di Sabrina Tomè. È considerato un provvedimento pilota nel settore del pubblico impiego, tanto che altre aziende ospedaliere ne hanno chiesto copia per applicarlo a loro volta. Si tratta delle delibere con cui, la scorsa settimana, l’Usl 16 ha applicato – tra le prime amministrazioni a farlo – le nuove norme sulla rottamazione volute dal governo Renzi, e messo in pensione – con atto unilaterale – due medici di 65 anni. L’obiettivo dichiarato è quello «di dare applicazione alle disposizioni per il ricambio generazionale» – come si legge negli atti – alla luce della riorganizzazione che l’ente ha affrontato nel corso dell’ultimo anno. E così, dal 30 gennaio, resterà a casa un dirigente medico del Sant’Antonio e da giugno anche uno dell’ospedale Ai Colli. Un duplice pensionamento forzato, dunque, con l’intento dichiarato di mandare a casa gli anziani per fare spazio ai giovani.
La legge richiamata è la 114/2014 che converte il decreto legge 90/2014 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa”. Il riferimento, per l’esattezza, è al primo articolo: “Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni”. Disposizioni che l’Usl 16 ha recepito lo scorso ottobre in un proprio atto interno, indicando criteri e modalità applicative.
In pratica gli enti pubblici possono mandare in pensione un dipendente – risolvendo unilateralmente il rapporto di lavoro – quand’egli abbia maturato l’anzianità contributiva per la quiescenza e compiuto i 65 anni (se medico). Così è avvenuto per i due camici bianchi che, da parte loro, non hanno digerito di buon grado la decisione. E anche l’Anaao, l’associazione dei medici dirigenti, è intervenuta sul caso.
La direzione dell’Usl 16 ha spiegato la scelta col fatto che nel corso dell’ultimo anno l’azienda sanitaria ha affrontato radicali cambiamenti organizzativi: il mutamento delle norme regionali e nazionali e i diversi bisogni sanitari della popolazione, hanno imposto una revisione dei modelli esistenti. «Il processo di riassetto organizzativo dell’azienda ha comportato e comporta ottimizzazioni sull’utilizzo del personale all’interno di una programmazione aziendale e regionale che esigono il contenimento dei costi del personale e la progressiva riduzione delle dotazioni organiche», si legge nei due provvedimenti. Nelle delibere si precisa inoltre che i pensionamenti forzosi non comportano pregiudizio nell’erogazione del servizio.
Il Mattino di Padova – 19 gennaio 2015