Terminato il terzo giorno dei lavori che dovranno produrre il Patto per la Salute, “siamo a circa due terzi del percorso”, ha spiegato al termine dell’incontro Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità in Veneto. Nel corso della riunione odierna “ci siamo soffermati soprattutto su temi come le cure primarie, il personale dipendente, i servizi di veterinaria e la ricerca. Prevediamo di finire a metà della prossima settimana. Sono più che soddisfatto, non mi sarei potuto augurare un miglior spirito collaborativo”. “In questo momento si stanno incontrando esperti del mio dicastero e del Mef. Già la prossima settimana si potrà chiudere su un testo condiviso “. Così il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è intervenuta ieri pomeriggio nel corso di un’audizione in Commissione Affari Sociali della Camera
Resta però ancora da affrontare un nodo fondamentale. “Lunedì o martedì prossimo riprenderemo gli incontri – ha sottolineato Claudio Montaldo, assessore alla Salute in Liguria – Ci concentreremo soprattutto sulle questioni relative alla farmaceutica, che rappresenta la macro area tematica che sino a questo momento non abbiamo toccato”. La base su cui si sta sviluppando il confronto “è comunque rappresentata dai documenti dei dieci gruppi di lavoro proposti dalle Regioni la scorsa estate”. Il traguardo si avvicina “e contiamo di chiudere al massimo entro mercoledì prossimo”.
Tanti i capitoli accennati ieri dal ministro: dal fabbisogno per il Sistema sanitario nazionale a quello per i Sistemi sanitari regionali, dall’umanizzazione delle cure all’assistenza transfrontaliera, dall’e-health ai fondi per l’edilizia sanitaria. Proprio la certezza di budget per la sanità e la reale applicazione dei costi standard, secondo quanto riferito da Lorenzin, sono stati i punti essenziali richiesti dalle Regioni per cominciare ad intavolare un Patto.
Il ministro ha spiegato come, in parallelo, siano stati anche avviati altri tavoli di lavoro per affrontare due questioni: l’aggiornamento dei Lea e la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa. Probabilmente l’accordo su questi temi potrebbe avvenire in maniera posticipata rispetto alla chiusura del Patto. Sul possibile nuovo sistema di ticket si è detto poco in audizione, Lorenzin ha però voluto anticipare quella che sarà la filosofia che lo ispirerà: l’obiettivo è quello di garantire una maggiore equità sociale e tutela della fasce di popolazione con reddito modesto, anche in relazione al numero dei componenti familiari, “vogliamo valorizzare il fattore famiglia”.
Il ministro ha poi spiegato che il Patto è stato inquadrato all’interno della proposta di riforma del Titolo V della Costituzione. “Stiamo cercando di puntare ad un innalzamento dei Lea introducendo standard di appropriatezza in tutte le regioni”. Il ministro ha ripreso più volte questo tema all’interno di una più generale revisione del meccanismo dei Piani di rientro: “L’intento è quello di far raggiungere alle Regioni obiettivi non solo finanziari, ma anche di erogazione dei servizi. Serve un controllo più stringente sotto questo profilo. I Piani di rientro devono diventare dei Piani di rilancio”. In quest’ottica nel Patto si dovrebbe parlare anche di assistenza socio-sanitaria, “che è competenza anche del welfare – ha aggiunto Lorenzin – ma non si può concepire una revisione del sistema ospedale-territorio senza impostare un lavoro anche sul sociale”.
Previste anche norme di semplificazione nei Piani di rientro, vista “l’eccessiva burocratizzazione delle procedure che ha spesso remato in modo contrario non contribuendo ad efficientare il sistema regionale commissariato”, ha spiegato il ministro.
Altri cardini portanti del nuovo Patto per la salute dovranno essere un sistema di valutazione allargato a tutti i livelli, l’implementazione dell’e-health e una maggiore trasparenza: “L’intero sistema deve essere più trasparente per i cittadini che devono poter essere liberi di scegliere in quale struttura farsi curare”, ha detto il ministro.
Lorenzin ha poi parlato di una revisione del sistema ospedaliero con una riduzione dello standard di posti letto ospedalieri che scenda a 3,7 per mille, come previsto nella spending review, “il tutto da realizzare in un lasso temporale congruo, anche per recuperare risorse da investire sul territorio”. Il criterio dei posti letto è stato però definito dallo stesso ministro “vetusto e sorpassato”, ma ha anche aggiunto che “ci vorrà del tempo prima di poter passare ad un altro tipo di misurazione”.
Altri interventi annunciati sono quelli sul fondo per l’edilizia sanitaria, un intervento su farmaci e dispositivi medici ed una maggiore attenzione sia sull’umanizzazione delle cure che sulle cure palliative. “Questo Patto non deve essere un libro dei sogni – ha concluso Lorenzin – ma deve realizzare cose chiare, concrete e attuate con clausole di salvaguardia. Basta anche fare meno di tutto quello che si vorrebbe, ma farlo sul serio”.
Patto per la salute: verso la chiusura gli ospedali con meno di 60 posti. Addio file in ambulatorio, il medico lavorerà in team
di Paolo Russo dalla Stampa. Addio vecchio studio del medico di famiglia, con un solo dottore a fronteggiare decine di pazienti in fila. Magari solo nella mezza giornata di apertura. Adesso i camici bianchi lavoreranno in team di sei o sette unità, affiancati da almeno un infermiere, un assistente sociale e un impiegato, per garantire le prime cure, se non 24 ore su 24 almeno per 16 e sette giorni su sette. Lavoreranno con budget gestiti da aggregazioni ancora più grandi di medici (Aft, che sta per aggregazioni funzionali territoriali) e visiteranno nelle Unità di cure primarie, sul modello tosco-emiliano della Case della salute.
È la novità più importante sulla quale governo e regioni hanno ieri raggiunto l’intesa nell’ambito del Patto per la salute, l’accordo che dovrà ridisegnare i profilo della nostra sanità con l’obiettivo ambizioso di migliorare l’assistenza e recuperare 10 miliardi tagliando sprechi e inefficienze, da reinvestire però in sanità.
«Abbiamo liquidato due terzi del Patto, l’altro terzo lo chiuderemo la prossima settimana», ha annunciato in Parlamento il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Che ha anche confermato i lavori in corso per la riforma dei ticket, «a invarianza di gettito». Il dettaglio verrà definito più avanti ma per ora è certo che le esenzioni per patologia in futuro saranno agganciate anche al reddito, che per tutte le esenzioni terrà conto del numero dei familiari a carico. Il maggior gettito verrà utilizzato per ridurre i super ticket su specialistica e diagnostica, che oggi fanno rinviare visite e analisi almeno a sei milioni di italiani in difficoltà economiche.
Ma, restando al presente, non mancano altre novità nella bozza di 28 articoli del nuovo Patto, dal quale esce il taglio degli ospedali con meno di 60 posti letto. A chiudere i battenti saranno però i reparti che hanno scarso bacino di utenza e perciò sottoutilizzati. Misura prevista da un vecchio regolamento dell’ex ministro Balduzzi, mai applicato e che, secondo dati ministeriali, porterebbe a un taglio di circa settemila posti letto.
Entro tre anni dovranno invece chiudere le mini-cliniche convenzionate, sempre con meno di 60 posti letto. In caso di accorpamento di più strutture il limite diventa di 80 letti. Una mannaia per molti piccoli privati che proliferano soprattutto nel Lazio, in Campania e Sicilia.
Tutte regioni, insieme a Puglia e Calabria, in piano di rientro dai deficit sanitari, per le quali potrebbe arrivare una grossa novità: a ricoprire il ruolo di commissario straordinario non sarebbero più i Governatori, per evitare che il controllore sia anche il controllato.
Accordo raggiunto anche sulle risorse da destinare alla sanità. Dai 109,9 miliardi attuali si passerà a 112,1 il prossimo anno e a 115,4 nel 2016. Aumenti più modesti di quanto inizialmente pattuito perché agganciati al ritmo più lento del Pil. Buone nuove però sul fronte degli investimenti per riammodernare i nostri malandati ospedali: saranno sbloccati 2,5 miliardi dei 5 destinati all’edilizia ospedaliera, già approvati dal Cipe ma ancora chiusi in freezer.
Quotidiano sanità e la Stampa – 19 giugno 2014