è infatti una strada ancora lunga: più realistico pensare a uno sviluppo graduale di accordi tra Stati, a cominciare da quelli confinanti.
Edilizia sanitaria
Nuovi grandi progetti per le strutture ospedaliere di eccellenza e di riferimento regionale e aziendale per accompagnare il processo di riorganizzazione delle reti ospedaliere; manutenzione straordinaria dei presidi esistenti con particolare riguardo all’adeguamento delle normative antisismiche e antincendio; grandi investimenti per la riconversione del parco ospedaliero dismesso in nuove strutture per il territorio. Sono solo alcune delle priorità strategiche formulate dalle Regioni per l’edilizia sanitaria nel nuovo Patto per la salute. Tra queste anche l’incremento delle dotazioni tecnologiche per potenziare la diagnostica specialistica e la telemedicina e l’innovazione delle norme e delle procedure.
Integrazione sociosanitaria
Innanzitutto le risorse: l’obiettivo minimo è mantenere per una sostenibilità di tutte le attività integrate il Fondo per le non autosufficienze e quello per le politiche sociali. Poi via ai Livelli essenziali integrati, come risultante dei Lea aggiornati e degli “obiettivi di servizio socio assistenziali” (in attesa dei Lep). Al sistema si accede tramite un Pua o punto unico di accesso. Restano valide le indicazioni già date per la presa in carico dal Dpcm del 2001, prevedendo pacchetti articolati di prestazioni per non autosufficienza e disabilità. Le Regioni: disciplinano in sede locale i principi per l’integrazione, particolarmente per le aree della non autosufficienza, dei disabili, dei minori e della famiglia; danno indicazioni alle Asl e alle associazioni intercomunali per l’erogazione congiunta degli interventi sociosanitari e per la gestione finanziaria dei fondi; facilitano la formazione del personale. I comuni e le aziende sanitarie: realizzano le attività sociosanitaria organizzando i fattori produttivi nella maniera più consona e meno burocratica. I servizi sociosanitari sono responsabili della presa in carico complessiva, comprese le verifiche di efficacia/ efficienza e di spesa. Va prevista, infine, la coincidenza territoriale tra distretto e Zona.
Rapporti Ssn-Università
Per ridefinire il rapporto tra sistema universitario e Ssn, come primo atto va considerata l’evoluzione del modello Aou, a conclusione del quadriennio di sperimentazione. In particolare andranno riconsiderati gli indicatori di sistema attuali; dovranno essere declinate le indicazioni generali per la definizione, nell’ambito dei protocolli d’intesa università-Regioni, dei criteri direttivi sia di profilo assistenziale sia di profilo didattico scientifico; definiti i criteri per la distinzione organizzativa per le strutture complesse e semplici aziendali in funzione del percorso didattico scientifico; considerati ulteriori parametri organizzativi correlati ai corsi di specializzazione riguardanti le professioni sanitarie. Fari puntati anche sulla distribuzione degli spazi didattici e assistenziali all’interno delle Aou. Vanno poi fissate le indicazioni generali per la definizione dei criteri di compartecipazione dell’Università e delle Regioni agli assetti economico-patrimoniali delle Aou (conferimento dei beni immobili e mobili, impiego di risorse umane). Vanno infine stabilite indicazioni generali anche per la partecipazione del personale universitario alle attività assistenziali rendendole uniformi a livello nazionale.
Ricerca sanitaria
La priorità per promuovere una ricerca di qualità è quella di saldare i legami del binomio Ricerca-innovazione, valutando in che misura i progetti di ricerca abbiano impatti effettivi sulla qualità dei servizi e sulla risoluzione di significativi problemi di salute dei cittadini. Per questo è necessaria la condivisione e individuazione delle tematiche secondo le esigenze regionali e in sintonia con le direttive Ue. Tra le tipologie di ricerca: biomedica/traslazionale, clinica: diagnostica avanzata e nuove strategie terapeutiche, ricerca epidemiologica e determinanti di salute, valutazione delle tecnologie sanitarie, modelli organizzativi (inclusi percorsi di cura integrati), Ict per la salute, tecnologie integrate per la salute. Fondamentale supporto per la ricerca deve essere l’implementazione dell’Hta, per armonizzare il Ssn con le indicazioni Ue e gestire i costi, continuando a garantire il diritto alla salute dei cittadini. Per quanto riguarda la governance, i fari sono puntati sulla cronica scarsità di risorse: indispensabile quindi agevolare l’accesso ai finanziamenti nell’ambito di Horizon 2020. Inoltre si auspica un tavolo di lavoro per esplicitare compiti e relazioni tra Irccs, Ssn, Università e Cnr. Infine il problema della misurazione dei risultati: con la necessità di aprire un confronto produttivo su diritti di proprietà intellettuale e strumenti di condivisione dei risultati.
Il Sole 24 Ore e il Sole 24 Ore sanità– 31 ottobre 2013