La Camera dei deputati impegna il Governo a monitorare gli effetti e l’efficacia delle nuove misure di solidarietà introdotte con la legge di stabilità 2014 a carico delle cosiddette “pensioni d’oro”.
La discussione sulle sette mozioni presentate da tutti i gruppi (esclusa Forza Italia) per avviare nuovi interventi sugli assegni Inps più pesanti s’è conclusa, ieri pomeriggio, con la condivisione da parte della maggioranza di una nuova mozione riformulata che, appunto, riparte da quanto è appena stato fatto. Un monitoraggio, dunque. Su quei prelievi di solidarietà che scattano da quest’anno fino al 2016 e che ammontano al 6% per la quota di assegno pensionistico che superi di 14 volte il minimo Inps (circa 90mila euro lordi/anno); del 12% per la quota di assegno pensionistico che superi di 20 volte il minimo Inps (128mila euro/anno); e del 18% per le pensioni 30 volte superiori al minimo Inps (190mila euro/anno). Le pensioni interessate, a regime, saranno oltre 37mila (su 23 milioni di pensioni attive). Il gettito atteso 41 milioni lordi l’anno.
Solo dagli esiti del monitoraggio su questa misura, e su quella gemella che ha introdotto il divieto di cumulo tra pensione e stipendio da incarico pubblico sopra i 300mila euro lordi l’anno, il Governo dovrà adottare nuovi interventi normativi «nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale» in un’ottica di solidarietà interna al sistema.
La mozione congiunta è stata firmata da Pd, Ndc e Scelta civica. Nella premessa, oltre al richiamo alla giurisprudenza della Consulta «sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo talune fonti di reddito», viene ricordata l’esigenza di nuovi interventi equitativi e di solidarietà «a carico di percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati».
Respinte, invece, le mozioni delle minoranze, a partire da quelle di M5S e Fratelli d’Italia, che con formulazioni diverse proponevano l’introduzione di un tetto massimo sui trattamenti pensionistici oltre a differenti forme di prelievo. Sia un tetto ai vitalizi calcolati con metodo retributivo (5mila euro netti mensili) sia un tetto (8mila euro mensili) alla possibilità di cumulo tra più pensioni erogate con metodo retributivo veniva invece proposto dalla Lega, mentre Sel chiedeva «ulteriori aliquote impositive progressive» per tutti i redditi over 75mila euro/anno, compresi quelli che derivino da “pensioni d’oro”. Mozioni che, ovviamente, sono state respinte dall’Aula.
La discussione sul tema delle “pensioni d’oro” è servita per fare emergere una più diffusa perplessità (negli interventi di Galli, Tinagli, Damiano e Pizzolante) su ipotesi di ricalcolo con metodo contributivo delle pensioni vigenti al fine di individuare eventuali soglie su cui intervenire con prelievi perequativi. Al di là delle difficoltà tecniche e dei vincoli costituzionali, è stato tra l’altro osservato, un’operazione di questo tipo potrebbe addirittura comportare effetti regressivi, premiando le pensioni più alte visto che il sistema contributivo già contiene un meccanismo solidaristico. Lo squilibrio è stato fatto osservare emergerebbe semmai sulle pensioni medie e medio-basse, quelle sulle quali, dopo un biennio di blocco delle indicizzazioni, è ben difficile immaginare nuovi interventi senza mettere nel conto un impatto negativo su redditi e consumi.
Il Sole 24 Ore – 9 gennaio 2014
Bocciata la “mozione rossa” della Meloni. Salta la revoca delle pensioni d’oro
«Se questi sono di sinistra io sono Mao Tse Tung». Stupita. Peggio. Amareggiata. Giorgia Meloni, rivoluzionaria-cinese -nera di Fratelli d’Italia sembra volere precipitare in una catacomba contemplativa per dare pace all’anima. Era convinta di avere trovato la chiave per convincere tutti sulla revoca delle pensioni d’oro. Ha convinto solo la Lega Nord. Un po’ poco. Sbarra l’occhio celeste. «Non possiamo più consentire che ci sia gente che prende da trenta e novantamila euro al mese, mentre intere generazioni lavoreranno una vita intera per non avere una pensione decente. Vorrei sapere da Renzi e da Grillo (loro che si proclamano l’anticasta) che cosa pensino di questa scelta». Questa scelta, allora. Arrivata alla fine di un pomeriggio di liti, piccole rotture, boati e banchi abbandonati platealmente (da un gruppo di Cinque Stelle in dissenso con la proposta del proprio gruppo) al momento di un voto che premia con 310 luci verdi la mozione di maggioranza.
Un testo piuttosto bizzarro che si impegna a «monitorare gli effetti delle misure contenute nella legge di Stabilità 2014, valutando in seguito nuove norme che realizzino maggiore equità, nel rispetto del dettato della Corte Costituzionale». Cioè?
Cioè si va avanti con quanto previsto nella ex finanziaria che indica un contributo di solidarietà per le pensioni più alte: il 6% per la parte eccedente i 90 mila euro annui, che diventa 12% oltre i 128 mila euro e 18% oltre i 193 mila. Però, data l’evidente marginalità dell’intervento, ci si impegna a fare qualcosa di meglio in futuro. Sublime..
«Il Parlamento è una gabbia di matti. Mi chiedo come il M5S e Renzi spiegheranno ai cittadini le mozioni che hanno presentato oggi. I grillini volevano tassare ulteriormente le pensioni minime colpendo chi già non riesce a campare, mentre il Pd propone di prelevare la ridicola cifra di 61 euro a chi ne guadagna in un anno 91 mila», dice il leghista Fedriga. Che assieme ai colleghi appoggia senza successo l’idea della Meloni: tetto massimo di cinquemila euro netti (dieci volte in più delle pensioni minime) e dai cinquemila euro in su calcolo del dovuto in base al sistema retributivo. «E’ giusto che ciascuno guadagni per quello che ha versato. Il problema sono i privilegi».
Teoria interessante, incapace di intercettare la solidarietà dei Cinque Stelle che, nel loro attacco ininterrotto allo stato delle cose, immaginano un sistema che porti le pensioni minime da 500 a mille euro utilizzando i fondi racimolati tassando progressivamente tutte le pensioni dai mille euro in su. «Ma voi volete lasciare stare nonno Giuliano Amato che con la pensione di un mese può comprare la fuoriserie al nipotino», dice il deputato-cittadino Sorial, sventolando – in un surreale calderone simbolico – una foto di Lamberto Dini. Pernacchie. Grida. Un superclassico della dialettica parlamentare. Interviene il piddino Damiano. «Diciamo no al populismo. Diamo diritti a chi non li ha ma non togliamoli a chi ce li ha». Sorial lo guarda come se fossero la sottospecie di un organismo degenere, che non si può considerare completamente umano. Si vota. Dieci grillini lasciano l’aula per non votare la propria mozione. Passa quella di maggioranza. Altri boati. Ma ormai questi sono i fatti ed è impossibile cambiarli più di quanto si possa cambiare il tempo che fa.
La Stampa – 9 gennaio 2014