Luigi Grassia. Si apre uno spiraglio sulle pensioni. Dice il Def (il Documento di economia e finanza) che il governo «valuterà, nell’ambito delle politiche previdenziali, la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali».
Più semplicemente c’è l’impegno a considerare l’anticipo volontario dell’età di uscita dal lavoro. La possibilità di intervento non è solo teorica, secondo il governo; in mattinata a Cernobbio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva rivendicato che «gli indicatori europei segnalano che il sistema pensionistico italiano è tra i migliori in Europa». Perciò qualche margine c’è.
La questione delle pensioni non compariva nelle prime bozze del documento; questo aveva suscitato le proteste dei sindacati – che in ogni caso si sono detti delusi anche dall’apertura. Adesso da parte dell’esecutivo c’è qualche concessione, ma fortemente condizionata: la fattibilità sarà valutata «rispetto alla sostenibilità finanziaria e al corretto equilibrio nei rapporti tra generazioni». Già così si tratta di affermazioni impegnative. L’Europa, che ha in sospeso il giudizio sui nostri conti pubblici, non sarà contenta né di questa novità (ipotetica) sulle pensioni né del fatto che slitta di un altro anno il pareggio del bilancio statale italiano, spostato dal 2018 al 2019.
Nel Def ci sono anche altre previsioni. La disoccupazione dovrebbe calare all’11,4% nel 2016 e scendere gradualmente sotto il 10% nel 2019. Insomma se tutto filasse liscio il 2019 sarebbe non solo l’anno del bilancio in pari, ma anche quello della disoccupazione a una sola cifra. Per avvicinare questo secondo obiettivo, secondo il governo, bisognerà «rendere esigibili ed efficaci» i contratti di secondo livello, garantendo «la pace sindacale in costanza di contratto». I contratti aziendali potranno anche «prevalere su quelli nazionali in materie legate all’organizzazione del lavoro e della produzione».
Ci sono nuovi impegni per la spending review. Finora, secondo il governo, sono stati predisposti risparmi per 25 miliardi nel 2016, 27,6 nel 2017 e 28,6 nel 2018. Dalla legge di Stabilità 2016 sono attesi risparmi per 7 miliardi quest’anno, che salgono a 8 nel 2017 e fino a 10 nel 2018. Si rafforzerà il sistema centralizzato degli acquisti della pubblica amministrazione quello dei costi standard.
«Un nuovo pacchetto di misure» pro-investimenti promette di aggiungere uno 0,2% alla crescita del Pil. Uno dei punti fondamentali dovrebbe essere l’esenzione totale dal capital gain per chi investe in bond delle piccole e medie imprese.
Avanti con le privatizzazioni: viene confermata la volontà di ottenere da questa voce uno 0,5 di punti di Pil nel 2016, nonostante lo slittamento della quotazione di Fs. Si avvicina il momento di mettere sul mercato l’Enav. Ancora Padoan a Cernobbio vede «più crescita e meno deficit». Il ministro dell’Economia respinge «con grande forza le affermazioni secondo cui la spinta per le riforme del governo si stia esaurendo. Lo si vede nel mercato del lavoro, nelle banche e nella giustizia civile. E in tema di finanza per la crescita stiamo predisponendo un pacchetto di misure per aiutare le imprese». (La Stampa – 10 aprile 2016)
Il pareggio di bilancio nel Def slitta al 2019. Apertura sulle pensioni. Nel documento possibili interventi del governo sulla flessibilità in uscita
Il ministro dell’Economia Padoan fa quadrato intorno al nuovo Documento di economia e finanza (Def) varato venerdì sera dal consiglio di ministri, replica alla freddezza del vice presidente della Commissione europea Katainen, ai sindacati che giudicano «deludente » il piano del governo e fa slittare al 2019 il pareggio di bilancio. «Abbiamo tutte le carte in regola per chiedere la flessibilità e credo che la otterremo », ha detto il titolare di Via Venti Settembre a Cernobbio ricordando che il nostro Paese non è sottoposto a procedure di «disciplina fiscale» e che un’Italia forte «fa bene a tutti ». Inoltre ha ripetuto che il Pil quest’anno crescerà più del 2015 e «continuerà a farlo negli anni successivi».
Quanto al taglio delle stime di crescita dall’1,6 all’1,2 per cento, contenuto nel Def, Padoan ha spiegato che è attribuibile all’economia mondiale che «sta andando peggio rispetto a sei mesi fa». Sulle cause che hanno provocato la ripresina del 2015 (+0,8 per cento di incremento del Pil) Padoan è tornato a rivendicare i meriti dell’azione di governo: la crescita è dovuta alle misure dell’esecutivo che «hanno funzionato », ha detto, a partire dal taglio delle tasse che ha alimentato i consumi. Più cauto invece il governatore della Banca d’Italia Visco che, in una intervista al Sole 24 Ore, nell’esaminare le cause dell’andamento più positivo dell’economia durante lo scorso anno, ha posto l’accento sul ruolo determinante delle politiche di espansione della Banca centrale europea senza le quali, ha detto, la crescita in Italia sarebbe tornata solo nel 2017 e nel frattempo saremmo rimasti in recessione.
Si guarda tuttavia già ai prossimi provvedimenti con, in prima linea, gli interventi per agevolare l’investimento nelle piccole e medie imprese e l’apertura, contenuta nel testo del Def, sul fronte delle pensioni: il governo si dice disposto a «valutare» interventi sulla flessibilità in uscita (si è parlato di anticipo a 62 anni con penalità) nell’ambito tuttavia della sostenibilità dei conti pubblici. In prospettiva il ministro dell’Economia ha assicurato che la spinta delle riforme «non si è esaurita e continua» a partire dal secondo atto del Jobs Act che consisterà, come spiegato nel Def, in un provvedimento sulla contrattazione aziendale. Il governo, ha concluso Padoan, «continuerà a tagliare le tasse finché ci saranno spazi di bilancio».
L’operazione flessibilità pare dunque già in tasca al governo. Anche se ieri fonti della Commissione ripetevano che la decisione sarà in maggio, l’intesa è già raggiunta, tant’è che il governo ha inserito un rapporto deficit-Pil per il 2017 dell’1,8 per cento in crescita di 0,7 punti (pari a 11 miliardi): meno tagli e soprattutto risorse per contribuire a scongiurare l’aumento dell’Iva che scatterebbe con il primo gennaio del prossimo anno. Per sminare il rischio Iva servono tuttavia 15 miliardi e dunque inizia la caccia a circa 4 miliardi. Per recuperare risorse il Def elenca la spending review (8 miliardi nel 2017), la revisione delle detrazioni fiscali prevista per la prossima legge di stabilità e la lotta all’evasione.
Sorpresa dell’ultima ora, nel Def integrale pubblicato ieri sera dal Tesoro, è lo slittamento, per il terzo anno consecutivo, del pareggio di bilancio previsto dal Fiscal Compact: il deficit strutturale infatti sarà in pareggio invece che nel 2018 (resta allo 0,8 del Pil) nel 2019 (deficit del solo 0,2). Il governo ritiene «controproducente » introdurre una stretta ulteriore a causa della deflazione e stagnazione in corso e accusa di eccessivo rigore le politiche di bilancio dell’eurozona. (Repubblica 10 aprile 2016)
10 aprile 2016