Pensioni, boom di ritiri con l’opzione contributivo per le donne. Già liquidate 24mila posizioni per evitare la riforma Fornero
Crescono di circa mille al mese le pensioni liquidate conl’opzione contributivo per le donne, che così possono cessare l’attività a 57-58 anni e 3 mesi. Nel 2014 si è a quota 7.332: con questo ritmo a fine anno si potrebbe toccare 12mila. A tutt’oggi liquidate quasi 24mila pensioni che consentono di evitare la riforma Fornero. Crescono al ritmo di circa mille al mese le pensioni liquidate con l’opzione contributiva per le donne, che in questo modo possono smettere di lavorare a 57-58 anni e 3 mesi invece di attendere il raggiungimento dei ben più stringenti requisiti minimi introdotti dalla riforma previdenziale di fine 2011. In base ai dati aggiornati a due giorni fa forniti dall’Inps, nel 2014 si è già arrivati a quota 7.332. Erano 1.122 a fine gennaio.
Con questo ritmo entro la fine dell’anno si potrebbe raggiungere quota 12mila e stabilire quindi un nuovo massimo.
Introdotta in via sperimentale a fine 2004, l’opzione contributiva ha registrato un successo crescente, “merito” anche della riforma Monti-Fornero. Dalle 56 pensioni liquidate nel 2009, infatti, si è passati a 518 nel 2010, 1.377 nel 2011 e a 5.646 nel 2012. L’anno scorso ne sono state liquidate 8.846. Quindi complessivamente si è arrivati a 23.775 ed entro dicembre si potrebbe superare quota 28mila. A ciò dovranno essere aggiunte le pensioni liquidate l’anno prossimo, quando, salvo proroghe, si dovrebbe chiudere la sperimentazione. Ma a questo riguardo la partita potrebbe riaprirsi.
La legge 243/2004 ha stabilito infatti che fino al 31 dicembre 2015 «c’è la possibilità di conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico», ma l’Inps, con la circolare 35/2012, ha precisato che tale data va intesa quale termine ultimo per l’accesso alla pensione (tenuto conto della finestra mobile) e non per maturare i requisiti. Inoltre al requisito anagrafico (58 anni per le autonome e 57 per le dipendenti) dal 2013 si applica la maggiorazione di 3 mesi per l’adeguamento alla speranza di vita. Di conseguenza per le lavoratrici autonome il tempo utile per sfruttare questa possibilità è scaduto il 31 maggio scorso (18 mesi di finestra più uno), mentre per le dipendenti del settore privato il termine ultimo è il 30 novembre (12 mesi più uno) e nel pubblico è dicembre.
Finora i tentativi parlamentari di annullare l’interpretazione dell’istituto nazionale di previdenza, e quindi di rendere fruibile la sperimentazione fino a tutto il 2015 inteso quale termine per la maturazione dei requisiti e non la decorrenza, non sono andati a buon fine. Come ha riferito il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova alla commissione Lavoro della Camera l’11 giugno, il suo ministero sarebbe anche disponibile a rivedere i termini, ma si devono fare i conti con il ministero dell’Economia.
Per quest’ultimo l’ interpretazione dell’Inps è coerente con la legge 243/ 2004, in base alla quale « entro il 31 dicembre 2015 il governo verifica i risultati della predetta sperimentazione al fine di una sua eventuale prosecuzione » . Quindi nel 2015 il quadro deve essere completo e di conseguenza sono ammesse all’opzione solo le lavoratrici che maturano la decorrenza entro quell’anno. In caso contrario le interessate potrebbero present are domanda anche nel 2016, rendendo impossibile chiudere la sperimentazione nei termini previsti.
A questo punto «l’eventuale prosecuzione del regime sperimentale – come ha precisato Bellanova – potrebbe essere effettuata solo attraverso una modifica normativa con l’individuazione della relativa copertura finanziaria». In effetti un tentativo in questo senso è stato compiuto in occasione della conversione del decreto legge 90/2014, tra luglio e agosto.
Il disegno di legge As 1577 prevedeva la proroga del regime sperimentale fino al 2018 e l’estensione agli uomini, che in questo modo avrebbero potuto accedere alla pensione anche con otto anni di anticipo rispetto a quanto richiesto dalla riforma Monti-Fornero. Ma la proposta non è andata a buon fine perché la Ragioneria generale dello Stato non ha ritenuto idonee le coperture finanziarie individuate.
IlSole 24 Ore – 27 agosto 2014