Le pensioni più basse saranno esentate dal blocco della perequazione. A salvarsi dallo stop dovrebbero essere gli assegni superiori a due volte il minimo (900-1.000 euro mensili), minori chance per quelli tre volte più “elevati” (circa 1.400 euro al mese).
La decisone di rinunciare a un blocco totale della rivalutazione dei trattamenti sulla base dell’inflazione sarebbe stata presa nelle ultime ore dal Governo Monti, che sta apportando le ultime limature al piano-Fornero per riformare le pensioni in vista del varo della manovra. Non sono comunque da escludere del tutto nuovi ripensamenti prima del via libera di lunedì.
Punto fermo del pacchetto messo a punto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, resta l’immediata adozione del contributivo pro-rata per tutti, mentre sul superamento dei pensionamenti di anzianità rimangono ancora in campo due ipotesi: meccanismo flessibile di uscita o quota 100 (nella somma tra età anagrafica e contributiva) entro il 2015. Con il trascorrere delle ore la prima ipotesi è quella che sta diventando più gettonata. Molto probabile è anche la stretta sui pensionamenti anticipati ancorati al solo canale contributivo (a prescindere dall’età anagrafica), che dovrebbe salire dagli attuali 40 anni +1 (per effetto della finestra unica) a 41+1, quindi 42 anni di contribuzione. Questa, se il Governo come sembra non opterà per un accelerazione dell’attuale dispositivo delle quote, dovrebbe restare l’unica via per utilizzare i pensionamenti di anzianità. Il nuovo sistema flessibile prevede anzitutto l’abbandono dell’attuale sistema di uscite con l’addio, dopo appena un anno, del meccanismo della finestra mobile, o finestra unica, ideato dall’Esecutivo Berlusconi per ritardare di fatto di un anno i pensionamenti.
L’accesso al pensionamento verrebbe ancorato ad un’unica, via: la soglia di vecchiaia, che salirebbe subito per gli uomini da 65 a 66 o 67 anni. Un requisito, quest’ultimo, al quale dovrebbero adeguarsi le donne nel 2016 o nel 2018 con un percorso d’innalzamento molto rapido che scatterebbe già il 1° gennaio 2012 partendo da aumento secco dell’età di uscita da 60 a 63 anni. I pensionamenti verrebbero così consentiti nell’ambito di una forbice compresa tra i 66-67 e i 70 anni, anche se resterebbe possibile uscire prima, ma non con meno di 63 anni di età e con il trattamento penalizzato (disincentivi).
I soli a mantenere una corsia preferenziale dovrebbero essere i lavoratori impiegati in attività usuranti (gli addetti che cumulano un certo numero di turni di notte, o impiegati alla catena di montaggio, i minatori, gli autisti di mezzi di trasporto pubblico e via dicendo) ai quali verrebbe garantita la possibilità di uscire facendo leva sull’attuale meccanismo della quota, che da 94 salirebbe però a 97.
Un’altra misura certa è l’aumento alle aliquote contributive dei lavoratori autonomi (commercianti e artigiani): a regime l’incremento dovrebbe essere di 1-2 punti ma il percorso sarebbe graduale con ritocchi dello 0,2 o 0,4% ogni sei o dodici mesi. Non è ancora del tutto escluso un intervento sui fondi speciali Inps, che fino ad oggi hanno goduto di trattamenti privilegiati e presentato un bilancio in rosso (telefonici, dirigenti e via dicendo): tra le ipotesi un mini-contributo di solidarietà.
Almeno nella prima fase il piano sulle pensioni dovrebbe garantire 5-6 miliardi di risparmi, la metà dei quali arriverebbero dal blocco parziale delle perequazioni. Ma a produrre i maggiori effetti a regime dovrebbe essere il superamento dei pensionamenti di anzianità combinato all’adozione del metodo contributivo, nella forma pro rata, a tutto campo. Il contributivo per tutti, che sarà adottato anche dal Parlamento, dovrebbe essere esteso anche alle alte cariche dello Stato
Ilsole24ore.com – 3 dicembre 2011